I guardiani del tempo
Lo studio attento dei fenomeni naturali e della dinamica geomorfologica terrestre deve aiutarci a percepire e a prevenire i dissesti territoriali che coinvolgono la qualità della vita degli uomini. Per anni noi geologi, come tanti altri tecnici e studiosi dell’ambiente, abbiamo sperato di essere impiegati, principalmente, per mettere a punto le migliori difese possibili e i migliori sistemi di convivenza uomo/territorio; purtroppo, ancora oggi, c’è chi ci relega a “guardiani del tempo”, chiamandoci solo dopo che è successo qualcosa, non dandoci la possibilità di intervenire in fase preliminare e, magari evitare, così, errati approcci col territorio. Credetemi, non c’è cosa più triste del dover fare delle considerazioni su ciò che si sarebbe dovuto fare per evitare qualche disastro le cui conseguenze non sono rappresentabili con le aride cifre. Ci sono le conseguenze sul piano economico, sul piano sociale e quelle che coinvolgono le aspettative del modello di vita di una persona: le speranze nel domani, la perdita della propria casa, dei riferimenti affettivi consolidati e, comunque, l’annichilimento della felicità di una persona che sfuggono alle statistiche. Eppure, a volte, anche se si sa come intervenire, per i costi, per la fretta, per la superficialità oppure per una scommessa con le probabilità – “Tanto chissà quando potrebbe succedere”-, si attuano interventi inopportuni sul territorio: si impermeabilizzano superfici sempre più estese di terreno, in luoghi impropri, per costruire case, opifici, strade ed opere annesse e connesse. E le acque piovane che dovrebbero, normalmente, essere assorbite nel terreno si trasformano in acque selvagge dotate di potere distruttivo mettendo in pericolo il territorio ed i suoi abitanti. L’idonea valutazione di un’area va fatta considerando periodi piuttosto lunghi, per avere un’idea dei ritorni di certi eventi catastrofici o comunque gravi. Bisogna tenere nella giusta considerazione i dati storici e progettare con criteri che sfidino il tempo. Ci vuole una grande opera di previsione con il coinvolgimento di tutti quelli che hanno assimilato determinati comportamenti utili alla convivenza con le future modificazioni ambientali. Quindi studi di tutti gli elementi di conoscenza possibili inseriti, poi, in un archivio facilmente consultabile. Una banca dati territoriale, per la cui realizzazione, saranno necessarie varie professionalità formando esperienze uniche e ampliando conoscenze. Questo archivio dovrebbe costituire il riferimento per ogni iniziativa, fornire dati utilizzabili per una migliore organizzazione della protezione civile e per l’istituzione di un servizio di “guardia del suolo” con formazione continua, anche dei volontari, nei vari settori.
Il suo articolo, Dottor Caso, affronta un argomento particolarmente rilevante.
Molto spesso, infatti, avvengono nel mondo sciagure portatrici di danni a persone e cose, e quello che si sente dire è che, se qualcuno si fosse mosso in tempo, il disastro sarebbe stato evitato.
C’è chi accusa la sonnolenza delle istituzioni, chi invece se la prende col destino avverso.
Abbiamo, purtroppo, ancora negli occhi le immagini di Episcopio, Sarno e Quindici colpite dal terremoto del 5 maggio 1998, un sisma che, oltre ad aver causato un enorme numero di vittime, ha creato spavento nella popolazione la quale, ancora oggi, alla prima pioggia di una certa intensità teme il peggio.
I diversi terremoti avvenuti recentemente in Abruzzo hanno risollevato prepotentemente il solito interrogativo: si poteva evitare tutto questo?
Ritengo occorra investire sui geologi e su quanti studiano le dinamiche dei fenomeni ambientiali, mettendo a disposizione loro strumenti efficienti e all’ avanguardia.
Con l’ impegno e la disponibilità non soltanto economica di chi è al potere, ci si può adoperare affinchè, un giorno non lontano, l’ uomo sia in grado di prevenire in maniera decisiva le calamità e limitare i danni apportati dalle catastrofi naturali.
Gentile Pasquale,
molti eventi naturali non sono prevedibili, ma spesso è possibile fare seria opera di prevenzione che eviterebbe mali maggiori. L’uomo deve interagire in modo più graduale ed attento con l’evoluzione dei fenomeni naturali e della conseguente geodinamica terrestre. Egli è parte del Pianeta Vivente, ma deve ancora imparare a rispettarlo.