Natale con la “Crisi”
Natale 2009: un altro anno è trascorso, tra l’indifferenza quotidiana della gente verso i bisognosi, non soltanto i poveri (di spirito o materialmente…); Natale: tempo di essere “più” buoni (ma quanti lo saranno realmente?); Natale, un modo di sperare in quell’Infinito (oggi e non solo) mancante, diremmo quasi “parziale”, quell’Infinito che è Dio ed egli soltanto può riempire – al posto di tanti “palliativi” – la nostra esistenza, la vita coi fratelli e con chi soffre, chi ha qualche difficoltà.Natale con la (cosiddetta) “crisi”, che altro non è se non un momento, un modo di migliorarci, riflettendo sul senso, sul significato profondo della vita, pellegrinaggio verso una Meta, una Realtà ultima migliore: quella del Cielo. Non che i problemi e le difficoltà non vi siano – a Natale come durante tutto l’anno – nel mezzo di tale temperie economica e sociale (ma a nostro avviso anche culturale), di questa “crisi”, ma è o sarebbe opportuno fare un esame di coscienza, qualche passo indietro nel pensare al consumo sfrenato che se non vi fosse stata appunto la “crisi” chissà dove ci avrebbe portato, dove avrebbe condotto noi, gli Occidentali (e non solamente) ricchi (una minoranza), che irridiamo la maggioranza dei popoli che soffrono la fame e sono vessati dalle malattie e sprechiamo sempre di più: la domanda sorge spontanea – diceva qualcuno in televisione – per chi e per cosa sussiste la “crisi”?, e ancora: esiste davvero tale “piaga”? Non sarebbe meglio ridurre consumi e sprechi ascoltando una volta tanto la voce del cuore (se non è di pietra) e percorrendo – finalmente – la via del Vangelo, in umiltà e letizia?Perché, almeno a Natale, non pensare realmente, seriamente a Cristo venuto in mezzo a noi da povero, eppure re e Signore dell’universo (22 novembre, prima dell’Avvento con cui inizia il nuovo anno liturgico: solennità del Cristo sovrano di tutte le cose), che ci comanda di amarci e di rispettarci tra noi umani, nonché di seguirlo senza alcuna remora e abbandonando non solo lavoro e denaro ma anche le nostre certezze? E come non pensare, poi, che in questo stesso periodo di difficoltà economiche e sociali, nonché – come detto – culturali il Comune di Salerno (un esempio tra i tanti, senza volere attuare polemiche e/o strumentalizzazioni né politiche né di parte) spende in luminarie e nell’albero natalizio più alto d’Italia un sacco di soldi che potrebbero benissimo essere destinati alla beneficenza o ad opere di socializzazione per meno abbienti e – perché no? – alle svariate mense per i poveri presenti in città? Comunque, al di là di questo, certamente l’immagine di una cittadina, grande quale Salerno, ha bisogno di essere rafforzata, evidenziata, messa al centro dell’attenzione, e questo è pure giusto, ma non si dovrebbero – a nostro modesto parere – sprecare tanti soldi che poi sono i proventi dei “poveri” contribuenti, anche appunto volendo giustificare l’immagine e la “faccia buona” di Salerno come anche delle altre cittadine della Campania e dell’Italia intera.Il senso di questa “festa” (!), da molti giudicata la più intima, lieta e bella dell’anno, assieme o forse più della Pasqua, è cambiata molto – a nostro avviso – durante questi ultimi anni, ricchi della già citata “crisi”, che è anche “sovvertimento” di valori, cristiani e autentici, che vengono inopinatamente cancellati: non è di molto tempo fa, è della più recente attualità, la notizia dello “scandalo” della croce (“la parola scandalo” è intesa nell’accezione letterale e biblica del termine, come dicono i sacerdoti e significando “pietra di inciampo”) per la sentenza della Corte Europea contraria alla presenza del crocifisso, simbolo della “stoltezza” di Dio ma anche della nostra identità e delle nostre radici, della dignità italiana e non soltanto, nelle aule scolastiche, negli uffici e nei luoghi pubblici in generale.Ebbene, nella civilissima Europa ed in Italia particolarmente succede anche questo: la stessa Italia è divenuto un Paese che non accoglie i rifugiati, ritendendoli clandestini; elabora leggi sempre più ad personam, si sta insomma scristianizzando, anche coi continui attacchi alla presunta “ingerenza” negli “affari” sociali da parte della Chiesa, una delle pochissime istituzioni che ancora “osa” alzare la voce per difendere i deboli, le categorie più umili, indifese e in soccorso dei valori e degli ideali, dei diritti della persona e della società stessa.Così, come pensare alla festività più sentita dell’intero anno se il consumismo di cui sopra ci abbaglia gli occhi, ci ipnotizza, ci culla dolcemente e ci crogiola nelle nostre pigrizie, nel nostro torpore?Se vogliamo veramente rivivere la “magia” del Natale dobbiamo necessariamente raddrizzare i “sentieri” del Signore, appianando le colline e le alture della nostra superbia, come raccomandato nel Vangelo di questi santi giorni; altresì occorre divenire piccoli e umili per farci come il Cristo Bambino, nato in miseria in una umile mangiatoia e venuto per promettere un Regno di Pace e non invece di guerra come i domini dell’uomo.