Pena di morte senza sconti!

di Rita Occidente Lupo
Patibolo. Forca. Impiccagione. Boia. Giù la testa! Demodè. Amnesty International, contro il braccio della morte. Cercando di scampare vite da appendere! Il Giappone non ne vuol sapere. Non ci sta a tirare giù il palo, ad allentare la corda. Nel mandare in pensione uno strumento mortale che ha girato il suo tempo. Ghigliottinato le ideologie. Intinto nel sangue i facinorosi di una Rivoluzione che ancora oggi rimanda alla Bastiglia. Uguaglianza, Libertà, Fratellanza. La storia col suo corso. Riponendo, il secolo successivo, i forcaioli oltranzisti. Duellanti contro una pena di morte inestinguibile. Oggi, ancora nei Paesi in cui il bensssere sembra l’unica arma vincente per vivere il presente, la punizione ai crimini, al posto della propria vita. L’atavica legge del taglione. Un baratto punitivo. In Italia, carceri affollate. Detenuti che specialmente col caldo, non reggono la reclusione coatta. Qualcuno, con l’indulto, aveva in parte sfollato l’emergenza degl’istituti di pena. Qualche altro, creduto il reinserimento, naturale per riabilitare gli avvezzi a delinquere. Strutturare un percorso psicologico, un escamotage, che impugna anche Amnesty, per sottrarre all’estinzione, a volte anche vite innocenti. Quella del patibolo giapponese, s’inserisce un po’ nella cultura filosofico-marziale degli Orientali. L’orrore, dei corpi penzoloni, coniugato ad alcuni crimini abominevoli, spesso impuniti. A delitti efferati, orfani d’adeguati tributi punitivi. Dinanzi ad alcuni crimini, falcidianti  minori o sterminanti vittime innocenti, lo sdegno, il livore, l’arbitrio di farsi giustizia da soli. Quando le pene accordate, sproporzionate alle perdite arrecate. Più di qualcuno lamenta che, nel nostro Bel Paese, la Giustizia vanta troppi evasori franchi! Il patibolo, ancora un monito?