La sera desiderata
“Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta.” (Primo Levi) Primo Levi nacque il 31 luglio 1919, avrebbe oggi appena compiuto 90 anni. Dopo una vita profondamente segnata dall’internamento ad Auschwitz, muore probabilmente suicida cadendo nella tromba delle scale della sua abitazione di Torino nel 1987. La vita di ogni essere umano scandita dalla nascita, dalla morte e da eventi che incidono la psiche indelebilmente. Lo stile letterario di Primo Levi, come emerge dalle sue maggiori opere, è uno stile di stampo realista-descrittivo. Si tratta infatti di una narrazione asciutta, sintetica ed esauriente quanto basta per comprendere i sentimenti e lo sfondo sociale dell’ambientazione dell’opera. Stile che ben si adatta al vasto pubblico a cui Levi intende rivolgersi, in special modo se si tratta di una tematica di estrema importanza come quella della prigionia del Lager. Il narratore è interno. La voce interna che parla ma quando la si ascolta? Nel celebre “Se questo è un uomo” Levi parla della sua drammatica esperienza nel lager. Quanti di noi hanno paura di sognare? Quanti avrebbero il coraggio di confessare di aver timore del risveglio? Quando la realtà è peggiore degli incubi, il sogno è il momento più agognato. La sera il momento della giornata più desiderato, il mattino il più temuto. Succede. Quando il dolore di vivere ti toglie il fiato come un pugno in pieno stomaco, lo straniamento di fronte alla propria esistenza diventa un incubo ad occhi aperti. E davvero il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Per sopravvivere è necessario ripristinare una parvenza di equilibrio, con immensa fatica. In questa estate in cui ritrovano voce echi che riverberano troppe volte odio e disprezzo, in questa estate in cui tanti fuggono dalle città e da se stessi, forse dedicare un istante del proprio pensiero a chi vive prigioniero di un’esistenza in cui l’effimero oblio del sogno rappresenta il desiderio quotidiano, non farebbe poi così male.