La lezione di Socrate
Tutta la nostra civiltà, umana e giuridica, la nostra presunta moralità, il modo di parlare e di dialogare con gli altri, di ironizzare sui nostri limiti e di amare la conoscenza fine a sè stessa, avrebbero seguito un altro corso se non fosse esistito Socrate. Il padre del pensiero occidentale visse nel V secolo a.c. nell’Atene di Pericle, l’inventore della democrazia. Socrate la detestava e da vero liberale ante litteram le anteponeva l’aristocrazia (il governo dei migliori). L’eredità lasciataci dal più ignorante, e quindi più saggio, dei filosofi greci è a dir poco smisurata. Da uomo libero, Socrate non ebbe vincoli se non coniugali, dai quali però riuscì abilmente a sottrarsi trascorrendo intere giornate nell’agorà a chiedere a chiunque gli si presentasse davanti : “Ti estì?” (che cos’è?). Dall’interrogativo apparentemente innocuo, riuscì come nessun altro a declinare le prime definizioni che la storia ricordi (concetti socratici) e a smentire vecchi soloni ritenuti dal popolo ateniese saggi ed illuminati.Ma la sua più grande intuizione fu quella di praticare, sempre e comunque, la sospensione del giudizio (epochè), ovvero l’arguto esercizio del dubbio. Contro il facile pregiudizio di chi, nella convinzione di sapere, non ammetteva il dissenso dalle proprie tesi, Socrate, attraverso l’uso smodato e maniacale del dialogo, seppe inventare la maieutica, quel far partorire la verità anche alle menti più refrattarie all’uso della ragione. E’ questo il grande esempio di liberalismo che ci ha tramandato l’ateniese : l’esaltazione del confronto e la costante ricerca della virtù (aretusa) attraverso una continua ed instancabile osmosi di conoscenza. A Socrate e a nessun altro spetta il “brevetto” di quella libertà che il pensiero occidentale ha cullato e difeso dai fondamentalismi e dagli oscurantismi di ogni genere. Quella libertà che ci consente di superare con la parola (logos) qualunque impedimento o imposizione che neghi l’esercizio dei diritti o che ne delimiti la loro essenza più sconfinata. Facciamo tesoro di tale insegnamento e pratichiamolo in ogni ambito del nostro “facere” quotidiano attraverso il rispetto di ogni pluralismo e delle altrui opinioni, anche quelle più distanti dalle nostre.