Da Don Py a Don G.S.: la saga della Chiesa

Aldo Bianchini 

 

 

 

 

 

 

La vicenda di Don Pasquale Pellegrino, meglio noto ai suoi amici come “Don Py”, clamorosamente portata alla ribalta dal quotidiano “Cronache del Mezzogiorno” ha registrato la violenta e impulsiva reazione del vescovo Angelo Spinillo che ha difeso a spada tratta il giovane parroco di Torre Orsaia. Accusato più dalla “voce popolare” che dai fatti di essere l’amante di alcune donne del luogo il sacerdote non ha fatto nulla, o quasi, per smentirle e si è ritirato in casa dei propri genitori nel vicino paese di Policastro Bussentino (tanto per non allontanarsi troppo dal luogo dei presunti delitti!!). “Voce di popolo, voce di Dio…”, recitava così un vecchio detto; in questo caso alla voce del popolo si sono aggiunte alcune scritte sui muri di Torre Orsaia, ma le scritte -si sa- possono essere opera di buontemponi! Rimane la voce del popolo, ed è la cosa più inquietante. Certo, dicevo prima, il giovane sacerdote non ha fatto proprio nulla per smentire le voci: pagina personale sul social network facebook, un nome d’arte (don Py) e nessun segno distintivo da prete. Ovviamente con questo non voglio dire che un sacerdote non deve usare facebook, non deve farsi chiamare don Py e deve per forza indossare il collare; ma a tutto c’è un limite logico. Insomma come i magistrati che farebbero bene a non parlare troppo fuori dal proprio ruolo, per intenderci, così dovrebbe essere a maggior ragione per un prete che della tonaca non dovrebbe mai potersi spogliare, in senso metaforico s’intende. Senza arrivare agli eccessi di Don Gianni Citro, altro sacerdote tirato giustamente in ballo da Cronache, che dalla musica passa spregiudicatamente alla politica anche in prossimità di una competizione elettorale amministrativa molto importante. Una volta il Meeting del Mare si sospendeva o si rinviava nel mese elettorale, più per etica che per un dovere preciso. Dispiace seriamente che il Vescovo Spinillo non abbia mai conosciuto Andreotti e il suo pensiero in merito alle notizie che non vanno mai contestate; ma si sa anche nella Chiesa i predecessori vengono sottovalutati, eppure il vescovo Schettino era grande amico personale del Giulio nazionale. Ma la Chiesa è in subbuglio: l’Opus Dei crolla sotto i colpi di Veronica Lario, l’arcivescovo di Salerno ancora nelle secche di una querelle giudiziaria senza precedenti e il vescovo di Teggiano-Policastro alle prese con due casi molto spinosi. Ma nessuno va al sodo della questione che, al di là delle estemporaneità di Don Py e Don Gianni Citro, è e rimane quella della pedofilia contro cui l’attuale Pontefice si è tanto battuto. A Salerno il caso più clamoroso di questi ultimi tempi. Leggo la sentenza n. 659/96, giudici Verasani-Cirillo-Orio della terza sezione penale, di condanna di S.G. alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed alla interdizione per lo stesso periodo dalla professione di insegnante. Eh sì, perchè il sacerdote S.G. era ed è anche insegnante, e proprio a scuola ha commesso nefandezze inaudite su piccoli allievi. Oggi quel prete è tra i più osannati in Curia, e cosa più grave insegna ancora. Per tornare alla vicenda di Don Py devo onestamente scrivere che sul quotidiano Cronache non ho letto nulla di infamante a carico di nessuno, figurarsi della comunità ecclesiale. In definitiva Uccelli di Rovo è stato un grande sceneggiato televisivo che ha appassionato centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo, e non soltanto per le prestazioni amorose del suo protagonista-cardinale.