“Di Pietro sotto inchiesta”
Messa così la notizia, andrebbero a ruba i giornali. Come è effettivamente accaduto il 9 settembre scorso allorquando il solito Feltri l’ha sparata a titoli cubitali. In realtà il vice procuratore della Corte dei Conti Pio Silvestri si è limitato a confermare l’indagine in corso dei magistrati contabili a carico dell’ex-PM di “Mani pulite”: “Sì, confermo. L’istruttoria è aperta. Altro però non posso dire”. E allora? A parte il clamore, dov’è la sostanza? Un’indagine è un’indagine e basta. Cioè la ricerca onesta e senza riserve mentali sulla fondatezza o meno delle accuse rivolte a Tizio o a Caio o a Sempronio. Se si volesse dare spazio alle centinaia di migliaia di indagini a cui siamo quotidianamente sottoposti noi italiani, non ci sarebbero giornali sufficienti a riportare la notizia. E, infatti, nessuno lo fa. Perché la notizia degli sconosciuti Tizio, Caio e Sempronio non interessa e, quindi, non ‘vende’. Per i personaggi pubblici è indubbiamente diverso, specie per quelli politici. Che, in quanto afferenti ad uno schieramento anziché ad un altro, sono costretti a subìre l’onta mediatica della primizia. E’ storia vecchia, alla quale restano affezionati gran parte dei giornalisti, a loro volta per questo pagati dai rispettivi padroni. Tornando all’”inchiesta” su Di Pietro, il tutto riguarderebbe ciò che il quotidiano milanese guidato da “Montanelli-2000” definisce “le stranezze della gestione finanziaria dell’Idv”. In particolare ci si interroga sui nominativi dei soggetti (o del soggetto) che avrebbero realmente percepito i fondi elettorali destinati al partito dell’ex pm. In via ipotetica, quel diavolo di Feltri (angeli o demoni se lo lavoreranno comunque allo spiedo nel suo giorno fatale) ipotizza che Di Pietro si sarebbe sostituito con altri due soci (un familiare ed un fiduciario) al partito. Se venisse confermato che questa associazione di tre soli soci si è davvero sostituita al partito allo scopo di richiedere prima ed incassare poi in sua vece i fondi pubblici assegnatigli e se a tutto questo i giudici contabili dovessero attribuire una responsabilità grave, allora sì che sarebbe comprensibile un can can mediatico. Farlo in anticipo, però, con i pregressi giudiziari tutti favorevoli a Di Pietro, rischia di lasciare l’amaro in bocca ai suoi ‘nemici’ elettori per quella che potrebbe rivelarsi una ennesima patacca giornalistica. Roba non da Feltri, naturalmente. Ma un titolo così eclatante appare necessariamente strumentale. Strumentale per fini di cassetta, con l’aggiunta di discreditare uno dei nemici acerrimi di Berlusconi. Checché se ne dica, datore di lavoro di Feltri. Il quale rivendica giustamente la propria indipendenza intellettuale e morale agli occhi del Cavaliere. Ma di fatto, condividendone gli orientamenti ideali, politici e borghesi, va da sé che non sia minimamente necessario consultarsi o telefonarsi per ottenere consenso alla divulgazione di siffatte notizie. Da questo punto di vista Berlusconi ‘gioca in casa’. Nel senso che, una volta selezionata la propria squadra, chi ne fa parte non deve fare altro che interpretarne pensiero, ideali e ‘desiderata’. Certo, il giorno in cui “Montanelli-2000” dovesse non condividere una impennata del Cavaliere, una qualsiasi sortita al di fuori dei canoni, se quest’ultimo, insomma, dovesse lui e non Feltri ‘segnare’ consapevolmente in ‘fuorigioco’, una manganellata mediatica non gliela toglierebbe nessuno. Di esempi ce ne sono a bizzeffe sin da quando l’attuale e prode direttore milanese guidava il suo “Libero”. Nella fattispecie di Di Pietro, però, lo ripetiamo, ci sembra che Feltri abbia un po’ calcato troppo la mano. Strumentalizzando in sostanza un’indagine che, messa com’è nel titolo, fa sì che la gente associ l’ex-pm ad un’inchiesta penale. Perché siffatti titoloni a questo servono in fondo. A stimolare il maggior numero di potenziali lettori all’acquisto del giornale. Perché quando un personaggio pubblico si ritrova al centro di una qualsiasi indagine, è facile fare cassetta. Anche se, poi, come nel caso in oggetto, chi sa leggere tra le righe si rende subito conto che è tutto un ‘bluff’. Rimanendo magari deluso che l’inchiesta sbandierata nel titolo non ha nulla a che vedere con quanto ci si aspettava. E’ pur vero che dalla Corte dei Conti ci si deve ben guardare. Come molti uomini di legge ci hanno spesso ricordato, in Italia l’unica magistratura effettivamente temibile e non aggirabile (nel senso dei cavilli, s’intende) è proprio quella contabile. Che, quando ti ‘aggancia’, non molla la presa, fino a stritolare i malcapitati di turno. E questo va da sé. Di Pietro lo sa e attende. Come ha giudiziariamente atteso tante volte, per esserne sempre uscito alla grande. Il riferimento è alle accuse rivoltegli nel passato, alle sue conseguenti querele, alle assoluzioni o alle archiviazioni che ne sono sempre seguite a suo favore. Di ciò bisogna dargli atto. Non a caso, quando nei giorni scorsi Corradino Mineo (RAI3) gli ha dato di buon mattino l’opportunità di discutere sulla attuale vicenda, l’ex-pm ci è andato giù duro, come al solito, chiarendo, per chi non l’avesse capito, la questione in corso nei suoi reali termini. Facendo, così, sfumare gli effetti mediatici della notizia-bomba (di carta). Una lancia la si spezzi anche a favore di Feltri, però. “Montanelli-2000” non appartiene certo a quella categoria di buoi dell’informazione che, talvolta, pascolano anche nei cosiddetti grandi giornali, magari relegati a vita nelle redazioni locali. In più di un caso, francamente, non comprendiamo come i rispettivi direttori o capi redattori non li buttino nella spazzatura. Forse perché si fa fatica ad individuare il tipo esatto di rifiuti di appartenenza: indifferenziata, carta o cartone, vetro, plastica, alluminio, umido o, più semplicemente, ingombranti. Giornalistucoli che, mettendo a rischio la reputazione di direttori ed editori, finiscono, prima o poi, sotto inchiesta civile e penale. Va a finire allora che, in questo paese di giustizialista a sangue caldo, al primo titolone appena appena ambiguo, anche uomini come Di Pietro, finiscono nel tritacarne del dubbio, del sospetto, della condanna pubblica anticipata. Mentre, specie nelle testate di periferia, ingrassano i Mr Beef della fantasia applicata alla notizia loro filtrata da ambizioni carrieristi, per un “do ut des” che produce sistematicamente frutti disonesti ed immeritati.
Non è la prima volta che Vittorio Feltri attiva una campagna stampa potenzialmente denigratoria nei confronti del capo di IDV.
Lo scorso anno, da direttore di Libero, fece altrettanto su una vicenda analoga e, una volta ottenute esaustive e documentate spiegazioni, ammise pubblicamente che tutto era in regola.
Il fatto che, da direttore del “Giornale”, riparta con un nuovo siluro rientra nella logica dello screditare pubblicamente una avversario politico.
Speriamo che il siluro finisca nel posto necessario!
Ai lettori eventuali le logiche deduzioni….
Ci sono quotidiani che sanno screditare meglio di quanto faccia Feltri con il suo Giornale
Sicuro,caro dott.Cennamo!
Nello specifico,però, mi sono solo limitato a narrare un fatto recentemente realmente accaduto.
Comunque, se la Corte dei Conti sarà in grado di evidenziare responsabilità, da militante di IDV sarò ben lieto di dare a Di Pietro un metaforico calcio nel sedere come lui ha fatto col figlio a suo tempo.
IL mio timore è che la Corte rallenti e ritardi l’esito dell’indagine, la qual cosa danneggia comunque chi l’indagine la subisce, anche se il dott. Di Pietro, a differenza dell’egocrate megalomane, si è sempre fatto processare senza problemi.
Comunque sappia che Feltri è in ottima compagnia : attendo infatti ocn ansia la prossima fatica letteraria di Filippo Facci che, pare, prefigura altre robuste silurate.
E’ il destino di chi non si allinea al bauscia di Arcore, ma attendo ansioso il tutto.
Saluti cordiali.
p.s. a proposito di Corte dei Conti : può mica dirmi se esiste un aggiornamento in merito all’inchiesta sui conti della giunta Villani?
Sembra che, sulla questione, sia calato un velo d’inquietante silenzio.