La costruzione di strumenti scientifici in Italia tra ‘800 e ‘900:I parte
Nell’ambito della costruzione di strumenti scientifici (cioè di apparecchiature professionali e didattiche per le Scienze) l’Italia non ha avuto uno sviluppo paragonabile con altri Paesi Europei, in particolare Germania, Inghilterra e Francia dove già dalla seconda metà del XIX Secolo nascono industrie specifiche come Max Kohl e Leybold in Germania, Baird e Tatlockl, Adam Hilger in Inghilterra. In Francia la costruzione di apparecchiature si afferma in prevalenza ad un eccellente livello artigianale. Numerosi gli Atelier di apparecchiature scientifiche, spesso i nomi che individuano questi Atelier sono di origine straniera, spesso tedesca, come Karl Rudolph Koenig o Heinrich Daniel Ruhmkorff. Di origine francese la dinastia dei Jest .(ad iniziare da Charles Jest) costruttori di apparecchiature di Fisica per le ricerche che si svolgevano presso l’Ateneo torinese. Dando una rapidissima occhiata oltre oceano, anche la neonascente federazione degli Stati Uniti d’America iniziava ad avere le prime industrie di costruzioni di apparecchiature di Fisica i cui cataloghi risalgono intorno al 1860. E’, a personale avviso, un fatto indicativo e profetico della comprensione della valenza della cultura scientifica e per l’aspetto didattico connesso. Tanti e graziosi i manuali di “Fisica Pratica” e/o di “Fisica per giovanissimi” a partire dalla seconda metà dell’800. Anche qui un fatto sorprendente: uno dei più celebri manuali di laboratorio dell’epoca è tradotto dal Tedesco(1).La situazione italiana è descritta in una eccellente indagine di P. Brenni e M. Misiti(2) secondo i quali il fiorire di Istituti e Società per l’incoraggiamento delle “Arti e dei Mestieri” diede impulso alla presenza sul territorio italiano di numerose botteghe artigiane dove si costruivano (anche) apparecchiature scientifiche. Per lo più gli artefici erano “macchinisti” (gli odierni “Tecnici di laboratorio”) o Cultori delle Scienze Fisiche, fabbri, meccanici. La produzione solitamente non usciva dall’ambito comprensoriale. A fianco dei costruttori locali iniziano, verso la fine dell’800, ad affermarsi officine di un certo spessore come il Tecnomasio di Milano, costruttore di apparecchiature di Fisica prevalentemente destinate all’esperimento d’aula; le Officine Galileo che proseguono la tradizione dell’Istituto Tecnico Toscano, Emilio Balzarini di Milano, nel settore elettromedicale. Molti Istituti posseggono ancora un “rocchetto di Ruhmkorff” firmato “Balzarini”. Infine è d’obbligo citare la nascita della Filotecnica (Salmoiraghi) e di Francesco Koristka a Milano per la microscopia e l’Ottica. Soprattutto l’articolo di P. Brenni e M. Misiti è interessante allorché se ne coglie lo spaccato di una Italia di fine ‘800 non tanto dissimile dall’attuale. La distribuzione geografica della presenza di costruttori di apparecchiature è concentrata fortemente al nord, nell’ordine in Lombardia, inToscana, in Piemonte e poi in Veneto, e in Emilia-Romagna. Cioè un nucleo di Italia pre-industriale al nord ed una Italia fortemente agricola nel centro sud e nelle isole, con una eccezione (per il settore dei costruttori artigiani) in Campania e in Sardegna. Sarebbe veramente lungo e meritevole di una indagine a sé la lista delle Istituzioni religiose e dei loro Curatori, Sacerdoti impegnati in osservazioni meteo-sismiche e a loro volta costruttori e/o rimaneggia tori di apparati sismici e meteorologici. Queste “chiavi di lettura” nell’articolo di P. Brenni e M. Misiti, saranno riconsiderate nella seconda parte di questi appunti storici per analizzare in un caso particolare e anomalo se queste valutazioni generali sono pienamente confermate. Così, P. Brenni e M. Misiti individuano una grande difficoltà nello stabilire in alcuni casi la paternità certa di alcuni apparati riportanti targhette o “firme” di costruttori italiani. Riportiamo testualmente la loro osservazione: “… Molte volte capita di vedere apparecchi recanti sigle o targhe di costruttori italiani che, ad un esame più attento, presentano marchi o diciture meno apparenti che ne rivelano l’indubbia provenienza (ad esempio è possibile notare che il catalogo generale delle Officine Galileo nel 1911 reca, esattamente riprodotte anche se rimpicciolite, le illustrazioni che appaiono nei cataloghi di strumenti pubblicati, anche anteriormente, dalla ditta tedesca Max Kohl di Chemnitz, una delle più celebri case di apparecchi didattici e di laboratorio ”.Ciò dimostra una insufficiente autonomia nella realizzazione di apparecchiature più complesse. E’ interessante notare il caso di Genova che risulta dall’esame di alcune carte d’archivio del Museo di Fisica e di Meteo-Sismologia “G. Sanguineti-G. Leonardini” di Chiavari. Genova (città serrata tra mare e monti retrostanti), la cui primaria via di comunicazione verso il resto del mondo era allora il mare, aveva almeno un Atelier di vendita e/o di importazione di apparecchiature scientifiche situato prospiciente alla centralissima Piazza De Ferrari e da questo Atelier l’osservatorio Meto-Sismico di Chiavari aveva acquistato una apparecchiatura, come pure era un fatto “normale” l’acquisto di apparecchiature dal rinomato Atelier “Ducretet et Roget” di Parigi. Sempre a Genova un rinomato costruttore di apparecchiature prevalentemente nautiche (G. Ferro) con bottega presso la Cattedrale di S. Lorenzo. Una bella macchina pneumatica a due cilindri firmata “G. Ferro” è conservata presso il Liceo “Galvani” di Bologna. La presenza di una macchina pneumatica manuale a due cilindri in Chiavari presso il Museo di Fisica e di Meteo-Sismologia “G. Sanguineti-G. Leonardini” apre il problema della paternità segnalato da P. Brenni e M. Misiti.Dopo avere tracciato brevemente la posizione generale del problema, nella seconda parte si riporteranno i risultati di una indagine più specificamente riguardante un caso anomalo e curioso: la costante presenza di costruttori di apparecchiature di Fisica in una piccola cittadina del levante Ligure (Chiavari). La figura d’apertura rappresenta una bella macchina elettrostatica di costruzione artigianale italiana (Chiavari). (1)J. Frick, Physical Technics, (Lippincot & CO. Philadelphia, 1861).(2) P. Brenni, M. Misiti, “Costruttori Italiani di Strumenti Scientifici del XIX Secolo”, Nuncius, 1, 141 – 184 (1986).
Ecco un esempio di buona letteratura scientifica.
Non è questo il modo migliore per poter cominciare a riconsiderare la cultura scientifica della nostra Penisola? Lo sguardo in retrospettiva offerto dal prof. Ganci potrebbe essere un buon punto di partenza.
Ci rammarichiamo, tuttavia, per il fatto che questi pregevoli scritti non godono, in genere, di un’ampia diffusione presso i nostri Istituti Scolastici e i nostri Atenei.
Gentile Lettrice,
la ringrazio del commento e dell’apprezzamento espresso nei confronti dell’indagine svolta e del suo Autore. Purtroppo in una Università in crisi di bilanci e in una Scuola in crisi di valori, le tematiche intraprese “per amore e non per mestiere” hanno scarsa fortuna. E’ un fatto ben noto se pensa che l’ultimo seminario di “Storia della Fisica” su invito di un “esterno” nell’Università di Genova data il 1985!
Non conosco la situazione di Salerno, ma da quanto apprendo dalla stampa (situazioni da chiarire davanti al Magistrato per alcuni docenti) penso che i problemi siano ben altri …che “gli aspetti minori della Storia della Fisica”.
Grazie ancora del suo gentile commento e, se apprezza la tematica, spero di non deluderla con le prossime due puntate.
Cordiali saluti
Salvatore Ganci