Lotta alla mafia: Napoli alza la voce
A 14 anni dall’ennesima vittima della mafia: don Peppe Diana. In 150.000, da tutt’Italia e da 30 Paesi, a Casal di Principe nei giorni scorsi, per ricordare il giovane parroco, in olocausto dei servi del potere. Al Lungomare partenopeo. Per la violenza blindata, che allunga lo sguardo sugl’innocenti, imponendo la legge del più forte. Commossi gli scout Agesci, dai foulard bianchi alle coccinelle. Deciso il corteo che invece ha gremito Piazza del Plebiscito ieri a Napoli, capeggiato dai familiari delle vittime perite per mafia. In guanti bianchi. Contrariamente al rosso del sangue, al nero della violenza. E Napoli c’è stata a celebrare l’olocausto di tanti, che per il bene del Paese, hanno perso la vita. Quanti hanno lottato, per ripulire la società dalla violenza, non hanno combattuto invano. Come Borsellino e Falcone. Ma la sfilza dei nomi era kilometrica. Che la protesta abbia raggiunto il suo clou proprio alle falde del Vesuvio, che anche dai rivoli dei quartieri più popolosi della città, si sia sollevata lo sdegno unanime di lotta, alla criminalità mafiosa, un segnale che fa ben sperare. Non solo per chi nella mafia c’è nato. E l’ha erediatta nel suo Dna, ma anche per tutti quei giovani che s’avviano a delinquere, per emulare i boss. Per tutti quegli adolescenti che guappescamente vogliono sentisri protagonisti d’un pezzo di storia del nostro tempo. In modo bugiardo e cruento. Strumentale e criminale. Anche gli scugnizzi, come i pacifisti, a sfilare. Almeno per un giorno, la camorra, è stata sconfitta.