Barbie trans: quale divertimento?
di Rita Occidente Lupo
Quale identità femminile la Barbie trans? Esposta al Museo dell’erotismo di Barcellona. Il giocattolo della Mattel, che ha scortato generazioni di bimbe, oggi s’adegua ai tempi. Minigonne, top strizzanti seni voluminosi e tacchi a spillo. In Italia, Barbie trans dell’americano John Mc Kittrick. Una versione trasgressiva, per educare alla cultura del diverso. A scapito dell’armonico sviluppo della fisicità sessuata. Lo stilista americano aveva già creato Barbie gay dal nome Billy e Carlos, vestiti di cuoio e vernice. Ora la Barbie trans, dal nome Dolly Parton e Carmen Miranda. La presentazione americana, già avvenuta a New York, tra un comprensibile mare di polemiche. E anche in Italia l’idea di trasfigurare il mito delle bambine, in un prodotto così trasgressivo, tra un vespaio di contestazioni. Il suo ideatore, sostiene che il giocattolo scaturisca dal voler educare alla tolleranza verso la diversità. Assertore addirittura di un’ora d’educazione sessuale a riguardo nelle scuole. La notizia, sconvolgente, per l’infanzia, vista da sempre come l’età dell’innocenza e della spensieratezza. Momento di crescita, in cui si formano personalità, carattere, nell’esplorazione della propria sessualità. Secondo psichiatri infantili, il giocattolo trans non favorirebbe un corretto sviluppo della personalità, anzi comprometterebbe inevitabilmente l’affermazione della propria fisicità. Da sempre il mondo del gioco, luogo di divertimento e di trastullo. Ma anche occasione educativa, supportante ore di svago. La Barbie trans non solo smitizzerebbe l’emblema di una femminilità che, piaccia o no, è stata da sempre compagna delle bambine, nei panni favolistici di principessa, ballerina, ma addirittura inviterebbe ad un modello prostituivo attraverso un abbigliamento succinto: vertiginosi tacchi a spillo, canotte a pelle. Quale modello educativo in tale giocattolo? E che tipo di divertimento, scegliendo a compagna una bambola trans?