L’AIFA non ha introdotto la RU 486 in Italia
Il 19 agosto ultimo scorso, affrontammo la problematica inerente all’autorizzazione concessa dall’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) alla commercializzazione della famosa pillola RU 486 in Italia. A distanza di circa un mese da quella decisione, l’Agenzia Italiana del Farmaco è nuovamente intervenuta sull’argomento rappresentando, che in Italia la RU 486 non è stata introdotta. Infatti, essa afferma : la direttiva Europea 2001/83, relativa all’immissione in commercio dei prodotti medicinali, impone che, dopo l’approvazione di un farmaco da parte di uno Stato membro, gli altri Paesi europei possano solo regolamentarne l’uso all’interno delle proprie leggi nazionali. Nel caso particolare di un farmaco abortivo le modalità di utilizzo devono essere dettate dalla legge nazionale che regola l’interruzione volontaria di gravidanza. Come noto, nel nostro Paese la legge in questione è la 194 del 1978. La richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio del Mifegyne (RU486), che era in uso in Francia da oltre 20 anni e successivamente è stato introdotto in quasi tutti i Paesi europei e in molti altri Paesi del mondo, è stata presentata in Italia nel 2007.La normativa europea consente, in assenza di normativa nazionale, che qualsiasi farmaco in commercio in un altro Stato membro possa essere legalmente importato ed utilizzato in tutta la Comunità con modalità diverse. Queste disposizioni hanno fatto sì che il Mifegyne (RU 486) fosse di fatto già utilizzato nel nostro Paese fin dal 2005. Il recente atto regolatorio dell’AIFA di fatto non ha quindi “introdotto” la RU 486 in Italia, bensì ha inteso regolamentarne l’uso con riferimento alla legge 194/78. L’iter in AIFA è quindi stato quello di recepire il dossier europeo da parte della commissione tecnica-scientifica e proporre le modalità di utilizzo in riferimento alla 194. In quattro sedute successive (da febbraio 2008 a luglio 2009) sono stati valutati i dati scientifici aggiornati ed i rapporti di sicurezza periodici forniti dall’EMEA o dal ministero. A questo punto la autorizzazione del CdA è diventato un atto dovuto poiché la normativa europea non consente deroghe su base nazionale alla decisione favorevole emessa dalla Commissione UE (marzo 2007, aggiornata a maggio 2009) in assenza di nuovi dati scientifici tali da imporre una revisione della procedura che coinvolge tutti gli stati membri. La compatibilità della proposta tecnica AIFA con la legge 194 sarà ovviamente oggetto di valutazione da parte degli organi competenti. La regolamentazione limitativa proposta dall’AIFA induce inoltre i seguenti effetti: Chiarezza nel fatto che diventerà illegale prescrivere al di fuori della 194 e importare il Mifegyne; Limite di utilizzo dovuto alla restrizione entro i 49 giorni di gravidanza, anziché gli attuali 63; Maggiore sicurezza per la donna, grazie al percorso in ambiente sanitario protetto ed allo stretto monitoraggio, anche mediante l’istituzione di un registro di utilizzo; Possibilità, per il medico di scelta, del metodo più idoneo alle caratteristiche cliniche della donna; Certezza che le eventuali complicanze derivanti dall’utilizzo del farmaco (definite “reazioni avverse”) vengano segnalate ed opportunamente valutate attraverso un piano nazionale di farmacovigilanza attiva; Consapevolezza per la donna dell’intero percorso dell’atto abortivo farmacologico, delle alternative (spiegate mediante il consenso informato) e dei potenziali rischi; Fine dell’illusione che l’interruzione medica della gravidanza sia un evento semplice, rapido ed economico. In conclusione, come evidenziammo nell’articolo precedente l’utilizzo di tale farmaco da parte delle interessate è un fatto di libera coscienza e pertanto ritengo che si possa esprimere un proprio pensiero ma non giudicare.