Spiritualità: la lettura della Bibbia

 

don Marcello Stanzione

 

Recentemente il papa Benedetto XVI ricevendo i membri della Commissione biblica internazionale ha sottolineato come la Bibbia vada letta ed interpretata alla luce della Tradizione. Molti credenti desiderano leggere la Bibbia ma, al primo contatto, sono disorientati e chiudono per sempre il Libro. Le loro difficoltà provengono spesso non dalla Bibbia stessa ma dal concetto che si fanno dell’atto stesso della lettura.In questo campo, in effetti, vecchie abitudini sono da abbandonare a profitto di nuove riflessioni. Prima d’impegnarsi, con un gruppo, nella scoperta della Bibbia, può essere utile mettere in chiaro le nostre convinzioni della lettura.Leggere non consiste nel cercare in un testo un senso completo, chiaro ed unico. Il testo non è una noce di cui basta rompere il gheriglio per raccogliere il frutto. Un testo è piuttosto un tessuto formato dall’incrocio di termini dai diversi colori che c’interpellano e sono suscettibili ad ogni istante, grazie all’intervento del lettore, di far zampillare una moltitudine di effetti di sensi. Un testo è una specie di pozzo da cui non si ha mai finito di attingere acqua, del senso, e questo per l’attività del lettore che scorge le tracce di relazioni e di differenze. Il testo non offre dunque un senso completo, ma del senso di fare.In quest’ottica, il testo è sempre nuovo e mai usato. Si può prenderlo e riprenderlo e produrre incessantemente del nuovo. Se i testi biblici non lascerebbero che un senso unico, da molto tempo gli specialisti l’avrebbero consegnato in un commento e noi saremmo dispensati di leggere la Bibbia ! Saremmo condannati a raccogliere indefinitamente la loro scoperta con la fedeltà d’un nastro magnetico… Le letture dei testi biblici sono dunque necessariamente molteplici. È da dire che non si possa far dire loro “qualsiasi cosa” ! No, certamente, perché il testo è retto da regole e fa interpretare le relazioni e le differenze secondo la sua propria legge. Il lettore vigilerà a che quello che produce sia ben in coerenza con gli elemento del testo che avrà osservati. È illusorio pensare che si possa far produrre al testo del senso direttamente e senza un minimo sforzo. La produzione di senso esige un minimo di studio. Questa tappa consiste nel reperire i giochi del testo, nel vedere come il testo funziona, ed anche nel far intervenire delle notizie capaci di illuminare tale o talaltro elemento del testo. Lo studio esige l’impiego di tecniche. La parola “tecniche” non deve fare paura. Effettivamente, esistono dei metodi elaborati e sofisticati di approccio dei testi, altri sono in corso di formazione ; esse richiedono un investimento considerevole e sono riservate a degli specialisti. Ma, da questi metodi, si possono ricavare alcune tecniche semplici alla portata del più semplice lettore. Uno dei compiti urgenti della catechesi è di offrire non delle spiegazioni di testi biblici, ma di questi strumenti semplici che permettono ai cristiani di studiare da se stessi le Scritture e di operare così una “lettura”. Si può chiamare lettura l’operazione di ricostruzione del testo, cioè il momento in cui il lettore, grazie al beneficio dello studio precedente, può produrre del senso e fare una scelta nei significati rilevati. Credere che si possa passare direttamente alla lettura trascurando lo studio è un errore. Un primo sguardo su di un testo è sempre semplice e spontaneo. Se non è da trascurare, riflette comunque più frequentemente le preoccupazioni del lettore e non gli elementi reali del testo. Il lettore si riguarda più che non riguarda il testo ; la sua lettura è una lettura-specchio. Numerose “divisioni di vangelo” non sfuggono a questo pericolo quando lo studio è nascosto. Il testo diventa un pretesto da narrarsi e la tendenza al “moralismo” vi trova il suo conto ! Una seconda cornice blocca il lettore : quella di voler completare i silenzi del testo. Un racconto od un discorso sembra incompleto ; allora si costruiscono delle serie di supposizioni e lo studio si trova smagliato da se, da forse e da verbi al condizionale !Ci si deve vietare, per quanto di può, di riempire così facilmente i vuoti e d’iniettare degli elementi estranei. Si farà meglio a cercare la funzione di questo vuoto. Il testo è una costruzione e non contiene che gli elementi necessari a questa costruzione. Aggiungendo nuovi elementi, si edifica una nuova costruzione che non è più la prima. Il lettore sprovveduto (e spesso disgraziatamente anche il lettore ravvisato) cade ad ogni colpo nella cornice “storica”. Essa consiste nel prendere il testo per quello che non è : un servizio in diretta. Incessantemente, si deve ripetere che i testi biblici non sono delle attualità televisive girate a caldo. Sono delle riflessioni “dopo l’accaduto” ; se prendono appoggio sugli eventi passati, sono dapprima dei testimoni dell’attualità di quelli che li hanno scritti. Prima di “riportarci la storia” di Abramo, di Mosé o di Gesù, essi ci collegano direttamente sulla testimonianza di fede dei credenti che li hanno composti. Una delle piaghe che toccano  diverse volte il lettore della Bibbia è quella di pensare di diventare il contemporaneo, con l’intermediazione del testo, di Abramo, di Mosé o di Gesù.La Bibbia non s’avvicina in nulla ad un rapporto di polizia. Essa trova più affinità in un poema d’amore creato da due sposi sulla sera della loro vita che rileggono il loro primo incontro alla luce di quello che hanno vissuto da allora. Uno dei mezzi per evitare questa cornice è di bandire dal proprio spirito la questione : “Che è accaduto esattamente ?” e di rimpiazzarla con la seguente : “Come questo testo testimonia della fede di quelli che  hanno avuto il bisogno di scriverlo ?”