Angelo Cennamo
Dalle nostre parti quando si vuole offendere qualcuno, dandogli del provinciale, lo si definisce “cilentano”. Se costoro, gli insultatori, avessero però qualche rudimento di filosofia, si guarderebbero bene dal fare uso di quel termine in senso dispregiativo. Cinque secoli prima di Cristo, infatti, proprio in quel lembo di terra compreso tra la piana del Sele ed il vallo di Diano, precisamente ad Elea – oggi Casal Velino – nacque uno dei fautori del pensiero occidentale, e con lui una delle prime scuole filosofiche, quella “eleatica”. ” L’essere è, il non essere non è”. Non c’è che dire, i presocratici avevano meglio di ogni altro il dono della sintesi. Cosa si nasconda dietro questa massima, apparentemente scontata e comprensibile, non basterebbero una decina di tomi a spiegarcelo. In poche righe e con molta immodestia cercherò di farlo io. Parmenide, in largo anticipo rispetto ad ogni altro filosofo esistenzialista, ha inteso insegnarci che il “non essere” non esiste. Bella invenzione, direte. Eppure l’assioma è a dir poco poco sorprendente. Seguitemi. Sostenere che un ente, una cosa, “non è” sarebbe impossibile. Non si può, infatti, avere cognizione di ciò che non esiste, nè sarebbe possibile esprimerlo. Per Parmenide dunque : pensare ed essere sono la stessa cosa. Una conseguenza di tale ragionamento è che l’essere parmenideo è unico. La molteplicità, infatti, equivale ad ammettere l’esistenza del non essere : il cavallo non è la sedia; il tavolo non è il coltello, e così via. Parmenide immagina l’essere come una sfera, come un corpo unico, un monolite che non ammette distanze da se stesso : la distanza presupporrebbe infatti l’esistenza del non essere. Quando scoprii Parmenide e la sua filosofia mi venne subito in mente la strada che a Salerno è stata intitolata al grande filosofo, e pensai che intitolare una strada ad un pensatore che è passato alla storia per aver negato l’idea stessa della distanza fosse quasi una forma di irriverenza, di maleducazione. E che dire allora del sistema bipolare della nostra politica? Come avrebbe reagito Parmenide di fronte alla duplicità dei poli di centro destra e di centro sinistra? Probilmente si sarebbe fatto una gran risata e commentando una tribuna politica tra Berlusconi e Franceschini si sarebbe chiesto : “Ma cosa avranno da litigare quei due se sono la stessa cosa?!
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Parmenide direbbe, io dico.
Sono la stessa cosa: cercano il potere per il potere. Punto.