La nuova influenza: quando l’angoscia diventa paura

 

Giovanna Rezzoagli

Di fronte ad un pericolo reale od ipotetico, l’essere umano adotta a livello psichico diverse modalità di difesa, in parte inconsce, volte a sopprimere o ridurre la carica emotiva che esso determina col rischio di danneggiare l’equilibrio interiore. Nell’era della comunicazione di massa le notizie viaggiano veloci, veloci sono le reazioni che innescano. Da alcuni giorni l’ avvento dell’influenza nord americana ha prodotto un diffuso allarme, concretizzando in paura l’angoscia che, latente, serpeggia in ciascuno di noi. Le grandi catastrofi naturali che possono colpire ovunque senza che la nostra società tecnocratica possa alcunché hanno il potere di renderci tutti uguali e vulnerabili, non importa il colore della pelle o il nome del Dio che si invoca. L’angoscia è un sentimento che tutti conosciamo. Non è in genere riferito ad un oggetto preciso, ma designa la percezione che accompagna l’esistenza di ciascuno di noi: quello di una realtà permeata dall’incertezza. Quando invece irrompe nella nostra realtà un elemento che concretizza l’angoscia, arriva la paura. Il concreto pericolo che l’epidemia originatasi in Messico diventi pandemia rievoca l’angoscia che viene dal passato ed è legata alla “Spagnola”, all’”Asiatica”, alla Sars. Per l’epidemiologia contemporanea la prospettiva di una pandemia è strettamente legata al concetto del “Quando” e non a quello del “Possibile”. Le ultime notizie diffuse nei telegiornali della sera ribadiscono che questa nuova forma influenzale risponde positivamente ai farmaci antivirali attualmente disponibili, inoltre i casi di decesso sicuramente correlati alla patologia sono inferiori a quelli riportati nei giorni scorsi. La paura è arrivata. Occorre gestirla prima che degeneri in panico, e allora ecco che si attivano le modalità di difesa. Alla trasmissione radiofonica  “Radio anch’io”di Radiouno dedicata oggi alla nuova influenza un radioascoltatore è intervenuto affermando che l’allarme era solo una manovra di tipo economico atta a far diminuire i costi della carne suina: come dire nego il problema per come mi viene presentato. Una persona intervistata ha sostenuto la tesi secondo la quale le morti erano localizzate a zone non sufficientemente attrezzate a gestire la situazione: come dire a noi non capiterebbe. Un ulteriore parere sposava la tesi della “bolla di sapone” che scoppierà da sola senza altro danno se non per gli allevatori, come successe per l’allarme aviaria. La paura è arrivata e allora calma. Non serve fare finta di nulla, chiudere gli occhi non serve, siamo deboli e riconoscerlo può difenderci. Credo che sia utile riflettere sul fatto che a volte la paura di un evento generi più danni dell’evento stesso. Probabilmente tra pochi giorni l’allarme si ridimensionerà perché i sistemi di monitoraggio e di controllo delle epidemie sono molto scrupolosi. Come è accaduto per le precedenti situazioni di rischio pandemia, tra qualche mese si tenderà a sostenere che l’allarme non sarà stato tanto giustificato. Speriamo. Ma un dato incontrovertibile resta: dalla mucca pazza in poi sempre più spesso la natura sfruttata ed abusata ha generato pericoli concreti. Ontologicamente la natura si difende. L’eterna angoscia dell’uomo sul proprio destino è anche una valida strategia di autodifesa, ci riteniamo spesso  totipotenti ma i virus sono le creature più antiche, noi siamo l’ultima specie comparsa sulla Terra, Darwin insegna che l’estinzione avviene. Davvero.