L’importanza del clima di ascolto nel mondo che cambia

Giuseppe Lembo

Manca, nel nostro Paese, quel clima di ascolto necessario per ogni società civile e democratica. Di fatto c’è un vero e proprio clima di non libertà; in tanti, per evitare il disagio di un difficile parlare agli altri, preferiscono non parlare. Si assiste alla crescente incapacità di agire in proprio da parte di una classe politica non all’altezza; poco preparata, è sempre più incerta nell’assunzione delle proprie responsabilità. Politici immaturi ed incapaci. Che disastro per l’Italia di oggi e soprattutto per il futuro di questo nostro Paese! C’è una profonda crisi del vivere insieme ed un assoluto vuoto di rappresentanza in difesa di quei valori che servono all’uomo, alla società ed all’umanità sempre più in crisi, proprio in virtù della crescente crisi dei valori. Siamo di fronte ad un pericoloso vuoto di rappresentanza; un quasi vuoto totale. La maggior parte delle scelte che riguardano la quotidianità della gente, vengono calate dall’alto. Nella società italiana mancano i valori condivisi; quelli autentici e fondamentalmente laici. Oggi si fa tanta fatica a creare rapporti con gli altri. È dilagante il fenomeno di un relativismo basato sul vivere alla giornata, in preda alle proprie emozioni, alle proprie attese di vita. In questa situazione di profondo malessere, di vuoto di umanità, oltre alle diffuse sofferenze sociali è crescente anche la crisi dell’etica condivisa che riguarda l’identità personale, messa all’angolo da un relativismo mordi e fuggi che sta provocando danni enormi all’uomo ed alla società di riferimento, dal locale al globale, alla cui base ci sono saperi e conoscenza ed un forte impegno di crescita delle risorse umane; il tutto, è in forte contrasto con il mondo globale, per il quale la prima grande risorsa che è l’uomo, deve sapersi gestire, saper gestire gli eventi e con gli eventi i processi. Oggi più che mai l’uomo che fa parte del mondo globale non può sbagliare; non può assumere decisioni cervellotiche in contrasto con le regole a base del bene comune universalmente inteso. C’è bisogno di senso di responsabilità e di un’etica condivisa che appartiene alla globalizzazione ed all’uomo globale, il cui agire ed il cui protagonismo non deve creare conflitti, ma un’armonizzazione del fare e di uno stare insieme fortemente solidale. Chi si pone in atteggiamenti diversi può, commettere azioni da crimine per l’umanità, ostacolando di fatto quel cammino umano che è basato sulla condivisione e sul protagonismo solidale dello stare insieme. Si tratta di un passaggio epocale di grande rilevanza; alla base c’è questa rivoluzione umana che porta a considerare l’uomo, cittadino del mondo, appartenente ad una società-mondo, dove tutti, per il bene comune, devono saper agire da attivi protagonisti, consapevoli e responsabili del proprio ruolo, sempre più necessario a se stessi ed al mondo globale, il grande motore della storia del Terzo Millennio, fatta dagli uomini per gli uomini, nel rispetto della Terra-Stato, per troppo lungo tempo, usata ed abusata dall’uomo carnefice e/o vittima, della Storia – potere, della Storia – privilegi, della Storia – violenza ed olocausti conosciuti o dimenticati ed ancora oggi presenti in tante parti del mondo, dove non c’è alcun rispetto per l’uomo e dove, mancando il clima di ascolto, si commettono atti di violenza e di barbarie che, in quanto crimini dell’umanità, anche se non gridano vendetta devono diventare patrimonio comune della memoria collettiva, affinché non accadano ma i più. I modelli del passato legati ad un agire confuso ed indeciso non funzionano più; sono sempre più in crisi. Con l’inizio del Terzo Millennio, avanza nel mondo, il grande progetto di globalizzazione umana. La globalizzazione richiede ovunque una capacità assoluta di funzionamento del sistema in tutti i settori ed in tutti gli apparati.Quelle situazioni che da sempre hanno avuto alla base sistemi ed apparati inadeguati sono fuori dall’efficienza richiesta dal mondo globale. In tale situazione crescono, purtroppo, le differenze. Tanto, succede per colpa di quell’arretratezza ormai endemica e che non ci si vuole scrollare di dosso, sia dal punto di vista antropico-culturale, sia dal punto di vista organizzativo, dove il sottosviluppo culturale è una condizione del più generale e consolidato sottosviluppo umano e territoriale. Un esempio in tal senso è il Mezzogiorno d’Italia, dove la crisi umana determina altrettanta crisi nel funzionamento della società che diventa malasocietà e degli apparati produttivi che diventano apparati simbolo di sottosviluppo. Quando il sistema è marcio, perché la sua gestione dirigenziale è marcia e/o comunque inadeguata, arretrata e quindi inefficiente, bisogna fare interventi finalizzati al cambiamento radicale; gli aggiustamenti sono solo pannicelli caldi che non producono gli effetti di uno sviluppo consapevole e duraturo.