Inaugurato l’anno giudiziario
“La giustizia è giusta quando riesce a togliere ogni arbitrio al giudice, ogni sospetto all’avvocato ed ogni speranza al colpevole”. Lo diceva il famoso giurista dell’800 Gaetano Filangieri. Questo è anche lo slogan, pronunciato dal dr. Antonio Laudati (già PM ed attuale consigliere del Ministro della Giustizia) a conclusione del suo intervento molto efficace, che può sintetizzare la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del “distretto di Salerno” e che può tranquillamente essere sottoscritto da chiunque. Il problema è costituito dal fatto che nessuno degli elementi indicati dal giurista partenopeo è oggi presente nello sgangherato mondo della giustizia. E dunque che cosa fare e come fare per far crescere le quotazioni della giustizia, finita al 156° posto mondiale (dietro diversi paesi africani e sudamericani), di un Paese che conta il maggior numero di magistrati e di avvocati. Garantire un giusto e veloce processo, assicurare la terzietà del giudice rispetto all’accusa e alla difesa, evitare l’enfatizzazione delle indagini preliminari, evitare che la posizione dell’inquisito sia più pericolosa di quella del condannato, scongiurare processi mediatici e limitare le intercettazioni; sono tutte cose che sentiamo dire da anni ad ogni inaugurazione. Tutti sono convinti che la giustizia non funziona e tutti fanno il possibile per non farla funzionare. La magistratura che dovrebbe fermarsi alla giustizia commutativa gradisce, invece, invadere quella distributiva che deve essere soltanto terreno della politica che ama contrastare e bloccare quella commutativa anzichè impegnarsi seriamente sul terreno delle riforme istituzionali necessarie al progresso civile dell’intero Paese. Non basta essere bravi giuristi per essere bravi magistrati, così’ come non basta essere bravi tecnici per essere bravi politici. Il nostro è un Paese che deve ancora fare sua la cultura dell’efficienza e dell’organizzazione. Per tornare alla pura cronaca di quanto accaduto a Salerno sabato 31 gennaio 2009, va subito detto che la signorilità e la discreta fermezza del presidente della Corte d’Appello Matteo Casale hanno dato il tocco di classe che da molti anni mancava nel distretto salernitano. Citando Calamandrei, il presidente Casale, ha detto che “per trovare la Giustizia bisogna essere fedeli, essa come tutte le divinità si manifesta soltanto a chi crede”. Ha richiamato tutti al senso dello stato e si è chiuso nel più stretto riserbo in merito alla vicenda della guerra tra le procure di Salerno e Catanzaro solo per la vicinanza temporale degli eventi e non certo per atteggiamento pilatesco. Americo Montera, presidente dell’Ordine Forense, ha parlato della giustizia salernitana come di “un palazzo crollato, dietro i drappeggi di una cerimonia obsoleta e fuori dal tempo”. Lancia un grido d’allarme e chiede: “Qual’è la verità (Salerno-Catanzaro, sich!!). Chi sono gli uomini che abbiamo conosciuto e stimato e che hanno ricoperto incarichi importanti? Il GIP Gaetano Sgroia (presidente provinciale dell’ANM) opera una svolta ad “U” rispetto a precedenti sue dichiarazioni e cerca di lanciare una scialuppa di salvataggio all’ex procuratore Apicella ed ai due sostituti Nuzzi e Verasani (il primo sospeso e gli altri due trasferiti dal CSM) sostenendo che “Salerno non è Catanzaro”. A Catanzaro, dice Sgroia, sono state messe in atto violazioni normative eppure quei giudici non sono stati colpiti con la stessa durezza dei colleghi salernitani che non hanno violato alcuna norma. Probabilmente l’affermazione di Sgroia è vera, perchè Salerno davvero non è come Catanzaro, è peggio di Catanzaro. Dimentica Sgroia che a Salerno è stato messo in atto un tentativo di ribaltare le regole del “sistema” che è cosa molto più grave delle semplici elusioni normative. La cerimonia si è conclusa nel peggiore dei modi quando l’avv. Dario Incutti (presidente onorario della Camera Penale) ha sparato a zero su Apicella, Verasani e Nuzzi ed ha provocato l’intervento del procuratore di Nocera Inferiore Domenico Romano che ha richiamato Incutti ad un maggior ritegno. Nella penombra del salone Giacumbi si è avvertito la latitanza della giustizia. Un pò come sosteneva un filosofo d’altri tempi: “la giustizia è come la luce, quando incomincia a spegnersi si nota la sua assenza”.