Il Beato Giovanni Duns Scoto e gli angeli

don Marcello Stanzione

 

  Il giorno 8 novembre la Chiesa ci fa celebrare la memoria liturgica del Beato Giovanni Duns Scoto. Giovanni nacque tra il 23 dicembre 1265 e il 17 marzo 1266 a Duns, in Scozia da cui prese il nome. Il soprannome Scoto gli venne attribuito all’università di Parigi, in ossequio ad un’usanza che soleva distinguere gli studenti secondo la provenienza geografica ( Scoto: della Scozia).Suo padre, Niniano Duns, lo mise da fanciullo a pascolare il gregge ma suo zio, padre Elia lo incoraggiò verso la vocazione religiosa francescana e lo introdusse nel convento di Haddington. Nel 1291 venne ordinato sacerdote e fece un viaggio di studi a Parigi e poi rientrato in Inghilterra si dedicò con grande impegno e competenza all’insegnamento teologico ad Oxford. Il teologo morì a Colonia, dove stava insegnando, l’8 novembre 1308. Giovanni Duns Scoto conosciuto come “doctor subtilís“, fu quindi un eminente teologo francescano che combattè energicamente l’eresia dei Begardi e delle Beghine. Essi costituivano un movimento libertario del XIII secolo, i cui adepti, sentendosi già in Paradiso su questa terra per intervento dello Spirito, si sentivano in possesso di uno stato di impeccabilità che li portava talvolta a lasciarsi andare a qualsiasi licenziosità sessuale. Tuttavia la fama di scoto lungo i secoli sarà legata specialmente al dogma dell’Immacolata Concezione da lui proposto teologicamente. Molti dei suoi insegnamenti sugli Angeli furono dati nei “Commentari alle sentenze di Pietro Lombar­do”. Le concezioni di Lombardo e di Scoto coincidono praticamente su tutti í punti sostanziali della dottrina angelologica. Anzitutto per Scoto i due mondi angelico ed umano ritrovano una profonda vicinanza, mentre san Tommaso d’Aquino li aveva ontologicamente distinti. Infatti l’oggetto della conoscenza umana e di quella angelica è il medesimo: l’essere reale e concreto nell’intuizione oppure l’essere universale e teorico nell’astrazione; l’essere è colto attraverso la “species intelligibilis” prodotta dall’intelletto. In tal modo si sottolinea primariamente la funzione del soggetto conoscente, piuttosto che la sua conformità all’oggetto reale. Da ciò segue che l’angelo possiede un’intelligenza attiva e conosce le cose concrete come l’uomo; il suo pensiero quindi procede in modo discorsivo e argomentativi, non solo contemplativo. L’unica differenza rispetto all’intelletto umano sta nella maggior chiarezza che la conoscenza angelica possiede, non nella sua maggiore universalità o comprensione. L’angelo inoltre può conoscere i pensieri segreti e gli atti liberi di un altro angelo, anche se questo li vuole nascondere. Per Scoto la volontà degli angeli è sempre libera. Per questa ragione gli angeli non compiono un solo atto di scelta immutabile, sia nel bene sia nel male, ma possono fare diverse scelte successive. I demoni, nella loro libertà, hanno commesso una serie di errori, di fronte ai quali potevano pentirsi; caduti nella dannazione, essi non hanno perduto questa libertà, propria della loro natura; tuttavia non possono ravvedersi, poiché non è concesso loro da Dio. Ugualmente gli angeli buoni possiedono la libertà naturale, anche se sono nella beatitudine; non possono però aumentare la loro gloria. Scoto poi ammette, contrariamente a Tommaso, la composizione di forma e di materia nella natura angelica; tuttavia afferma anche la loro spiritualità, poiché la materia, di cui è composto l’angelo, non è corporea ed è come assorbita dall’attività spirituale. Anche secondo questo profilo, non c’è grande differenza tra la natura umana e quella angelica, sono tuttavia specificamente distinte, nel senso che l’angelo costituisce una natura per se stesso, mentre l’anima umana è solo una parte della natura, poiché anche il corpo integra la medesima natura umana. In certo modo l’anima dell’uomo è come una parte della forma angelica. Inoltre Scoto ammette che una stessa specie può essere partecipata da molteplici angeli, perché ogni specie è comunicabile a diversi individui, altrimenti non sarebbe più universale, contrariamente a quanto affermato da san Tommaso.  Ulteriori questioni, tuttavia, vengono poste e risolte con una quantità di dettagli che, difficilmente, potrebbero riuscire interessanti alle menti odierne. Quasi ogni questione sugli Angeli viene posta e risolta con riferimenti a tutte le grandi personalità teologiche della Chiesa. Si trovano questioni come: “Se un Angelo può essere in un luogo?”, “se due Angeli possano essere nello stesso luogo e nel medesimo tempo?”. In conclusione tutte queste questioni e le relative argomentazioni ci dimostrano quanto concreti gli Angeli fossero per i più grandi pensatori della teologia cattolica e can quanta cura e dottrina venisse da loro discusso e considerata ogni aspetto dell’esistenza degli Spinti celesti. Oggi, il ricordare che le più eccelse menti dell’umanità abbiano dedicato molto del loro tempo e delle loro energie a riflettere sugli Angeli, mette in evidente sconforto nel pensare che, da parte di nume­rosi uomini di Chiesa, Vescovi compresi, il tema angelologico sia considerato letteratura fiabesca. Non sono gli Angeli lontano da noi, ma sono le menti poco intelligenti di molti a non considerarli nella loro importanza.