29 marzo 2003: a Bangkok moriva Carlo Urbani

Quando lo scorso novembre ci fu chiesto dalla Presidenza del C.E.P.I.S di Salerno di suggerire un nome, per il “Premio Nazionale Giovanni Palatucci”, che si accostasse allo spirito e all’opera dell’ultimo Questore di Fiume italiana, l’irpino Giovanni Palatucci appunto, pensammo al dott. Carlo Urbani. Perfettamente accomunabili le due figure per  il modo d’interpretare la propria professione come una “ testimonianza” cristiana della “Verità” e una forma peculiare di carità. Palatucci nella tempesta e nell’ora buia della guerra  e dell’odio ed in un luogo di confine divenuto crocevia di dolore su cui si abbatte violenta la barbarie dei totalitarismi, nazismo prima e comunismo titino poi, resistendo alle pressioni del console svizzero a Trieste,  perché si rifugiasse nella Confederazione Elvetica, dopo aver messo in salvo circa 5 mila ebrei e l’amica ebrea Mika Eisler con la madre in Svizzera, torna a Fiume, prevedendo la tragedia che attendeva gli italiani quando la città sarebbe stata occupata dai comunisti di Tito, perfettamente consapevole  oltre che dei rischi anche della necessità, per tanti, che egli potesse essere ancora utile “fino a che sventolerà il tricolore a Fiume”. Urbani in Vietnam, in una terra lontana e straniera,  quando s’accorge per primo della estrema  e contagiosa pericolosità del nuovo virus della SARS fa tornare in Italia moglie e figli e resta accanto ai disperati perfettamente consapevole del male che di lì a poco lo avrebbe colpito ma anche del fatto che senza di lui molte altre vite umane, oltre le 775 accertate, sarebbero state sacrificate. In entrambi non è l’eroismo di un momento ma l’apice di una vita spesa nella totale dedizione e fedeltà a Dio e all’uomo. Nello specifico viene in mente un’altra grande figura della nostra terra il medico Santo di Napoli Giuseppe Moscati il quale raccomandava tra le altre cose : “ama la verità; mostrati quale sei; e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione ,e tu accettala; e se il tormento,e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio”.E riproponendo in chiave cristiana il giuramento di Ippocrate che, in forza delle “alte non scritte ed  inconcusse leggi” del diritto naturale, cui si richiamava Antigone, fece avvertire, tra le diverse professioni, quella sanitaria, come la prima ad aver l’esigenza di un codice etico, data la particolare delicatezza di un servizio alla persona nel suo stato di maggior debolezza, Moscati concepiva e viveva la professione come un’altissima e peculiare missione : “ il medico si trova (…) tanto spesso al cospetto di anime che malgrado i loro passati errori, stanno lì per capitolare,…ansiose di trovare un conforto, assillate dal dolore. Beato quel medico che sa comprendere il mistero di questi cuori e infiammarli di nuovo” .Moscati e Urbani due medici in grado di coniugare verità e carità,fede e scienza, altissima professionalità altissimo senso di delicatezza umana e di profondo rispetto per la integrale dignità di ogni essere. In questo tempo  di evidente crisi etica che non  risparmia neppure le guide (pastori) della comunità cristiana, come purtroppo leggiamo dai giornali,  ancora di più splende l’esempio di questi santi laici che, come il Dott. Carlo Urbani sorretti nell’adempimento di un dovere che è risposta intimamente vincolante alla percezione di una Presenza arcana ed ineffabile che è Via, Verità e Vita, continuano ad alimentare la speranza di una umanità più degna e risanata.

Francesco Casale