Università: fondi, criteri e polemiche
Aldo Bianchini
Trento: dalla contestazione del ’68 all’exploit della performance virtuosa. Ecco, in poche parole, la storia del successo di un ateneo che, nel male e nel bene, ha tracciato le linee portanti di un intero Paese. Poi la gestione oculata, decisionista e trasparente ha fatto il resto ed ha prodotto un distacco notevole dalle altre università. Questo in sintesi la dichiarazione resa alla stampa da Innocenzo Cipolletta (cognome vagamente salernitano!!), presidente del cda dell’università trentina. L’università che partorì i cosiddetti geni del male (Negri, Curcio, Franceschini ed altri) del periodo nero del terrorismo e della lotta dissennata contro “il padrone”, è riuscita a conciliare aspetti molto diversi in un’unica governance che vede come protagonisti sia il Cda dell’Università che la Provincia Autonoma di Trento insieme alla grande e media industria (cioè i padroni). Il distacco da tutte le altre è abissale. Trento al primo posto con 10,69 punti contro i 5,22 del politecnico di Torino che segue a ruota. Salerno, la nostra università, è a -1,06; l’ultima, Macerata, è a -3,00; fino al grido di allarme di Augusto Marinelli “il magnifico” per l’esclusione, salvo verifica, della “sua università” di Firenze. Ha protestato ed in maniera eclatante anche il magnifico di Salerno, il nostro Raimondo Pasquino. Se i contestatori della classifica, un buon 70 per cento, pensassero solo per un istante a quella che era e dovrebbe essere l’Università (al di là delle ricerche, degli articoli su riviste specializzate, del numero degli iscritti, ecc. ecc.) probabilmente la classifica della Gelmini tra “buoni e cattivi” verrebbe ingoiata come un rospo ma verrebbe comunque digerita senza tannti inutili proclami che sanno soltanto di odore politico e nulla più. L’Università, quella con la U maiuscola, secondo il mio opinabile avviso, è e rimane quella mitica “scuola di pensiero” che i professori liceali degli anni 50 e 60 facevano immaginare a tutti noi studenti. Ebbene, quale scuola di pensiero (e per pensiero intendo anche la ricerca e le discipline tecniche alla pari di quelle umanistiche) è stata l’università di Salerno sempre cambattuta tra l’essere una fabbrica di lauree e un porto sicuro per docenti, assistenti, ricercatori, convenzionati e incaricati; e quale incisiva azione ha svolto a favore del territorio? Senza ovvviamente voler minimamente intaccare le tante notevoli professionalità che all’interno della stessa operano con grandi difficoltà. Nel Cilento, di bocca in bocca, corre un detto che suona pressapoco così: “Se vuoi un fontaniere, un falegname, un ebanista cosa assai difficile è; se vuoi un professore universitario basta che scendi sul lungomare di Salerno e non avrai difficoltà!!”. Senza offesa per nessuno, chiaramente. Per imparare prendete spunto da quanto ha scritto il prof. Ganci su questo stesso argomento e su questo stesso quotidiano; ce ne sarà per tutti i gusti, Magnifici Rettori compresi.
Sono perfettamente d’accordo col Dott. Bianchini. L’università di Salerno è un’Università senz’anima, un carrozzone politico creato per elargire stipendi a professori mediocri e a personale amministrativo incapace. Un baraccone per favorire spreco e ruberie di soldi. Esami facili, una massa di iscritti ignorantissimi e perdi tempo. Insomma è un’Università totalmente inutile. Non ha mai sfornato intellettuali degni di nota. Pasquino e co. farebbero bene ad azzittirsi. Inoltre, il tanto decantato Neo Campus con spazi verdi e appartamenti per studenti ha creato altri intrallazzi sugli appalti tipici di queste zone sotto-acculturate. Francamente non si sentiva proprio il bisogno di un’Università di serie B come questa.
Scrivo dopo aver letto il commento di un “neuropsicologo”, dissentendo su alcuni punti.
Innanzitutto, se si fa di tutta l’erba un fascio, non si rende merito a chi, all’interno di questa struttura, tra mille difficoltà, porta avanti dignitosamente il suo lavoro, anche a buoni livelli. E questo Bianchini lo scrive chiaro e tondo. Ecco che, in questo modo, si potrebbe commettere una doppia ingiustizia nei confronti degli studiosi seri: la mortificazione del merito da parte dell’establishment attuale, che si concretizza in vari eventi, messi in risalto anche da Bianchini, e la critica feroce, indistinta, di chi pensa che tutti i docenti siano uguali.
Sarebbe ora di giudicare, anche molto negativamente, secondo me, i comportamenti non consoni ad una “scuola di pensiero”, così come Bianchini la definisce, ma di incoraggiare e sostenere chi si prodiga per un futuro diverso. Questi docenti sono la minoranza, come le ultime elezioni del rinnovo della carica del rettore dimostrano. Eppure, con l’aiuto di tutta la cittadinanza e dell’opinione pubblica nazionale, sono sicura che essi potranno far comprendere ai colleghi, anche alla luce delle ultime vicende giudiziarie che coinvolgono i vertici di questa istituzione, che la strada che ha imboccato il nostro ateneo non è quella giusta.
Francamente la questione dei “ditinguo” mi sembra veramente inutile.
Perchè mai dovremmo predere tempo a dividere i professori buoni da quelli cattivi, ecc ecc. Il problema di un Ente malfunzionante è che essendo tale dovrebbe subire un profondo processo di ristrutturazione. La questione non è salvare la faccia di chi “porta avanti dignitosamente il suo lavoro”, il problema è che c’è sempre qualcuno che vuol girare il discorso intorno alla decadenza di un Università come quella di Salerno (e di tante altre presenti sul fondo della classifica) trovando sempre gisutificazioni patetiche e spesso solo con lo scopo di salvare la pagnotta personale.
La questione è veramente molto semplice: una buona Università è un’Univesità difficile, selettiva, dove si privilegia il numero chiuso, dove si favorisce la nascita di movimenti culturali di un certo spessore. Una valente Università agisce da baluardo contro la decadenza della società con lo scopo di corregerla e migliorarla. Ma che tipo di baluardo può essere un’Università che conta solo i soldi degli iscritti senza preoccuparsi di quale tipo di menti produce? La cultura è la cosa più importante per il corretto funzionamento della società, e un intellettuale serio deve considerla al di sopra di tutto. Un intellettuale serio dovrebbe rifiutarsi di insegnare in un’Università sorda a queste istanze.