Il bamboccione e l’ orfano
Dopo la sentenza emanata da un giudice del tribunale di Bergamo che obbliga un padre a corrispondere un assegno mensile alla figlia trentaduenne studentessa fuori corso da otto anni, nullatenente e nullafacente, si è nuovamente innescato il dibattito sull’italianissima questione relativa ai figli “bamboccioni”. Nel 2007 fu l’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa a coniare questo termine vagamente folkloristico, per indicare tutti quei figli ormai anagraficamente adulti che risultavano recalcitranti all’idea di abbandonare la casa dei genitori, oggi è l’attuale Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta a riprendere il concetto e a rinfocolare la polemica. La questione oggi trova terreno fertile a causa della difficile congiuntura economico-sociale che, lungi dall’essere un mero tentacolo psicologico della pandemica crisi, affligge ed amplifica le distanze tra gli italiani benestanti e quelli che benestanti non sono. Al di là delle considerazioni morali e giuridiche su questo caso e su altri simili, sulle fin troppo scontate osservazioni sociologiche su questo inquietante fenomeno che in termini tecnici si chiama “Prolungamento della fase neotenica”, ovvero un abnorme dilatarsi del periodo in cui i figli necessitano delle cure genitoriali, questa storia comunque amara offre lo spunto per un’osservazione su di una normativa che nel nostro Paese traccia una linea di demarcazione netta tra bamboccioni e coetanei meno fortunati. In pochi la conoscono, se non gli addetti ai lavori e coloro che si sono trovati a vivere “al di là del confine”. In Italia i ragazzi che restano orfani prima della maggiore età possono godere della pensione di reversibilità dei genitori sino al ventiseiesimo anno di età, a patto che siano studenti, anche fuori corso. Con la sentenza 459/2008 la Corte dei Conti della Toscana ha affermato il principio secondo il quale compete la pensione di reversibilità anche all’orfano maggiorenne che al momento della morte del dante causa era fuori corso e fino al compimento del 26° anno di età. Gli orfani non si possono permettere di essere bamboccioni, prima perché non hanno nessuno che li possa concedere il lusso di non crescere, secondo perché per loro lo Stato non prevede eccezioni. Oggi alla trasmissione “La vita in diretta” è stata trasmessa un’intervista ad un quarantenne che ha tranquillamente raccontato di vivere con i genitori e di ricevere da loro 1500 euro al mese, di non far nulla nella sua vita se non alzarsi tardi e giocare a poker on-line, ha anche raccontato di aver imparato a rifarsi il letto durante il servizio militare ma di non avere l’esigenza di applicare questo suo apprendimento perché ci pensa la sua mamma. Mi permetto di provare pena per questo uomo, che per pudore non si è mai fatto riprendere in volto dalle telecamere, e per i suoi genitori che hanno messo al mondo un futuro infelice. Io rimasi orfana di entrambi i miei genitori nel 1990, quando avevo diciassette anni, ho percepito la pensione di reversibilità per i due anni in cui sono stata iscritta all’Università e poi punto. Nessuna agevolazione nel ricercare un lavoro, nulla, come mi risulta essere anche oggi. In una Italia in cui si aiutano, giustamente, gli ex detenuti e gli ex tossicodipendenti a trovare un posto di lavoro, agli ex figli non spetta nessuna agevolazione, o almeno non spettava nel 1992. Nessun limite di età per conquistare l’autonomia dai genitori per i bamboccioni dunque, ma per chi i genitori non li ha più il limite esiste, eccome. Oggi, da trentaseienne che si può permettere il lusso di dire grazie a due genitori che mi hanno reso adulta nei diciassette anni in cui mi sono stati accanto, mi ritengo mille volte più privilegiata della mia quasi coetanea che riceverà l’assegno da suo padre, e centomila volte più fortunata del quarantenne che ha la mamma che gli rifà il letto ogni mattina.
Articolo molto ben fatto. Complimenti! Come si potrebbe, poi, non condividere la conclusione?
Gentilissimo Prof. De Luca, grazie per l’attenzione e la considerazione. La parte finale la si può condividere o meno, dipende, io credo, dal proprio vissuto. Tre mesi dopo la morte di mia madre e due mesi prima di quella di mio padre divenne “celebre” in Italia Pietro Maso, per aver ucciso ambedue i suoi genitori per ereditare i loro averi Se non ricordo male all’epoca era appena diciottenne e divenne famoso anche per il fatto di aver ricevuto molti messaggi di solidarietà e persino di plauso da parte di altri giovani. Sono passati vent’anni e il non più giovane Maso è recentemente tornato libero, e tutti i suoi “fan” che fine avranno fatto? Ecco, io credo che alcuni di loro, se mai si trovassero a leggere non condividerebbero affatto la conclusione. Cordialmente.
Giovanna Rezzoagli
“Mi permetto di provare pena per questo uomo”
Anche io proverei pena e schifo per quell’uomo, se fosse una storia vera. Provo pero’ piu’ pena per chi prende per oro colato le panzane che trasmette una trasmissione spazzatura come “la vita in diretta”, anzi provo anche un po’ di schifo per chi e’ capace di guardare una cosa del genere. Visto che se ne parlava, ho trovato lo spezzone incriminato su internet e si capisce lontano km che e’ un attore, oltre che per la recitazione davvero dozzinale, anche per la totale inverosimilita’ della storia. Neanche il figlio di un parlamentare si puo’ permettere una paghetta di 1500 euro ed una bmw in regalo per il compleanno, se poi fosse figlio di uno dei tanti evasori fiscali (leggi imprenditori specie nordisti, col ferrarino), quella gente “fatta da se'” ed ignorante come capre, glielo farebbe pesare tutto il giorno, altro che video-poker…
E’ stata semplicemente una messinscena per non far sfigurare il nanerottolo dopo la sua sparata, e per continuare nella demolizione psicologica dei giovani o ex-giovani che, in assenza di raccomandazioni, devono essere il capro espiatorio di una popolazione di vigliacchi dotata solo di pancia (e capace solo di mangiare sterco), ma non di cervello.
Quanto alla sua posizione di orfana, totale solidarieta’, ma non scarichi la rabbia di uno stato assente sugli altri, semmai sullo stato e su chi lo rappresenta.
Gentile Signor Paolo,
io non posseggo conoscenze del mondo televisivo tali per riconoscere con sufficiente margine di dubbio la messinscena dalla “realtà” televisiva, anche perchè non sono solita guardare la televisione se non di sfuggita, ma vista la sua analisi così puntuale mi chiedo se lei è in grado di citarmi due o tre rubriche televisive che rendano pieno onore all’oggettività dell’informazione: resto in attesa di ciò, prima di accettare il suo giudizio implicito sull’essere persona boccalona e che le fa schifo per aver prestato attenzione ad un servizio di una trasmissione spazzatura. Detto ciò mi permetto di evidenziare che criticare il Ministro Brunetta in funzione della sua statura sia indice di superficialità e di una alquanto scarsa attitudine al contraddittorio basato su capacità logico-deduttive. Nonostante il significativo spostamento della sua attenzione dal caso generale (problema bamboccioni) al particolare (possibile bamboccione), resta pur sempre il problema che finzione o realtà manipolante dei media nessuno ignora: il procrastinarsi della produttività di un individuo verso un’età sempre più matura, ma soprattutto, la mancanza di incentivazione ad iniziative lavorative “nuove” che escano dal terziario. Il vero oggetto del mio intervento è l’osservazione sulla contradditorietà del nostro sistema giuridico. Da un lato una norma garantista nei confronti dei figli anche in casi di evidente parassitismo, dall’altro la sorte di una esigua minoranza (gli orfani) e si sa, le minoranze non ingenerano problemi sociali. Mi permetto inoltre di chiedermi su quali elementi realisticamente basati lei formuli la sua valutazione in merito al mio presunto “scaricare la rabbia” per la mia condizione di orfana, è capitato a me come poteva capitare ad altri, non ne ha colpa nessuno se non la vita stessa, e non credo di essere più arrabbiata io di essere rimasta orfana di quanto lo sia Brunetta di essere basso, mi perdoni se mi sono permessa una veloce lettura del pensiero del Ministro da Lei definito “nanerottolo”. Cordialmente .
Giovanna Rezzoagli
Brava, dottoressa Rozoagli,la sua esposizione è pienamente in sintonia con il mio pensiero.Tuttavia quì ci troviamo difronte ad un “mammismo” ereditato dai nostri antenati che, siccome è totalmente radicato , non permette di snodare tali fatiscenti abitudini familiari. In USA, dove ho vissuto per alcuni anni, i figli, varcando gli anni da minorenni, non vedono l’ora di lazciare la famiglia per crearsi una vita propria, ed anche i genitori sono contenti di tali distacchi con i figli maggiorenni. Qualcuno dirà che è puro disamore reciproco, ma il punto è che ogni individuo, giunto all’età di maggiorenne, deve agire con la forza del proprio pensiero e rendersi capace di affrontare la vita da solo. Certo,comportandosi da persone civile e rispettosa,e che non vengano abbandonati dai propri genitori in caso di necessità. Ma la bellezza della cosa è che ognuno sa assumersi la propria responsabilità rispetto al corso della propria vita.Cosa dovrebbe fare un genitore, lavorare fino alla morte per far godere i figli? E’ una teoria sbagliata e spesso va deturpa tutti gli stenti dei genitori se vanno tra le mani di certi figli
incapaci e svogliati di gestire le ricchezze paterne; le distruggono in poco tempo come foglie secche d’atunno gettate al fuoco. Quindi, ci vorrebbe più ponderatezza da chi, non avendo avuto nulla nella vita e che , trovandosi in una posizione di arricchimento , elargisce tutto il suo avere ai figli per farli godere quelle cose che gli sono state private in gioventù
Gentilissimo Signor Alfredo Varriale, Le sono grata per le Sue parole piene di saggezza. Ho avuto modo, leggendo i Suoi commenti ad altri articoli, di vedere che Lei è coscritto di mia madre, e perciò mi è ancora più caro ricevere la Sua attenzione, una sola precisazione, io non sono dottore, ma una semplice Operatrice Socio Sanitaria che si è rimessa a studiare ed è ora Counselor, vale a dire una semplice diplomata in una nuova disciplina, che forse in America avrà avuto modo di conoscere. Con tanta gratitudine.
Giovanna Rezzoagli