Il prezzo della giustizia (seconda parte)
Che un pedofilo del Levante ligure reo fuor d’ogni dubbio nei confronti di una bimba di sei anni (semplicemente perché incensurato) se la sia cavata con il pagamento di 40000 euro e nessuna pena detentiva (di fatto) è un fatto che ha lasciato qualche meraviglia, ma oggi, giorno dedicato a qualche lettura che non sia di Fisica, riapro con piacere un libro dello storico Georges Duby per abbandonarmi ad alcuni pensieri originati da questa sentenza: i delitti contro la persona e i delitti contro la morale. Se non ricordo male ce n’è voluta perché la violenza sessuale fosse considerata, in Italia, “delitto contro la persona”, mentre non c’è voluto molto per i nostri governanti riscoprire che, pagando, si può estinguere un “illecito penale” più o meno come nel medioevo. XI. 27. Chi violenta una monaca. Chiunque violenti una monaca è gettato da un’altura nel caso si possa catturarlo; altrimenti paga cinquecento pezzi dei propri averi. È evidente che è scontato il fatto della non cattura: la violenza su una religiosa è estinta con 500 pezzi dei propri averi e, sarebbe interessante sapere, a quanto ammonterebbe in “soldoni” questa profanazione del corpo di una donna e per di più di un ordine religioso. XI. 32. Chi ruba i vestiti di una donna nuda. Chiunque rubi i vestiti di una donna che sta facendo il bagno, o spogli una donna dei suoi vestiti, paga trecento pezzi; qualora neghi e la postulante possa provarlo, presterà giuramento contemporaneamente a dodici vicini e sarà creduto; fa eccezione la pubblica puttana che non ha diritto ad alcun risarcimento in denaro, come è già stato detto sopra. L’insulto ad una donna che non è della città (siamo a Cuenca nella cattolicissima Spagna del 1189) era punito con una inezia monetaria ed un atto formale di giuramento, ma la violenza e l’insulto alla “pubblica puttana” non era per nulla un reato. Ma è meraviglioso trovare ai codici XI. 34 e XI. 35 che amputare i seni a una donna aveva la stessa gravità di tagliare le gonne di una donna. In ogni caso chi poteva pagare 200 maravedì era a posto … Ma i bagliori infernali si vedono nei codici XI. 42 e XI. 44 riguardanti “quelle che conoscono le erbe e gli incantesimi” e le “mezzane”: qui la donna era bruciata viva (ovviamente dopo avere confessato) o nel caso in cui fosse così “ostinata” dal non confessare il suo crimine era sottoposta alla “prova del fuoco” (difficile non ustionarsi le mani passeggiando con un ferro rovente tra le mani) e dopo le ustioni, ovviamente, il rogo. Qui non c’era denaro per espiare la pena in modo “soft”. Il “condono” e lo “scudo fiscale” devono attendere il XX e il XXI secolo. XI. 48. La donna che è sorpresa con un infedele. La donna che è sorpresa con un moro o con un ebreo: entrambi saranno bruciati vivi. XII. 28. Colui che sarà sorpreso in sodomia. Colui che sarà sorpreso in sodomia sarà bruciato vivo. (omissis). Finalmente una norma che riguarda anche un uomo (fin’ora avevo trovato un florilegio di delitti contro la morale aventi come protagoniste o ree solo donne. E se qualcuna delle norme era diretta a “protezione” della donna bastava al reo pagare e tutto era a posto. Una donna non poteva pertanto invaghirsi di un moro o di un ebreo e un uomo non poteva essere omosessuale. Queste “devianze” erano un delitto contro la morale punito con il rogo e senza altre possibilità di espiare una colpa così nefanda! Mi dispiace non avere trovato in questo splendido libro di Georges Duby come venivano puniti i pedofili, e i preti pedofili. Per tutti i codici trovati (e sono molti) il delitto contro la “morale” (la morale cattolica dell’epoca) era punito con il rogo; per il delitto contro la persona (occhi cavati, uomini castrati, arti mozzati, donne violentate e quindi puttane) era sufficiente pagare dai due ai 300 maravedì e tutto era a posto … Il guaio è che questa visione giuridica del problema permarrà a lungo negli stati a religione monoteistica. Ai miei occhi di profano appare evidente che le religioni monoteistiche hanno insita una profonda misoginia. Ma il passare dei secoli ha trasformato ed illuminato poco le coscienze e a tutt’oggi è incomprensibile (almeno per me) come mai, tra noi peccatori, omosessuali e lesbiche siano ancora discriminate da qualche integralista che ha letto un po’ troppo di fretta il passo di quell’Illuminato che umilmente sostenne: “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Ancora oggi l’integralismo musulmano porta a scagliare pietre contro una donna colpevole (forse) nella morale e meno male che altri “integralismi” non hanno più potere tranne quello di scagliare strali, anche piuttosto ingenui, contro il “gay pride”. E mi chiedo: chi è saldo nelle proprie convinzioni morali ha davvero bisogno di monetizzare il male o di giudicare il bene?