Il Natale visto da San Francesco d’Assisi
don Marcello Stanzione
Francesco nato ad Assisi nel 1181 da famiglia benestante di commercianti di stoffa, dopo una giovinezza scapestrata nel 1205 si convertì al messaggio di Cristo in modo radicale decidendo di rinunciare a tutti i beni materiali del padre Pietro Bernardone e si spoglia dei suoi abiti di fronte al vescovo e a una grande folla. Insieme ad altri giovani, sceglie di indossare un saio di tela di sacco stretto in vita da una corda, come i mendicanti. Così si forma l’Ordine dei Frati Minori. Il messaggio di frate Francesco è gioioso e coinvolge anche la natura e gli animali. Infatti l’amore verso il creato lo porterà a comporre il “Cantico delle creature”. Francesco provato dai digiuni, quasi cieco con le stimmate ai piedi e alle mani, è stato un uomo che ha saputo cambiare il corso della storia con l’amore che ha portato a Cristo. Nel 1210 papa Innocenzo III ne approva la regola e nel 1212 la giovane Chiara, sua amica fedele, fonderà il ramo delle Clarisse. La morte lo coglie il 3 ottobre 1226 e due anni dopo è canonizzato da dal papa Gregorio IX e viene tumulato ad Assisi nella basilica a lui dedicata, dove è venerato come patrono d’Italia. Il suo biografo fra Tommaso da Celano afferma che per Francesco la festa di Natale era certamente la più bella perché egli in quella data ricordava, come affermava: “ il giorno in cui Dio fattosi bambinello s’era nutrito con il latte di una donna”. A tale riguardo egli aveva composto questa orazione: “ E ti rendiamo grazie, perché hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre Vergine beatissima santa Maria…”. Un giorno a mensa ascoltando un frate che rievocava l’estrema povertà della Madonna e di suo Figlio nella stalla di Betlemme, si alzò da tavola e andò a terminare il suo pasto sulla nuda terra per onorare “ la regale povertà” di Maria e di Gesù. Il santo desiderava che a Natale ogni credente esultasse nel Signore e diceva: “ Se io potessi parlare all’imperatore, vorrei pregarlo di emanare un comando generale, perché tutti coloro che lo possono, spargano per le vie frumento e granaglie nel giorno del Natale, sicchè in quel giorno di tanta solennità gli uccelli abbiano tanto cibo, in abbondanza…”. San Francesco era stato in Terra Santa e conservava tantissimi ricordi di quei luoghi. Due settimane prima del Natale del 1223, Francesco mandò a chiamare il suo amico Giovanni Velita, signore di Greccio nella zona di Rieti che possedeva un’alta montagna a picco, tutta traforata da grotte e coronata da boschi. Sembrava a Francesco che quel luogo fosse adatto per l’attuazione di un particolare progetto che da tempo portava in mente. Il santo così si rivolse al ricco amico: “ messer Giovanni, se tu vuoi aiutarmi, noi possiamo celebrare quest’anno, il più bel Natale che si sia veduto…In uno dei tuoi boschi, intorno all’eremo di Greccio, c’è una grotta simile a quella di Betlem. Vorrei raffigurare al vivo la scena del Natale, e vedere con gli occhi del corpo la povertà in cui Gesù Bambino venne al mondo, e come fu adagiato in una greppia e come vi giaceva tra il bove e l’asinello”. Nella notte di quel Natale, ai frati si unirono i contadini del luogo, portando torce e ceri per illuminare la notte. Tutti s’incamminarono verso la grotta. In essa c’era la greppia con la paglia, e sopra di essa una pietra per celebrare l’eucarestia che fu celebrata da un frate sacerdote e Francesco che era voluto rimanere solo diacono, cantò il vangelo che poi spiegò al popolo con grande commozione. Quando Gesù fu presente sotto i veli eucaristici, messere Giovanni Velita ebbe l’impressione di vederlo vivo nella greppia, addormentato. La greppia vuota fino a quell’istante, aveva dunque il suo fiore di carne. Frate Francesco gli si avvicinò dolcemente, e prendendolo fra le sue braccia, lo svegliò, e ne ebbe in cambio carezze sul suo viso. Il santo, con la celebrazione del Natale organizzata in tal modo, era riuscito a vedere la massima povertà e l’estrema umiliazione del Figlio di Dio, collegandolo con la sua venuta a Betlemme con la discesa sacramentale sull’altare della Santa Messa. San Francesco volle accostare la celebrazione di Greccio al Natale che quotidianamente si celebra nell’Eucarestia: “Vedete –ricordava nelle sue Ammonizioni- ogni giorno il figlio di Dio si umilia, come quando dalla sua sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato, e come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua carne, ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che egli era Dio, così anche noi con gli occhi del corpo, vediamo e fermamente crediamo che il suo santissimo corpo e sangue sono vivi e veri” Francesco non dimenticò mai Greccio e quando ne parlava “ soleva dire tutto felice ai frati: non esiste una grande città dove vi siano convertite al Signore tante persone quante ne ha Greccio, un paese così piccolo…”. Dobbiamo quindi a san Francesco la realizzazione del primo presepe della storia che diffuso da principio grazie ai missionari francescani divenne presto espressione tipica della spiritualità cattolica del Natale.