L’integrazione: quando la tolleranza diventa cultura
Giovanna Rezzoagli
A Bergamo i gestori di una piscina di proprietà della Diocesi hanno messo a disposizione delle donne di religione islamica la loro struttura per una mattina alla settimana. L’ iniziativa ha innescato una serie di reazioni di chi si dichiara favorevole e di chi contrario. L’Imam della Moschea di Milano ha affermato che la concessione è “frutto di una volontà demagogica”. Dopo anni di battaglia la mediatrice culturale Maida Ziarati, iraniana approdata in Italia 17 anni fa dopo aver conseguito una laurea a Londra, ha compiuto un passo importante verso quello che definisce un progetto di integrazione. Nelle scienze sociali, il termine “integrazione”indica l’insieme di quei processi socio-culturali che rendono un individuo consapevole dell’appartenenza ad una comunità, contribuendo alla soggettiva responsabilizzazione nei confronti della stessa. Essendo l’immigrazione una realtà concreta e diffusa capillarmente su tutto il territorio, appare cosa buona e lungimirante agevolare l’incontro di culture diverse. La genetica ha dimostrato che le patologie di carattere ereditario sono molto più frequenti laddove la riproduzione avviene tra consanguinei e/o tra soggetti che popolano un territorio isolato. Per la cultura il parallelismo non è tanto dissimile. Certamente la persona che proviene da un Paese diverso può incutere timore, ma l’etnocentrismo non paga, non ha mai pagato.La definizione dell’Unesco considera la cultura come “una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali o emozionali”. Socializzare rappresenta un bisogno fisiologico per l’essere umano, strettamente connesso al concetto sociologico di “riconoscimento sociale”. Termini complessi che riproducono semplici necessità, come quella di ricevere un saluto quando si entra in un negozio, oppure un sorriso quando si tiene aperta la porta a chi deve entrare nel luogo da cui noi siamo appena usciti.Anche andare in piscina può rappresentare una conquista grande. Rispettare il modo altrui di vivere questa esperienza è tolleranza. Il fatto poi che sia una Diocesi a compiere un passo così significativo rende concreto il concetto, troppe volte astratto ,di “condivisione”. Integrazione, tolleranza, cultura, sinonimi di futuro.
Cara Giovanna,
leggere una simile notizia mi fa veramente bene. Io vivo in un condominio molto multietnico con arabi sopra la mia testa, una cara ragazza russa a fianco (ortodossa) e gente dell’Ecuador al terzo piano. Non siamo certo noi le origini dei contrasti condominiali e mi commuovo un po’ quando la ragazza araba del piano di sopra dopo avermi stretto la mano se la porta alle labbra quasi con solennità. Perché l’iniziativa ha aperto i partiti dei pro e dei contro? La cosa eccezionale è che due parti che hanno dato prova di integralismo nella storia, finalmente si stringono la mano con rispetto e tolleranza.
Ciao e grazie
Rosalba