Il caso Boffo e il caos italiano
Il caso Boffo, o meglio, Feltri-Boffo, è indubbiamente uno di quei nodi mediatico-politici che terrà banco a lungo sui giornali e sugli altri mezzi di informazione o disinformazione; terrà banco perché è anche un vistoso sintomo del degrado etico-politico in cui da tempo si avvita lo spirito pubblico del nostro bel Paese dove l’oltraggio ( alle persone, alle istituzioni, alla legalità, alla decenza, alla religione, alla civiltà, al patrimonio artistico, all’estetica urbana, alla salubrità dell’aria, dell’acqua e del territorio) suona, degrado che sembra aggravarsi di giorno in giorno anziché attenuarsi, né si intravede una via, se non di salvezza, almeno di fuga da questo clima malsano. Come si è arrivati a tanto? Per i portavoce mediatici e politici del centrodestra (ma esiste ancora il famoso Centro?) i colpevoli sono giornali come la Repubblica e l’Unità, e settimanali come l’Espresso, che da mesi hanno, per così dire, cavalcato la tigre del gossip porno politico attaccando il premier sotto il profilo dei suoi discutibili comportamenti privati (divenuti nel frattempo pubblici), e poi, a seguire, tutti quei giornali cartacei, via etere o anche online che non prendono le distanze in modo netto e inequivocabile dalle testate appena citate (anche in giudizio); per i giornalisti e gli esponenti politici del centrosinistra (ma esiste ancora la Sinistra?), con sfumature e toni diversi, cioè più o meno “educati” o “rispettosi”, non v’è dubbio che la responsabilità del degrado è imputabile a quel complesso intrico di populismo, antipolitica, televisione commerciale, tifoseria sportiva, narcisismo, millanteria, danari facili e potere che si riassume con il termine “berlusconismo”; quindi, in buona (o pessima) sostanza, all’ormai famoso “utilizzatore finale” del giro di veline ed escort che ora ha deciso di passare al contrattacco. Come? Ad esempio rilasciando carta bianca (ricordate il grandissimo Totò nel bel film di Steno I due colonnelli?) al nuovo – si fa per dire – direttore del Giornale di famiglia, il giornalista-galantuomo Vittorio Feltri, che ha subito dimostrato la sua valentia pubblicando una falsa informativa di polizia insieme a un documento vero rilasciato dal casellario giudiziale di Terni, adottando la tecnica collaudata della disinformacia sovietica, ai danni del direttore del quotidiano dei vescovi italiani Dino Boffo, titolando in prima pagina: “Il supermoralista condannato per molestie”, Avvenire. A quale scopo? Beh, le brigate rosse usavano “colpirne uno per educarne cento”, il direttore del Giornale ha voluto colpire al cuore, anzi, al basso ventre, uno dei tanti “moralisti immorali” che si sono permessi di criticare la condotta privata del Cavaliere. Già, ma in questo caso non si trattava di un cronista qualunque ma della persona che il cardinale Ruini, presidente della Cei prima del cardinale Bagnasco, aveva nominato direttore di Avvenire proprio per le sue qualità professionali adatte a garantire la presenza attiva della Chiesa cattolica nel discorso pubblico nei difficili momenti seguiti alla cosiddetta diaspora dei cattolici dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana. Colpire Boffo significava quindi colpire un elemento di punta della strategia mediatica messa in opera, se non all’unanimità, almeno a maggioranza dalla Conferenza dei vescovi. Il contrattacco dei media berlusconiani, bisogna dargliene atto, non ha guardato in faccia a nessuno. O forse ha guardato oltre i vescovi, all’autorità e al prestigio morale della Chiesa nel suo complesso che in nessun modo può venir messo in discussione? Sta di fatto che la prima battaglia di questa guerra mediatica è stata vinta dal Giornale: è caduta la testa di Boffo, non però la testata dei vescovi italiani, e alla distanza questa potrebbe anche rivelarsi una vittoria di Pirro. Ora, se torniamo alla questione iniziale: su chi ricade la responsabilità del degrado in cui tutti più o meno ci troviamo – non dico personalmente ma in quanto membri di una comunità nazionale costretta ad assistere quotidianamente a questo scontro senza esclusione di colpi tra media berlusconiani e media antiberlusconiani – che cosa potremo rispondere? A chi dare regione e a chi torto? Aspetteremo le sentenze dei tribunali? E nel frattempo, e considerando la lentezza degli iter giudiziari, a chi crederemo? L’opinione pubblica appare quanto mai divisa e suggestionabile, e quand’anche un sondaggio indicasse che la maggioranza degli italiani e delle italiane crede ancora nelle professioni di fede e di innocenza del Cavaliere, come convinceremo la minoranza che invece non ci crede? No, non sono queste opzioni che si possono decidere a maggioranza; anche se per il Cavaliere parrebbe di sì, dal momento che non perde occasione per ribadire che la maggioranza del popolo italiano è pur sempre con lui, come se i principi etici dipendessero dal consenso e dall’alto o basso gradimento da parte delle masse o del pubblico televisivo educato dal Grande Fratello o dall’Isola dei Famosi. Se l’opinione pubblica è, come è dimostrato, così facilmente manipolabile dai mezzi di comunicazione di massa, la ragione starà forse dalla parte di chi riesce a manipolarla meglio? Nel caso Feltri-Boffo abbiamo assistito a un reciproco e simmetrico scambio di accuse circa l’inattendibilità delle notizie sparate – è il caso di dirlo – in prima pagina dal Giornale, da Libero, dal Foglio, e, di contro, dall’Avvenire, dalla Repubblica, dall’Unità. I lettori affezionati dei primi scrivono lettere di sostegno a Feltri, i lettori dei secondi, invece, scrivono lettere di stima a Boffo o firmano l’appello in difesa della libertà di stampa di Repubblica scritto dai giuristi Cordero, Zagrebelsky e Rodotà. Chi ha ragione? Quanto al sottoscritto, si è riconosciuto in toto nell’appello di Repubblica, quindi ha aggiunta la sua firma, valga quel che valga, al lungo elenco dei firmatari, tra i quali l’eroico Roberto Saviano. “Ecco – un lettore di destra potrebbe dire – scoperta la faziosità antiberlusconiana di Fulvio Sguerso”. Ah sì, certo, non meno fazioso tuttavia di chi scrive lettere di stima al “Socrate di carta (falsa)” Vittorio Feltri.
Nascondersi dietro ai tecnicismi serve a poco. Informativa vera o falsa che sia, ciò che conta è la sentenza di condanna del falso-moralista Boffo. Sentenza provata con il certificato del casellario giudiziale e confermata dal Gip di Terni. Così come non vi sono dubbi circa la doppia morale di Boffo e del Vaticano: intransigenti con il prossimo ma estremamente tolleranti per quanto li riguarda!
E poi non si comprende perchè insultare Berlusconi è sinonimo di libertà di informazione e di giornalismo di alto profilo, ma se qualcuno si azzarda a “toccare” i Boffo, i De Benedetti e company, si ciarla di ritorsione e si grida allo scandalo!
Sig. Sguerso, un pò di onestà intellettuale, please!
Leggo e pongo due domande:
1)Per l’autore Sguerso: perchè viene citato Socrate nell’articolo?
2)Per lex 77 con che coraggio si parla di onestà intellettuale quando ci si nasconde dietro ad uno pseudonimo?
Federico Dardarelli
Rispondo ovviamente solo alla domanda che il signor Dardarelli pone al sottoscritto: l’espressione “Socrate di carta (falsa)” si riferisce all’articolo “Mistero Boffo” di Angelo Cennamo, apparso qualche giorno fa su questo giornale; articolo di cui raccomando la lettura a chi volesse aver contezza di un’opinione antitetica alla mia in merito alla vicenda Feltri-Boffo. Un cordiale saluto.
Fulvio Sguerso