Bisognosi d'usura?
di Rita Occidente Lupo
Un po’ come la Napoli di Bellavista. Quella dove il pizzo e l’usura, ostracizzano l’amore di due giovani professionisti. All’ombra d’un impiego, per poter vivere la loro unione. A Bari, nei giorni scorsi, il perbenismo truffaldino. Una vera e propria gang di strozzini, volgarmente detto di coloro che prestano denaro con interesse. Di usurai, come quello che già nel Vangelo, Zaccheo, facevano parlar di sè. Tranquilli professionisti, che vivevano del proprio. Avendo ben stipato in banca un notevole tesoro. E vantando investimenti lussuosi. Sulla pelle di chi ormai non ce la fa più a vivere. A tirare le cifre da far quadrare mensilmente. Sia con, che senza occupazione. Sulla disperazione del lastrico, la fine peggiore. Ben presto, nel capoluogo pugliese, diversi esercizi commerciali si son dovuti rassegnare a tirar giù la saracinesca. Indebitati fino al collo. strozzati da ratei esosi! Ogni mestiere, arte. Per poter vivere. A qualunque costo! Così la pensano coloro che sbarcano il lunario senza rispetto di sorta. E che tentano la fortuna in mille modi. La disperazione o piuttosto l’egoismo, da padrone. Ma il dramma del nostro Paese, quello che serra i polsi alla probità, spesso incentivato dalla crisi. Uno slogan ormai trito da tempo. Che cavalca l’onda del successo, proprio in un momento in cui il Paese ha disteso i belligeranti faziosismi politici, per dare una virata diversa all’economia. Sedati rispetto a quei ruggiti della prima Repubblica, che animavano cotidie il dibattito politico. E che mettevano in campo le intellighenzie privilegiate. Ora pare che anche la politica, sia assurta a business, tutt’altro che intellettivo. Un modo per andare avanti, ottenendo primogeniture e posti di lavoro. Quello che oggi urla e che neanche il politico di turno può garantire, se non a singhiozzi. Ma mentre le caste, sfoggiano ancora privilegi, la storia di tante vite, scarabocchiate dall’indifferenza di chi ha raggiunto gli apici del potere! Storia, di tanti piccoli uomini. Di troppi, che ancora inseguono, giustizia sociale, anche senza speranza di riscatto!
Cara Direttrice,
il Suo toccante editoriale e l’analisi fatta lasciano il lettore sorpreso per come si possa trattare, in poche righe, ma con efficacia, il tema dell’usura. Noto, dal Suo scritto, che il malessere della nostra società viene fatto discendere anche dalla degenerazione della politica. Riporto allora un passo significativo a tal proposito.
“Ora pare che anche la politica, sia assurta a business, tutt’altro che intellettivo. Un modo per andare avanti, ottenendo primogeniture e posti di lavoro”.
La degenerazione sociale in atto e la feroce crisi economica che morde le carni della nostra collettività, nelle sue parti più sensibili, come Ella ha avuto modo di dire, sta regalando altri pezzi della nostra economia alle mafie. Nando Dalla Chiesa, in un suo saggio, affermava che la criminalità organizzata andava affrontata e sconfitta con le sue stesse armi e così lo Stato avrebbe dovuto dichiare guerra e iniziare una lotta armata contro di essa. Personalmente penso che esistano altri modi per sconfiggere la criminalità organizzata e sventare così il rischio del diffondersi dell’illegalità nel nostro Paese. Eppure, nella sintesi finale del Suo scritto non vedo uno spiraglio di luce per i
“troppi, che ancora inseguono, giustizia sociale, anche senza speranza di riscatto!”.
Io una speranza ce l’avrei. La vedo nel modo in cui Ella e tanti volenterosi stanno portando avanti questo sito. La vedo nella forza di volontà di tante donne e tanti uomini che si stringono attorno un progetto culturale senza un benché minimo fine di lucro. E questo varrà più di una lotta armata contro la criminalità organizzata, se solo sapremo raggiungere il cuore della nostra società e se sapremo rammentare, con spirito di abnegazione, le parole di Antonino Sciesa: “Tiremm’ innanz”. Parole pronunciate, guarda caso, in un dialetto che si vorrebbe forse preservare dall’influenza dei docenti del Sud. Ma noi, docenti del Sud (così come anche buona parte dei colleghi del Nord), facciamo nostre e pronunciamo con orgoglio il “tiremm’ innanz” di Sciesa, per non vanificare il sacrificio estremo di un giovane padre di famiglia per la libertà di un’intera Nazione.
“Tiremm’ innanz”, cara Direttrice, perché alla fine la legalità ed i buoni principi non potranno cedere il passo a chi vuole fare scempio del vivere civile e della giustizia sociale. Qualcuno di noi forse cadrà (metaforicamente parlando) in questa impari lotta, ma il resto continuerà compatto per il bene delle future generazioni. E questa è una grande speranza.