Vita di Missione: al servizio dell’altare

Padre Oliviero Ferro

“Silenzio. Mettetevi in fila. Pronti per uscire”. Questa ed altre raccomandazioni venivano fatto a un bel gruppetto di chierichetti e chierichette della parrocchia san Giovanni Battista di Nefa. Era il giorno della Festa patronale. Si erano preparati bene. Avevano lavato i loro vestiti bianchi ed erano pronti a “servire all’Altare”. Naturalmente, come tanti loro amici nel mondo, erano un po’ rumorosi, volevano farsi notare,…insomma fare bella figura. Tutti li dovevano vedere e incoraggiare in questo loro servizio all’altare. Per loro era importante. Se lo erano presi come impegno,come contributo alla vita della parrocchia. Per alcuni era anche continuare un impegno,preso durante il catechismo per la cresima. Si ritrovavano due volte la settimana,il mercoledì e al sabato. Per prima cosa: pregavano insieme,riflettevano sulla Parola di Dio, vedevano come vivere insieme il loro essere cristiani anche in modo concreto(come fare del bene agli altri). Naturalmente,la maggior parte del tempo,veniva data a conoscere “il mestiere” e utilizzare “gli arnesi del mestiere”. I responsabili con qualche adulto della parrocchia(soprattutto dei giovani,con l’aiuto di un padre missionario o suora,dove c’era la possibilità), spiegava loro cosa vuol dire “servire all’altare”, il significato delle cerimonie e come muoversi per aiutare il sacerdote nel suo compito. Erano molto interessati,lo facevano volentieri e direi,con orgoglio. Ci tenevano molto ai gesti e ai movimenti. Insomma alcuni dei veri “specialisti”. Era bello vederli insieme,però senza dimenticare che erano dei ragazzi e ragazze. E quindi avevano tanta voglia di giocare. Chi di noi ha fatto il chierichetto, se lo ricorda bene. E allora, quando arrivavano le grandi feste,come anche la domenica, tutti erano là. Tutti volevano essere scelti,ma non era possibile  che tutti lo fossero. Allora ci voleva molta diplomazia nei responsabili per fare accettare le scelte. I prescelti si sentivano fortunati. Quando uscivano in processione, si sentivano i commenti delle persone sul loro modo di fare. E se qualcuno, per caso, gli capitava di chiacchierare o essere distratto…immaginatevi voi le critiche! Anche loro cominciavano così a prendersi le loro responsabilità nella comunità cristiana. Certo non si limitavano ai giorni di festa. A turno, servivano anche nei giorni normali, tenevano in ordine la chiesa, la pulivano insieme con gli altri cristiani. Insomma non si sentivano degli estranei. Ognuno è importante nella comunità e loro erano parte della comunità, senza dimenticare le responsabilità della vita di ogni giorno(scuola,lavoro e…amicizia). Ma è sempre bello mettersi dietro a loro, cantando e danzando “Quale gioia quando mi hanno detto:Andiamo alla dimora del Signore, ed ecco i nostri piedi sono giunti alle tue porte Gerusalemme”(sal 122). Immaginatelo anche  voi, un domenica, insieme con loro. E che la festa del Signore cominci!