Spiritualità: il Curato d’Ars ed il Santo Rosario

 

don Marcello Stanzione

 Il Curato d’Ars non era un  professore di teologia del seminario maggiore. Il suo insegnamento sulla Vergine Maria – malgrado gli elementi presi che vi si scorgono – non è mai presentata in maniera veramente didattica. Egli non ha la pretesa di essere esaustivo. Ci arriva il più spesso attraverso frammenti, e mira più a provocare il nostro fervore che a darci delle esposizioni di dotta e raffinata teologia. La migliore sintesi di teologia mariana era ai suoi occhi il Rosario, col richiamo delle grandi verità proposte alla meditazione dei fedeli. Egli vi trovava una sintesi, alla portata degli umili e dei semplici, al livello dei quali, egli curato di campagna, si poneva.“Io dico che il santo Rosario è composto con tutto quello che vi è di più toccante. E’ una pratica di pietà che ha rapporto nel Figlio così come nella Madre… Quando noi preghiamo la Santa Vergine, non facciamo altra cosa che pregarla di presentare lei stessa le nostre preghiere al suo divin Figlio, affinché siano meglio ricevute e che possiamo ricevere più grazie”.Alcuni possono trovare monotono la ripetizione delle Ave. Il Curato d’Ars non così lo giudica. “L’Ave Maria, egli afferma, è la più bella preghiera dopo il Pater; è una preghiera che non stanca mai”.Egli ha trovato in san Bernardo di Chiaravalle, “grande servo di Maria”, un modello. Questi diceva incessantemente: “Ti saluto, Maria”. Un giorno, la Santa Vergine gli dice: “Ti saluto, Bernardo figlio mio”.Un altro santo che il Curato d’Ars non nomina esplicitamente, diceva costantemente alla Santa Vergine: “Santa Maria, prega per me, ora e nell’ora della mia morte”. La Santa Vergine gli disse: “Vuoi venire con me in paradiso?”. “In paradiso, in paradiso” egli gridò, e morì all’istante.“La devozione alla Santa Vergine è dolce”. L’apostolo dell’Ave Maria vede nel saluto angelico l’espressione perfetta di questa devozione. “Quando si parla degli argomenti della terra, della politica… ci si stanca; ma quando si parla di Maria, è sempre nuovo”.Allo stesso modo, la recita delle Ave del rosario non prosegue senza l’evocazione dei misteri.“Il santo rosario, dice il Curato d’Ars – in un sermone che senza dubbio è debitore a diversi predicatori a differenza di lui oggi dimenticati – è composto di tre parti che sono consacrati per onorare i tre stati differenti della vita di Nostro Signore Gesù Cristo. La prima è per onorare la sua incarnazione, la sua nascita, la sua circoncisione, la sua fuga in Egitto, la sua presentazione, il suo smarrimento nel tempio, chiedendo a Dio la conversione dei peccatori e la perseveranza dei giusti. La seconda parte è per onorare la sua vita sofferente e la sua morte dolorosa sulla croce, chiedendo a Dio le grazie necessarie per gli afflitti, per gli agonizzanti, per quelli che stanno per comparire davanti al tribunale di Gesù per render conto della loro vita. La terza parte è consacrata per onorare la sua vita gloriosa pregando per la liberazione delle anime del purgatorio. Si, tutti questi misteri, ben meditati, sarebbero capaci di toccare i cuori più induriti e di strappare dal male le abitudini più inveterate”.I misteri dolorosi, come ci si poteva ovviamente attendere a causa del suo stile di vita penitenziale, trattengono in un modo del tutto particolare il Curato d’Ars. La Vergine, qui, sembra cancellarsi. Le Ave sono per lei ma, in unione con la Madre dei dolori, è il Cristo della via della croce che siamo invitati a contemplare. L’umile predicatore ha d’altronde segnato con una nota ben riconoscibile i testi e gli autori di cui  di cui si è servito.“Se noi meditiamo, vi vediamo un Dio coronato di spine che gli attraversano la testa santa e sacra. Gli si pone una canna tra le mani, si piegano le ginocchia davanti a lui per insultarlo e disprezzarlo. Purtroppo, chi potrebbe comprendere tutti gli orrori che sopportò durante quella notte spaventosa che trascorse con una truppa di scellerati? Lo si lega ad una colonna dove è colpito con tanta crudeltà, che il suo povero corpo non è più (che) come un pezzo di carne strappato… Ah, fratelli miei, di che consolarci nelle nostre sofferenze! Di che portarci a piangere i nostri peccati!”.“Se vediamo più lontano, noi vediamo un Dio carico d’una pesante croce, che è condotto tra due ladri e da una truppa di scellerati su invio di colui che si sorpasserà con gli oltraggi con cui lo accascerà. Se il peso della sua croce lo fa cadere a terra, a calci ed a pugni è rialzato. Ben lungi dal pensare alle sue sofferenze, egli sembra non pensare che a consolare le persone che prendono parte ai suoi mali…”.“Ascoltatelo, inchiodato sulla croce, senza neanche che lasci uscire dalla sua bocca una parola che ci mostri che ne ha patite troppo. Ascoltate le sue ultime parole che pronuncia morendo: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.Nella presentazione dei misteri gloriosi, il Curato d’Ars pone, un istante, in luce l’Ascensione del Salvatore, poi giunge all’Assunzione di Maria.“Se vedete (più lontano), vedete anche che il suo divin Figlio viene a cercarla lui stesso, (vi) vedete tutta la corte celeste, gli angeli appaiono visibilmente ed intonano canti di gioia che sono sentiti da tutti i presenti; (vi vedete Maria) lasciare la terra in cui ha tanto sofferto per andare a raggiungere suo Figlio, per essere felice della gioia di suo Figlio che ci chiama e che ci aspetta tutti”.Avendo portato a termine mal che vada queste frasi mal giunte, il Curato d’Ars conclude: “Ebbene, ecco che cos’è il santo rosario, ecco questa devozione che tanto si disprezza, a cui (si) fa sì poco caso. O bella Religione, se ti si disprezza, è ben perché non ti si conosce