La politica che uccide il Sud
L’editoriale di Galli della Loggia, apparso sul Corriere della sera l’altro giorno, è un’analisi spietata di un partito, il Pdl, che, in prossimità delle elezioni regionali, mostra tutti i suoi limiti e le sue crepe. Ma è anche uno spaccato più ampio e generalizzato di un sistema politico che non riesce a riempire di contenuti e a motivare la sopravvivenza di un impianto, quello dei partiti e dei loro potentati locali, giunto oramai al capolinea. Il perenne clima elettorale che si respira nel nostro Paese è, oggi più che mai, avvelenato da un’esasperata litigiosità tra correnti per l’accaparramento degli ultimi posti disponibili nelle liste. Il fenomeno non è nuovo, ma la recente connotazione “giustizialista” dell’ultima campagna elettorale ne ha accentuato i contorni, introducendo nuovi temi di discussione sul futuro dei partiti e sulla loro collocazione all’interno della società civile. E’ innegabile che, specie al sud, la politica si sia trasformata in un vero e proprio ammortizzatore sociale, un’agenzia di collocamento per chi non riesce a pagarsi il mutuo con il proprio lavoro, o, nella peggiore delle ipotesi, un’opportunità per proteggere dal libero mercato la propria azienda. I dibattiti sul rilancio del meridione, che si susseguono nelle sale gremite degli hotel a cinque stelle, dove candidati navigati e neofiti ben sponsorizzati promettono ricette miracolose in cambio di consensi, non lasciano intravedere nessuna speranza per le sorti della nostra economia, affamata di meritocrazia e di libera concorrenza. Il Paese, a cominciare dalle sue aree più depresse, è ostaggio di questa finta politica. Sì, perchè è la politica la vera zavorra del meridione. La sua ingordigia comprime le migliori risorse della società civile, imponendo su di essa un illegittimo primato, fatto di vincoli, veti e variegate forme di corruzione. Siamo tutti vittime della politica, soprattutto di quella locale, costruita per l’utilitarismo di pochi amici, piuttosto che per promuovere lo sviluppo e la crescita di molti. Il tessuto produttivo si ribelli a questa nuova partitocrazia, subdola e schiavista. Si riprenda il suo primato e delimiti i suoi spazi. La vera classe dirigente di questo Paese è fatta da migliaia di piccole e medie imprese, di commercialisti, di avvocati, architetti, funzionari del pubblico impiego, non da assessori o da astruse commissioni istituite al solo scopo di rimpinguare i già elevati redditi dei nostri onorevoli. Si destino queste categorie da un’immotivata, e talvolta colpevole, soggezione verso i potentati della politica. E si ribellino al sistema feudale dei finti signorotti che si autoalimenta mortificando l’unica e vera speranza per il rilancio del sud : il liberalismo. E allora Caldoro, ma anche gli altri candidati del Pdl, diano un messaggio forte di discontinuità rispetto alle vecchie logiche politocratiche che hanno devastato la Campania, e regioni limitrofe, ponendo i partiti ed i loro apparati burocratici al di sopra delle imprese e dei liberi professionisti. Restituiscano, questi sedicenti liberali, ossigeno e dignità al ceto medio napoletano, a quello foggiano e reggino, liberandoli dalle catene del favoritismo e della doverosità delle clientele. Non c’è più tempo.
Concordo su tutto, votiamo persone coerenti , quelle non collegate alla logica dei partiti , quelle che non hanno mai avuto niente e che si sono fatti strada con il proprio lavoro…………
caldoro e’ solo un pupazzo di cosentino!!!votiamo de luca!!
pensate che se vince caldoro..comandano sempre gli stessi..de mita,gava,pomicino,mastella,sono tutti aleati del pdl