Antropologia sessuale: Riti ed amore

M.M.

Candele, musica, fiori, vino: questi elementi, lo sappiamo bene, li utilizziamo quando siamo innamorati. Ma candele, fiori, musica, vino sono pure la materia di cui sono fatti i rituali religiosi, i nostri riti più sacri. Da dove viene questa comunanza sorprendente, seppur raramente notata? E’ un semplice caso che la parola passione venga usata sia per l’esperienza sessuale sia per I’esperienza mistica? O esiste una connessione da tempo accantonata ma tuttora assai forte? Non può essere che il desiderio di tante donne e di tanti uomini per un sesso (inteso come qualcosa di bello e di magico) corrisponda al nostro impulso, lungamente represso, verso un modo più spirituale ma anche più intenso ed appassionato di esprimere il sesso e I’amore? Siccome ci hanno insegnato a pensare al sesso come a qualcosa di peccaminoso sporco, solleticante, lascivo, la possibilità che il sesso sia spirituale e\o addirittura sacro, può apparire scandalosa. E, ancor più singolare, è I’idea che i corpi delle donne possano essere sacri. Eppure esistono prove inconfutabili che per molte migliaia di anni, per un tempo molto più lungo dei 30\50 secoli di storia documentata, le cose stavano proprio così. Nelle tradizioni che risalgono all’alba della civilizzazione, l’apparato genitale femminile era venerato come “magica porta della vita”, dotata del potere della rigenerazione fisica, dell’ illuminazione e trasformazione spirituale. Ben lungi dall’essere considerato una “cosa sporca”, il “triangolo pubico” era la manifestazione sacra del potere sessuale creativo, non di ordine inferiore o carnale. Era un simbolo primario della potente figura nota nella successiva storia occidentale come la “Grande Dea”: la fonte divina di vita, piacere, amore.