La Ciurma: giustizia è fatta?
“Da quella maledetta sera la mia vita è cambiata per sempre perchè so che ho distrutto la vita di un ragazzo come me. Non posso capire il dolore che provate, posso solo chiedervi il vostro perdono per affrontare i prossimi anni di carcerazione. Chiedo perdono a voi e la mia famiglia”. Questo il testo integrale della breve, intensa e struggente lettera inviata da Angelo Solimeo (nella foto) reo confesso del brutale assassinio di Raffaele Cesarano consumato dinnanzi la discoteca “La Ciruma” di Vietri sul Mare la sera del 10 agosto del 2007. Le cronache ci riferiscono che quella lettera, frutto a mio parere di un reale ed immenso senso di colpa e di smarrimento del Solimeo (e non come in tanti sostennero essere il modello strategico difensivo), non ricevette mai alcuna risposta da parte dei genitori e familiari del malcapitato Cesarano. Ha parlato soltanto ieri “Maria Rosaria” la mamma di Raffaele per dire semplicemente “giustizia è fatta” appena saputa la notizia che il GUP Vincenzo Di Florio, pur riconoscendo il rito abbreviato, aveva condannato a trent’anni di reclusione il reo confesso senza concedere alcuna attenuante per la prestata collaborazione definita “inutile” nel contesto di un quadro accusatorio molto ben delineato dalle impeccabili indagini condotte dagli investigatori della Questura di Salerno Carmine Soriente e Massimiliano Rocco. Cala il sipario, almeno per la prima parte, su quella orribile tragedia che registrò il massacro prima e l’uccisione poi di una giovane vita ad opera di altri giovani. Seguiranno le sentenze per gli altri ragazzi della “banda”, poi ci saranno gli appelli e la Cassazione; soltanto fra qualche anno sapremo con certezza quanti anni Solimeo e gli altri dovranno rimanere nelle patrie galere. E si impone subito una domanda: “Ma è stata fatta davvero giustizia?”. Personalmente credo di no; come fa una mamma a dire che giustizia è fatta se ci troviamo soltanto di fronte al primo atto di un lungo iter processuale ancora tutto da verificare con le sorprese che ad ogni angolo attendono la “giustizia degli uomini”. E poi davvero la vita di un ventenne può essere ripagata con dieci, venti o trent’anni di carcere. E che cosa, inoltre, si prefigge la giustizia umana dopo aver sbattuto in cella un reo confesso ed aver semmai buttato anche le chiavi. Chi e come può stabilire in termini di “giustizia commutativa” la quota reale del pentimento di un reo confesso, ancorchè giovane, come Angelo Solimeo. La giustizia umana, purtroppo, è costretta a limitarsi all’esame dei fatti, delle statistiche e dei precedenti che in alcuni casi pesano come macigni. E i precedenti, in questo caso, raccontano di un Angelo Solimeo e di un Luigi Orilia (due dei componenti il gruppo assassino) come personaggi molto legati ai delinquenti che esplosero alcuni colpi di pistola a scopo intimidatorio nella discoteca “Federica” a Salerno la notte del 5 novembre 2006. E qui, infine, vengono spontanei altri interrogativi sul ruolo che svolgono dentro e davanti le discoteche i buttafuori che spesso, molto spesso, sono uomini delle forze dell’ordine che si prestano a turni notturni massacranti per incrementare il loro stipendio; perchè su questo aspetto nessuno ha mai fatto chiarezza? Purtroppo, neppure la sentenza del GUP Di Florio ci da delle risposte in tal senso.