Benedetto sia XVI!
Può più un sacro silenzio che diecimila trombe, tromboni e campane messi insieme. Danza da giorni, nelle nostre orecchie, la vocina dolce e delicata del Santo Padre per una parola sola pronunciata tra le stanze ovattate degli alloggi vaticani o, più propriamente, tra le pareti inaccessibili del suo studio: “Si dimetta!” Chiaro riferimento all’ormai ex-direttore del quotidiano cattolico “Avvenire”, Dino Boffo, finito ingloriosamente nella friggitoria-Feltri. Il quale Feltri, avendo dopotutto una clientela in crescita di cui prendersi cura ogni giorno, non poteva fare diversamente se non mettere nel piatto il meglio dei suoi prodotti. Al centro dei quali prevale il peperoncino. Di quelli che bruciano, altroché se bruciano. E in tutti i luoghi e le direzioni. Tanto è vero che, dopo avere letteralmente messo in croce il povero Boffo, impedendogli di agire e reagire (a parte le urla e le smentite d’obbligo), ha avviato una devastante e documentata azione quotidiana di informazione puntuale sui fatti – tra quelli detti e quelli tra le righe – da mettere a soqquadro l’intero palazzo vaticano, dilaniato nel frattempo tra due opposti schieramenti. Quello a difesa di Dino Boffo e quello a lui contrario.Da vero tedesco, Sua Santità non poteva a quel punto che fare da panzer. Afferrando la spada di San Michele e facendo giustizia. Contro tutto e tutti. Da primo ed unico legittimo interlocutore in terra tra sé e il Dio Celeste. E così è stato. E bene è stato. Perché a leggere quel che da provenienze non sospette si sente dire, la partita sarebbe stata pericolosissima per la Santa Sede se, prima o poi, tutti gli atti giudiziari sulla vicenda-Boffo fossero stati pubblicati.Non a caso il 31 agosto scorso, Mario Adinolfi, autorevole esponente del PD e alleato di Franceschini, già collaboratore di “Avvenire” e aspirante segretario di quel partito, a proposito del Boffo-gate, in una intervista aveva, tra l’altro, dichiarato pari pari a “Il Giornale”: “Feltri ha scritto di fatti incontrovertibili e ha rotto il muro di omertà sulle relazioni omosex del direttore di “Avvenire”.Non c’è dubbio che , sul piano umano, dispiace vedere in pasto a certe belve della comunicazione fatti privati sia pure disdicevoli per chi svolge una funzione pubblica (purché, come in questo caso, confermati da una sentenza passata in giudicato, ovviamente). Purtroppo, quando si scruta negli armadi di chiunque emergono sempre scheletri. Perché “chi lotta con i mostri” – come scriveva Nietzche nel suo “Aldilà del bene e del male” – deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro.” Perché scrutando “a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.”Esattamente quel che è accaduto tra il blocco mediatico radical-chic di sinistra e quello della controparte. Ezio Mauro, Eugenio Scalfari, “La Repubblica”, “L’Espresso” e blocchi analoghi da una parte hanno pensato-di combattere il ‘ mostro’ rivale, tal Silvio Berlusconi, andando a scavare negli abissi della sua vita privata, sentimentale e sessuale.E, di rimando, quel ‘mostro’ ha restituito loro pan per focaccia, scrutando da quegli stessi abissi l’affare-attico acquistato dal direttore de “La Repubblica” in maniera non proprio limpida sul piano del denaro effettivamente speso o roba del genere, o l’affare delle presunte molestie sessuali riguardante una vicenda sentimentale di dubbia trasparenza in cui è rimasto coinvolto anni fa il pudico censore di Berlusconi, ossia quel Dino Boffo, già direttore de “L’Avvenire”. Sull’“apriti cielo” mediatico e conseguente e su tanti milioni di parole insipienti da una parte e dall’altra, è intervenuta alla fine la Chiesa con il suo massimo rappresentante. Azzerando a fari spenti e senza rumori una vicenda martellante, dannosa e squallida un pò per tutti. Forse a quel punto, tra Vaticano e dintorni, qualcuno in rosso avrà pure recriminato il voto concesso a suo tempo a Sua Santità, successore di Giovanni Paolo II. Ma la situazione non sarebbe stata diversa in presenza del predecessore. Anzi con qualche rumore in più dato il temperamento del non meno tosto polacco Wojtila. Non c’è bisogno di alcun GIP, a questo punto, che autorizzi la lettura delle carte processuali di Boffo. La saggezza e la determinazione della Chiesa ne hanno di fatto confermato la veridicità, evitandone, contestualmente, la divulgazione. Quale migliore diplomazia, dunque, di quella vaticana? Quale migliore risultato?Siano contenti tutti, allora. La Chiesa, per avere evitato di subire un processo pubblico di condanna morale ove Feltri avesse prima o poi pubblicato il testo integrale della sentenza di condanna di Boffo; il direttore de “Il Giornale”, che ha stravinto la sua battaglia nei confronti della concorrenza; l’opposizione e la stampa di sinistra, che si spera faccia tesoro della complessiva vicenda pseudopolitica impostata su vicende private che poco o nulla hanno a che vedere con i problemi concreti di un paese economicamente in difficoltà; infine, lo stesso Dino Boffo, per avere evitato, a sé e ad altri, ulteriori ed approfondite perlustrazioni da quegli abissi nietzchiani tanto imprudentemente scossi.Su quel silenzio ammonitore, concreto e discreto della Chiesa, cali ora definitivamente il sipario e si continui a lavorare. Dentro e fuori le mura: vaticane e nazionali.