Il pianto, il dono del semplice
Il pianto è una manifestazione fisiologica di un’emozionalità intensa, che trasmette un messaggio immediatamente comprensibile a livello conscio ed inconscio in tutte le sue possibili implicazioni. Il talento verbale, antropologicamente, è una recente conquista per l’homo sapiens sapiens, ma il linguaggio non verbale, di cui il pianto è una modalità ,risulta la più potente ed efficace forma di comunicazione. Il lamento che accompagna il pianto assume lo stesso significato in tutte le culture, del presente e del passato documentabile. Il neonato si esprime attraverso il pianto sin dai primi istanti della sua vita, con esso comunica tutte le sue necessità siano esse fisiche che psicologiche. Quando siamo piccoli, sono molte le situazioni che scatenano il pianto. Piangiamo se sentiamo dolore, se veniamo lasciati soli, se abbiamo fame o se abbiamo paura. Anche gli adulti piangono, di dolore certo, ma anche di gioia, di commozione. In termini psicodinamici il pianto determina una decatexi dell’investimento emozionale con conseguente senso di liberazione, ecco perché piangere è spesso terapeutico. Favorendo lo scioglimento della tensione, aiuta a non alimentare il circuito dell’attivazione neurovegetativa dello stato d’ansia, prevenendo di fatto pericolose somatizzazioni. Nella nostra cultura il pianto è spesso denigrato, associato al genere femminile pregiudizialmente connotato come debole e ipersensibile. Colui che piange è, appunto, un debole, uno che non “ha gli attributi”, un depresso o , nel migliore dei casi uno “strano”. Giudizi, o meglio, pregiudizi, che consentono a chi li esprime pubblicamente o nel segreto della propria mente di non sottoporre a revisione il sistema dei propri valori. Anche il Counselor , che professionalmente è preparato a confrontarsi con le manifestazioni dell’emozionalità del proprio Cliente e dovrebbe essere in grado di gestire il controtransfert, corre il rischio di cadere in iperempatia di fronte al pianto. In genere, nel bene o nel male il pianto determina una reazione in chi vi assiste. Nella nostra epoca di superprestazione in ogni ambito di perfezione, il semplice non trova posto. Il pianto silenzioso che invecchia il viso e l’animo non viene ascoltato. Eppure tutti siamo stati bambini, tutti abbiamo pianto. Tutti potremmo trovarci al posto di chi oggi abbiamo giudicato o deriso. L’unica certezza della vita, oltre alla nascita e alla morte, è quella che nessuno del suo domani ha la certezza. E chi oggi ride di te che piangi perché il tuo animo risuona del dolore di molte creature a cui non sei rimasto indifferente, domani potrebbe essere al tuo posto a piangere, ma non trovare nessuno che lo ascolti. Ne in casa sua ne in nessun altro posto.