Professione, disoccupato!
Continua la vertiginosa caduta dell’occupazione. Il picco di coloro che non godono d’ impiego, in netta decadenza. Gli occupati nella media 2009, diminuiti di 380.000 unità rispetto al 2008. Il dato non accenna a scemare. Sembra proprio che il nostro tempo abbia creato una nuova casella per l’emarginazione.I settori più penalizzati, industria e pubblico impiego. La crisi allunga le sue propaggini in tutte le fasce sociali. Coniugata ad una generosa dose di sfiducia nel futuro. Per i giovani, la consapevolezza di una scuola, non più passaporto alla libera occupazione. Né al coronamento nella realizzazione delle proprie inclinazioni. Per i più maturi, la tristezza, spesso coniugata alla depressione, di un insoddisfacente quadro economico, nel quale lo sviluppo giocoforza dettato da leggi non in termini di braccia umane. Orizzonti non rosei, che l’intera Europa registra ormai da tempo e che inginocchiano specialmente le realtà meno agguerrite. L’Italia tenta di vivere un processo, con scarse opportunità di decollo. Nel senso che in nome della mirabile Unione, un prezzo alto pagato, in termini d’economy e di risorse umane. Una panacea, quella della presenza in una globalizzazione ampliata anche ai Paesi meno progrediti e che all’insegna dell’euro ha dettato coordinate per unici denominatori. In tale dimensione, ancora la terra felix non c’è: essere nell’Unione, con dignità e senza carcasse pendenti, un conto. Esservi inseriti affannando, tutt’altra storia. E l’Italia, al di là dei sorrisi berlusconiani e le marce in più brunettiane, a riguardo ha tanto da raccontare…
Io sono straniero è trovo sempre da lavorare, ma ho sempre fastidio burocratico per restare. Non capisce come le persone italiane non trova lavoro. Quando chiama noi, le persone disperate, dicono che tutti gli italiani, specie giovani e giovane, non vogliono lavorare, no vogliono fare lavoro che ti svegli alla mattina alla 6.00, ma vogliono fare cananti, veline, belli_boys. Grazie a loro però noi portare a casa nostra soldi vostri e ricchezza per mio paese. Grazie anche a loro genitori che danno da vivere e danno saldo a loro figli, a mio paese a 14 anni ti cacciano fuori o ti mandano a casa pubblica. Dove ci stanno guardiani che ci danno botte e ci usano in tutti i modi. Grazie giovani e giovane italiani voi dormite noi prendere per voi i vostri pesci …
Piotr Vassilimoff
Carissima Direttrice, l’argomento dell’editoriale odierno è quantomai incisivo. Il commento del Signor Piotr sottolinea una verità altrettanto evidente: in Italia non si vogliono svolgere lavori manuali. Il problema non è solo economico, ma anche di natura culturale. Un tempo svolgere professioni per le quali era necessario studiare a lungo era un segno di distinzione, ma oggi? Considerando lucidamente il fatto che molti diplomati e laureati non sanno nemmeno scrivere correttamente in italiano, non dovrebbe avere più tanto prestigio il famoso pezzo di carta. Infatti il problema è la dequalificazione culturale del lavoro manuale a resistere. Un pregiudizio fatto e finito, forse più radicato nelle famiglie che nei giovani di oggi. Ai giovani di oggi cosa importi davvero chissà, di certo a molti non dispiace studiare magari rimanendo fuori corso per anni e poi continuare a vivere a spese dei genitori perchè non trovano ovviamente un impiego adatto alle loro capacità (naturalmente notevoli). Di certo in pochi si impegnano sul serio a quattordici anni nel “far qualcosa”. La colpa è da ricercare certamente nei modelli “culturali” imperanti, ma il lassismo e l’indifferenza dei genitori sono i primi responsabili. Con i tempi che si avvicinano, non sarebbe male insegnare ai propri figli a rimboccarsi le mani ben presto, e a non perdere tempo prezioso. L’epoca delle raccomandazioni e del nepotismo ancora reggerà per qualche tempo, ma non certo per molto.
Cordialmente.
Giovanna Rezzoagli
Il ragionamento posto dalla nostra direttrice e i due commenti relativamente di Piotr e della gentile Giovanna Rezzoagli mostrano, più o meno, lo specchio della nostra società .
Un tempo, quand’ero in USA , facevo il cameriere perchè non avevo un titolo di studio, ma, accanto a me lavoravano anche alcuni giovani statunitensi laureati o in procinto di diventarli, Alcuni di loro, non sapendo fare i camerieri facefano addirittura i lavapiatti. Ovviamente, lo facevano senza vergogna anche perchè non intendevano chiedere aiuto ai loro genitori per le spese di studio e personali.
C’è da dire, però, che negli Usa non si faceva ostruzionismo sulla paga da parte dei datori di lavori; si percepiva ciò che spettava, foss’esso emigrante o cittadino di quel Paese. Questo è un punto a favore di quei giovani italiani che non intentono farsi sfruttare, mentre tanti datori di lavoro che danno occupazione a part time preferiscono gli extra comunitari per poterli dare una paga minore e senza problemi. Una volta Tante nostre donne lavoravano a mezzo-servizio presso altre famiglie. ora non più perchè non sono competitive con le extra-comunitarie.
Se il lavoro dipendente diminuisce e se il terziario rimane un sogno per pochi super raccomandati, se tutti siamo “Dottori” in Storia, Scienze ambientali, Scienze politiche (ci metto anche Fisica e Matematica) e Laueree create ad hoc per riciclare i troppi professori associati, vedo la sola via d’uscita del lavoro autonomo. E’ un anno che attendo l’idraulico (peraltro abita al terzo piano della mia palazzina). Che sia una buona idea imparare a fare l’idraulico? Non credo ci sia l’omonimo corso di Laurea, per cui prima che a qualcuno venga l’idea della Laurea breve in Idraulica, meglio non aspettare… Nel frattempo il nastro telato regge bene e l’idraulico può attendere. Chi possiede un locale idoneo e un po’ di buona volontà si rimbocchi le maniche e punti sull’artigianato. Avrà come nemico lo Stato burocrate ma, almeno fino al primo cliente, l’apertura della partita IVA può attendere…
Chiedo scusa se ho trattato un argomento drammatico con abituale atteggiamento semiserio, ma non si può aspettare che sia lo Stato ad occuparsi dei giovani del Sud che però vogliono un lavoro congruo con un titolo di studio che è svalutato e inflazionato su tutta la penisola. Vi ricordate i minatori di Marcinelle? Allora lo stato fu franco: “qui in Italia non c’è lavoro, in Belgio sì”. Moltissimi presero il treno per il lavoro più duro e rischioso.
E’ più che vero, amico dr Ganci, quì l’artigianato sta tragicamente scomparendo come nuvola soffiata dal vento. Infatti, per sostituire una semplice guarnizione al rubinetto della fontana occorre pregare al santo protettore di tale mestiere per poter trovare un artigiane disponibile.
Ho sempre creduto che qui, in Italia, non si sia mai pensato a stimolare ,nella mente delle nuove generazioni, la voglia di fargli imparare un mestiere. E’ davvero impensabile che , talvolta,per una sola bucatura di una ruota, si debba gettare via l’intera bicicletta , tanto per dirne una.
Non c’è modo di far capire che non serve l’affollamento di tante professionalità se mancano le richieste di lavoro in merito. Talvolta, tanti giovani laureati rimangano delusi per aver scelto materie dove il mercato di lavoro è saturo, rischiando di rimanere disoccupati per sempre. Ecco perchè sarebbe auspicabile che quei giovani poco propensi allo studio fossero indirizzati ai mestieri artigianali che oggi l’Italia ne ha tanto bisogno. Cordialità.