Girotondo provinciale

 

Michele Ingenito

Prende quota il dibattito pre-elettorale in vista del rinnovo dei vertici di Palazzo Sant’Agostino. Con quel pizzico di disinteresse personale, troppo ostentato per essere vero, big vecchi e nuovi della politica nostrana si confrontano a distanza, dando fuoco alle polveri.Uno dei duetti più stimolanti di questi giorni vede contrapposti l’ex-ministro delle Aree Urbane Carmelo Conte e l’attuale sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. L’inossidabile braccio destro di Craxi mena fendenti al numero uno cittadino. Conte rivendica, infatti, legittimamente, l’impegno istituzionale e personale profuso a suo tempo, da ministro e da uomo politico e di potere degli anni ’80, che lo portò a pianificare, prima, e ad ottenere, poi, il finanziamento di risorse rilevantissime per la città di Salerno. Risorse successivamente gestite dall’attuale sindaco di Salerno dopo le capriole tangentopolizie del PSI dell’epoca. Proprio il sindaco De Luca rivendica il ruolo svolto nel rilancio urbanistico della città capoluogo. Gli risponde Conte che, di rimando, ricorda ai salernitani come Salerno ricopra uno degli ultimi posti nella graduatoria nazionale per qualità della vita, qualificazione ambientale, gestione adeguata del fiume di denaro da lui stesso ottenuto nella veste di ministro. Non a caso, nella dichiarazione resa ad una emittente televisiva locale, Conte trattiene a stento l’indignazione. Cosa, peraltro, assai rara, essendo ben noto il suo tradizionale aplomb e il non parlar mai male degli avversari. Il che non gli impedisce di evocare le ‘maleffate’ gestionali di De Luca.Tra queste il trasferimento del palazzo di giustizia al centro della città rispetto all’area metropolitana di periferia a suo tempo individuata, per un ingolfamento provocato dall’attuale struttura in costruzione e per l’impossibilità di soddisfare le esigenze della giustizia civile e penale per la quale viene costruita. In realtà, la distruzione urbanistica di Salerno è iniziata dal dopoguerra, in particolare dagli anni ’60 in poi. Con una la città cresciuta nel cemento scriteriato di costruttori resistenti a qualsiasi piano regolatore e in grado di ricattarsi vicendevolmente con i sindaci dell’epoca, in particolare uno, grazie al solito scambio di interessi utili agli uni e all’altro. “Non applico il piano regolatore in cambio dei vostri voti.” Quei ‘capolavori’ cementiti da terzo mondo che hanno invaso intere aree quali quelle di Torrione e di Pastena ed altre, grazie ai quali intere generazioni di privilegiati campano di rendita, si sono, poi, ‘arricchiti’ con l’orrenda realizzazione di quartieri-mostri come i cosiddetti Q2 e Q4. Lunghissimi e sgraziati serpenti di cemento elevati in omaggio al peggiore buon gusto architettonico per un autentico degrado progettuale, urbano e umano, che rappresentano, per questo, un insulto alla dignità di coloro condannati a viverci.Quanto ai presunti ritocchi successivi, qualche fontana o piccoli parchi finiti non meno rapidamente in degrado per incuria e per scarso senso civico dei destinatari, si sono rivelati né più né meno che pezze a colori, nel tentativo, peggiore del rimedio: mascherare il malfatto. Quella per le provinciali sarà una campagna elettorale assai calda, dunque, viste le premesse. Portata avanti a colpi bassi e senza esclusione. Gli appetiti sono infiniti, le tentazioni conseguenti. Centinaia di milioni di euro da gestire in opere pubbliche non lasciano indifferenti coloro che intendono la politica come potere e non come idea. Quei tempi sono andati. I languori son tornati. Gli interessi restano elevatissimi, gli appetiti consequenziali. Nel dibattito politico che ne conseguirà, ingoieremo tesi e contro tesi in grado di giustificare l’assurdo. Come, ad esempio, il passaggio di De Mita dal centro sinistra al centro destra. E con lui di (tutta?) l’amata squadra che tuttora gestisce centri di potere elevatissimi. Un’operazione politica per molti aspetti incomprensibile, salvo il principio che in politica nulla è impossibile: Per un due più due che può fare anche cinque. Criterio non del tutto condivisibile, almeno da parte di chi non riesce ancora a separare i valori dell’idea da quelli del potere.Ecco perché le motivazioni politiche esplicitate in un suo recente articolo dal ministro Carfagna per giustificare il due più due cinque di De Mita, benché nobili nelle intenzioni, appaiono assai fragili e strumentali. Un argomento che merita di essere approfondito e sul quale opinione pubblica e media torneranno certamente a confrontarsi nella imminente campagna elettorale.