Fondovalle Calore: la strada maledetta
Qualche giorno fa in un precedente articolo parlando dell’appalto per la copertura del mercato di Torrione accennai anche all’eventualità che potesse saltare l’appalto per la costruzione del primo lotto della famigerata Fondovalle Calore, vera genitrice della tangentopoli salernitana degli anni ’90. Indicai anche la causa nella traballante situazione economico-finanziaria della Coger spa, presente nelle ATI dei due importanti appalti. Il 2 gennaio scorso la conferma autorevole da parte dell’assessore provinciale Marcello Feola che parla di imminente revoca dell’appalto dopo che l’ATI (Coger-Rai.Cal ed Edrevea) ha disatteso la diffida assessorile del 27 giugno 2009 per la ripresa dei lavori. Insomma la vicenda della Fondovalle Calore è una telenovela infinita, una storia maledetta senza fine. Una storia che, nonostante un clamoroso e contraddittorio processo, consente ancora oggi di distribuire prebende e parcelle dorate, Con una sola sostanziale differenza, oggi la magistratura non interviene. Eppure la Fondovalle è stata riprogettata (almeno sulla carta) e tanti tecnici hanno incassato le relative parcelle, mentre politici ed amministratori hanno continuato a prelevare gettoni di presenza per i tantissimi, interminabili quanto inutili consigli comunali, consigli della comunità montana e convegni vari. Ma la Fondovalle, la strada che nei sogni socialisti doveva fungere da raccordo tra Eboli,Piana del Sele, Atena Lucana e Vallo di Diano e diramazione verso Vallo della Lucania, è ancora ferma lì, alla prima pietra, così come avvenne nei primissimi anni ’90. Pensate, senza quella devastante inchiesta giudiziaria, la Fondovalle sarebbe stata già realizzata e forse avrebbe reso del tutto inutile l’ampliamento dell’autostrada Sa-Rc almeno nel tratto Eboli-Atena che è uno dei più difficili di tutto il percorso. Ovviamente si sarebbero risparmiati milioni e milioni di euro. Ma tant’è, la giustizia doveva pure fare il suo corso, anzi il suo percorso. Quella storia giudiziaria è talmente complicata e complessa che non la si può condensare in due parole così come ha fatto il collega Oreste Mottola su “Il Mattino” del 2 gennaio scorso scrivendo: “Nel primo capitolo protagonisti gli inquirenti salernitani che accusano gran parte del mondo politico locale. Maxiparcelle per aver fatto parte della commissione giudicatrice dell’appalto e vere e proprie tangenti. Molti i condannati e diversi i patteggiamenti”. Solo per un aspetto quella storia può essere sintetizzata in poche battute: “Mise in evidenza gli uomini veri da quelli definiti quaquaraquà”. La vicenda partì da una lettera-denuncia di un noto avvocato ambientalista salernitano (amico più per convenienza che per desiderio di giustizia di un sostituto) e fu eclatata in maniera parossistica dal pm Michelangelo Russo al quale, poi, si affiancarono Vito Di Nicola e Luigi D’Alessio. Esplose pubblicamente il 23 luglio 1992 con l’arresto di sei importanti personaggi: Pasquale Iuzzolino (sindaco democristiano di Sicignano degli Alburni), Giuseppe Parente (sindaco pdiessino di Bellosguardo), Pasquale Silenzio (già sindaco di Eboli e segretario della Comunità Montana Alburni), Mario Inglese (ingegnere capo della Fondovalle), Raffaele Galdi (progettista e direttore dei lavori Fondovalle) e Vittorio Zoldan (titolare di una delle tre imprese appaltatrici facenti parte dell’ATI). Seguirono numerosi altri arresti e decine di avvisi di garanzia; alla fine di quell’onda anomala si contarono 13 arresti e 31 rinviati a giudizio. Ed ancora, il 13 ottobre 1993 iniziò il processo dinnanzi alla 1^ sezione penale presieduta da Giovanni Pentagallo; la sentenza fu pronunciata la sera del 23 febbraio 1994 proprio il giorno in cui veniva liberato l’architetto Giovanni Giannattasio che in tanti indicarono come la “gola profonda” del processo Trincerone, un’altra pietra miliare della cosiddetta “tangentopoli salernitana”. Visto, due battute proprio non bastano per sintetizzare una vicenda così intricata. Ma andrei troppo lontano, il racconto di quanto accaduto in quegli anni nella nostra provincia è molto lungo. Per rimanere sulla notizia odierna della Fondovalle va espressa un’ultima considerazione. Quella stagione furibonda ha cambiato soltanto alcuni politici ed ha determinato la morte fisica di diversi protagonisti, ma gli imprenditori e gli amministratori sono rimasti sostanzialmente gli stessi.
Fondovalle Calore. Un incubo che ritorna, una storia controversa avvolta da troppe ombre e troppi misteri. Una vicenda da cui parte la “finta” tangentopoli salernitana, fatta di calugne e ingiustizie che hanno lasciato in molti di noi un vuoto incolmabile. Ha pagato chi non doveva, gli altri sono rimasti al proprio posto… Chissà perchè… Ai posteri l’ardua sentenza
Aldo Bianchini ha ragione solo quando dice c he una storia così complessa non può essere liquidata in poche e sommarie battute. Le mie e le sue, però. Le mie stanno in pezzo che parla d’altro (l’attuale situazione di stallo dell’opera) e che ha colmato uno strano silenzio calato sull’argomento. Quell’articolo ha avuto il merito di aver costretto gli addetti ai lavori a tornare ad interessarsi alla questione. Il 23 gennaio, per esempio, Cirielli sarà a Castelcivita per un convegno sull’argomento. Su Facebook è in corso una vera e propria mobilitazione popolare. La gente della Valle vuole sapere. Il resto della ricostruzione di Bianchini ha tratti da storia controfattuale che , come è noto, è un genere letterario. Con l’occasione saluto il collega.
Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com
La Fondovalle Calore e’ legata alla storia politica della nostra terra. Nasce con l’intento concreto di riqualificare quei paesi della Valle del Calore sempre troppo distanti, tagliati fuori, abbandonati al proprio destino. Dopo lunghi anni di immobilismo, iter giudiziari e storie personali amare legate a politici e tecnici coinvolti nella vicenda, ogni commento rivolto al passato ha il sapore della polemica. Bisogna guardare avanti, alle nuove prospettive. Mobilitarsi affinche’ le istituzioni preposte si impegnino ad iniziare i lavori, si spera nel rispetto dell’ambiente e soprattutto ad ultimare la tanto attesa opera pubblica.