La controversa realta’ dell’aborto

 Giovanna Rezzoagli

In Italia l’interruzione volontaria della gravidanza, nota in termini medici con l’acronimo IVG, è stata legalizzata e regolamentata il 22 maggio 1978 con l’entrata in vigore della legge 194. Comunemente nota come “aborto volontario”, l’IVG si pratica in ambito ospedaliero, mediante una procedura chirurgica di tipo invasivo. Negli ultimi mesi al classico approccio chirurgico si è prospettato anche in Italia, tra moltissime contestazioni, l’affiancamento di una nuova metodologia farmacologica. Il mifepristone, noto come RU-486, è il farmaco in grado di provocare un aborto, e non va confuso con il levonorgestrel, la cosiddetta “pillola del giorno dopo” che blocca l’ovulazione entro le successive settantadue ore dopo l’assunzione, impedendo un eventuale concepimento. L’obiezione di coscienza in Italia è prevista per i medici, che possono rifiutarsi di effettuare un aborto o di determinarlo attraverso la somministrazione della RU 486, ma non possono esimersi dal prescrivere “la pillola del giorno dopo”, in quanto la stessa, proprio in base al meccanismo con cui agisce non può essere considerata in alcun modo abortiva. Questa è, per sommi capi, la situazione legislativa attuale nel nostro Paese. La tematica dell’aborto diventa estremamente complessa se approcciata dal punto di vista etico e morale, nonché da quello sociale ed individuale. Molte donne, specialmente tra le immigrate ma non solo, ricorrono alla pratica abortiva come metodologia per il controllo delle nascite e la pianificazione familiare; i dati più recenti sembrano evidenziare che questa tendenza è in diminuzione negli ultimi anni, ma pur sempre risulta essere un risvolto significativo. In molti Paesi stranieri l’aborto è considerato legale sempre quando viene praticato per salvaguardare la salute della madre (ad esempio un’eccezione è data dal Nicaragua, ove l’aborto non è in alcun caso legalmente previsto), in altri, tra cui l’Italia, è possibile abortire anche su richiesta entro il primo trimestre di gravidanza. Ma cosa spinge una donna verso una scelta così definitiva? Ovviamente ogni persona ha la propria esperienza ed il proprio vissuto e generalizzare sarebbe un grave errore oltreché una manifestazione di superbia imperdonabile, è però possibile ipotizzare che, in pressoché la totalità dei casi una gravidanza interrotta avrebbe potuto essere prevenuta. Nel momento in cui un test di gravidanza risulta positivo, è già tardi. Adesso la discussione sull’aborto è focalizzata sul “come” e ancora una volta non ci si pone il problema del “perché”. I consultori familiari sono presenti su tutto il territorio, ma una buona ed efficace strategia di informazione e prevenzione non può basarsi sull’assunto che sia la donna ad informarsi e a chiedere. Specialmente in un momento in cui il sesso viene banalizzato e svilito, si avverte a livello sociale l’importanza di attuare concretamente progetti che aiutino le persone a crescere e a maturare. Finché un figlio rischia di essere considerato come un incidente, il frutto indesiderato di comportamenti non pienamente consapevoli, l’aborto continuerà ad essere richiesto. Da distinguere la situazione drammatica di una gravidanza frutto di violenza, è fondamentale comprendere la funzione della pillola del giorno dopo. Da sfatare anche il falso mito che l’aborto sia sempre una scelta dolorosa, a volte è una scelta, punto. La legge prevede l’aborto ed ogni considerazione di natura etico-morale è giusto pertanto che sia personale e rispettata, ma dal punto di vista sociale una riflessione sulla prevenzione che resta latitante, specie tra i giovani, ed una sui modelli comportamentali inneggianti all’usa e getta attualmente “in voga”, credo siano quantomeno doverose.