Castel S. Giorgio devota a San Rocco
Il comitato festa “S. Rocco” (2010) con l’ausilio dello storico locale autodidatta della zona, l’umile operaio e fotografo Gaetano Izzo ed insieme ad altre personalità culturali della Valle dell’Irno oltre che di Castel S. Giorgio stessa (tra cui il cultore di tradizioni locali nonché di storia del territorio Gino Noia, di Mercato S. Severino; Francesco Di Pace; Mario Guerrasio, altro studioso locale ed altri ancora), in concomitanza con l’amministrazione comunale (adeguatamente rappresentata) e col parroco della chiesa di S. Maria delle Grazie don Graziano Cerulli, ha inteso ricordare il santo protettore Rocco – tra l’altro patrono di Mercato S. Severino, ovvero dell’antico Stato (Terra) di Sanseverino, l’Universitas di Siano e di altre cittadine – facendo scoprire all’uopo una lapide ad hoc da parte del succitato don Graziano alla presenza di politici sangiorgesi “di oggi e di ieri” e soprattutto del sindaco attuale: il medico Franco Longanella. Oltre a ciò, nell’ambito di una kermesse particolare, una cerimonia pubblica avvenuta presso il vicolo Casa Izzo dopo la quale e dopo le parole di Noia, di Di Pace, di Longanella, del parroco don Cerulli e di altri, è stata celebrata una solenne Messa, è stato approntato dallo stesso Izzo un volumetto, un opuscolo con la “scoperta” dell’editto – importantissimo per la storia di tali nostre località – col quale il sindaco di Castel S. Giorgio il 7 luglio 1792 (il culto verso S. Rocco è però precedente, già dopo la peste del 1656) – mediante un apposito carteggio – “supplicava” l’allora arcivescovo di Salerno don Giulio Pignatelli al fine di dichiarare il santo di Montpellier morto per la peste come patrono dell’Universitas. Il carteggio con le epistole, alcune delle quali in latino e per di più con le antiche abbreviazioni in uso a quei tempi, è stato riportato sul quadernetto dallo stesso solerte e preparato Gaetano Izzo che non ha mancato di scattare le foto durante la manifestazione. Essa manifestazione è stata preceduta da una processione con la statua-simulacro del santo e animata da tante autorità in mezzo alla folla accorsa da molte parti per gremire la piazzetta antistante il vico Izzo, nonché animata dal valido e simpatico coro “Orizzonti nuovi”, sempre della chiesa di S. Maria delle Grazie. Lo stesso Izzo è stato ricordato per la sua umile ed auto appresa passione per la storia nelle parole di alcuni intervenuti, succedutisi sul palco prima che a prendere la parola fossero don Graziano, Gino Noia, Di Pace e infine il sindaco Franco Longanella. Questi ultimi hanno snocciolato poche parole ma sentite ed interessanti prima che si scoprisse e che si benedicesse la targa commemorativa sotto una bella edicola in ceramica proprio dedicata nel ‘900 al patrono Rocco, ivi raffigurato con l’inseparabile cane col pane in bocca [il cui padrone si chiamava Gottardo, e a cui l’animale “rubava” il pane per portarlo al santo in modo da sfamarlo] e con la mano indicante i bubboni della peste che lo colse dopo che egli si era prodigato per le popolazioni colpite dal flagello. S. Rocco è inoltre rappresentato con la cappasanta, la conchiglia simbolo assieme al bastone (vincastro) dei pellegrini che si reca(va)no a Santiago de Compostela (S. Giacomo maggiore, “figlio del tuono”) del quale si celebra quest’anno il giubileo essendo il 25 luglio (suo dies natalis) una domenica. I pellegrini – consentiteci questo breve excursus – si dividevano in tre categorie: gli Jacopei – appunto in cammino verso la Galizia, verso Santiago – i Palmieri, dei quali si conserva ancora il cognome e che andavano a Gerusalemme (le palme sono all’origine dell’etimo…); i Romei, verso Roma. Tre infatti erano le mete per il giubileo dell’anno santo 1300, istituito da Bonifacio VIII – papa non tanto caro al nostro sommo Dante Alighieri, in quanto il poeta fu da questo personaggio costretto all’esilio. Tornando a noi e alla speciale e particolare serata, tra le cose culturali espresse da Noia in pochissimo tempo, si è evinto che il culto per S. Rocco è di molto precedente al 1656: già dalla visita di Giovanni Boccaccio nelle nostre zone (peste del 1348) si aveva in tali zone “sentore” di un culto simile, mutuato da altri culti precedenti come per esempio da quello per S. Sebastiano e prima ancora dalla cultualità di S. Michele Arcangelo, entrambi “patroni” dei Bizantini; in particolare S. Sebastiano è in qualche modo vicino al culto per S. Rocco in quanto il suo martirio, l’essere sottoposto a lancio di frecce, fece sì che le piaghe e le ferite lasciate dai dardi sembrassero bubboni pestilenziali. Noia ha ricordato poi che il termine “S. Giorgio” deriva dal greco antico “Georges”, ovvero: “coltivazione della terra” (“geo”); tra le numerose altre tradizioni ormai sempre più dimenticate, neglette anche nelle nostre zone riguardo alla fede in S. Rocco ricordiamo il “pane di S. Rocco” e la “polpetta a forma di pane con in mezzo la soppressata” entrambe a Carifi, frazione di S. Severino, e la campanella simbolo degli appestati oltre alla “fiaschella”, una zucca incavata. Non meno importante ed applaudito del Noia è stato Francesco Di Pace, che ha tracciato un amarcord di “odori” e “sapori” sentiti e vagheggiati nel passato (un passato ancora recente, attuale, non lontano…) da parte di chi come lui viveva in Castel S. Giorgio. Di Pace ha poi dissertato – in breve – della “storia dei luoghi come antidoto per disperdere il disagio”, auspicando una “rivalorizzazione” della stessa cittadina. Fondamentale e calzante, puntuale, infine il discorso di Longanella, gentiluomo di altri tempi, che ha attuato un collegamento non ardito ma anzi quanto mai attuale tra la peste come epidemia e la “peste” dei giorni nostri, che è la fame – sicuramente – ma anche la disoccupazione, problema di oggi scottante e che egli ha dichiarato di voler arginare – sono sue parole – già dai suoi primi mesi di attività amministrativa. Per concludere, di seguito diamo versione e parola alla vita – descritta in breve – del santo venerato il 16 agosto. S. Rocco, considerato il patrono degli appestati, è invocato anche come il taumaturgo protettore da ogni genere di malattia epidemica. Il santo nacque a Montpellier, in Francia, da genitori benestanti di origini principesche intorno al 1330. Rimasto orfano donò tutta l’eredità familiare per il bene dei poveri, e seguendo le orme francescane iniziò a pellegrinare (peregrinare) dapprima percorrendo il “cammino di Compostela” e soffermandosi sulla tomba di S. Giacomo (maggiore), “tuono di Dio”, poi partì – seguendo la via Francigena – per il pellegrinaggio sulla tomba di S. Pietro a Roma. Giunto in Italia, flagellata in quegli anni dalla grave epidemia di peste, si dedicò alla cura degli ammalati senza paura di contagio guarendo molti in modo inspiegabilmente miracoloso, fino a quando anch’egli non contrasse il morbo nella città di Piacenza e fu mandato in quarantena nei boschi vicini. Durante la quarantena gli fu compagno di sventura solo un cane che ogni giorno gli procurava un tozzo di pane (tolto, preso “in prestito” dalla tavola del padrone Gottardo). La piaga sulla sua gamba, uno dei segni sempre presenti nell’iconografia del santo, ricorda infatti la malattia. Anche il bordone – bastone del pellegrino – la conchiglia di S. Giacomo, il cappello a larghe falde, la gabbana (mantello per ripararsi durante il viaggio dagli elementi atmosferici) ed il fedele cane randagio sono elementi che hanno contraddistinto l’iconografia del santo francese. Dopo la guarigione, sulla via del ritorno in patria a Montpellier, fu arrestato ed accusato – non riconosciuto – di essere una spia. Secondo la tradizione morì – probabilmente – nel carcere di Voghera, in provincia di Pavia, il 16 agosto di un anno compreso tra il 1376 e il 1379. La propagazione del culto per S. Rocco fu immediata, sostituendosi in molte zone ai protettori S. Michele e S. Sebastiano. Nella pala cinquecentesca del SS. Salvatore a Marigliano (Aiello di Castel S. Giorgio) sono rappresentati i due santi taumaturgici Sebastiano e Rocco nella gloria della Madonna del Loreto. Sotto, sullo sgabello, si ravviva il passaggio dal culto di S. Sebastiano a quello di S. Rocco, mentre la cultura popolare della Valle del Sarno continua a rispettare il “martirio” di S. Sebastiano: non si macellano animali, ci si priva della carne ai pasti e non si lavorano le carni stesse per tutto l’anno nel giorno della settimana (lunedì, martedì…) in cui è caduta la festa del santo il 20 gennaio: ad esempio, se un anno il 20 gennaio è di lunedì per tutti i lunedì dell’anno avvengono tali “accortezze”, allo stesso modo succede di martedì se il 20 gennaio cade di martedì e così via. Il santo delle (e con le) frecce è ancora invocato nell’Europa del Nord come il taumaturgo che intercede in favore degli appestati, proprio perché le ferite dei dardi sono paragonate ai segni (bubboni) lasciati dal morbo. Molti ricordano il miracolo avvenuto a Pavia, quando la peste cessò il giorno dopo che il vescovo di Pavia Damiano (santo) ottenne da Roma la reliquia del martire a cui dedicherà poi anche un altare: con tale commistione tra i due culti, quello più antico di S. Sebastiano e quello più “recente” nei confronti di S. Rocco chiudiamo qui questo articolo antropologico ma anche molto cronachistico, redatto per salvaguardare le antiche consuetudini delle nostre ricchissime e anche molto “depredate” zone dense di popolare religiosità.
Traduzione dei documenti storici del proclama di San Rocco Patrono della Terra di Sangiorgio
Sindaco
Supplica dell’Università di San Giorgio a Sua Eccellenza l’Arcivescovo di Salerno Don Giulio Pignatelli per la dichiarazione di San Rocco come Patrono.
Eccellenza Reverendissima
Gli attuali Sindaco, ed eletti della Università di San Giorgio in Provincia di Principato Citra, di questa Arcidiocesi di Salerno, umilmente rappresentano a Vostra Eccellenza Reverendissima, che da molti anni trovasi introdotta, e ben radicata nei cuori di tutti i cittadini di detta Università, e Terra di San Giorgio la devozione verso il glorioso S. Rocco Confessore, a segno che si determinarono da più tempo a volerlo eleggere per loro speciale Padrone, e Principale Protettore, con quelle prerogative, che vanno annesse ad una tale devozione.
In seguito di una tale determinazione si sono tenuti più parlamenti pubblici, coll’ultimo de quali, che fù a dì 23 maggio 1790, si confirmarono i precedenti e con unanime consenso per segreti suffragii, tutti accettarono, ratificarono, e rinnovarono l’elezione altre volte fatta, e comunicarono al Sindaco di quell’anno la piena facoltà di ricorrerne, a che conveniva, perché il detto Glorioso Santo si dichiarasse legittimamente, e assolutamente loro speciale Padrone, e Principale Protettore, come dall’autentica Fede dell’attuale Cancelliere di detta Università.
Inerì a questa elezione tutto il clero secolare, della suddetta Terra, come dalla Fede autentica del Sacerdote Prosegretario dello stesso Clero che esibiscono; e similmente inerì la comunità delle Donne Monache del Venerabile Monastero dell’Ordine Carmelitano sotto il titolo di S.Teresa, unico, e solo Monastero sito in detta Terra, come dalla fede del consenso capitolarmente prestato dalle suddette Donne Monache, che pure si danno l’onore di predicare.
Fatta da tutti i cittadini questa unanime elezione in forza delle facoltà ricevute col surriferito Pubblico parlamento, umiliarono i rappresentanti di tutta questa università le loro suppliche alla Maestà (1) del Sovrano per avere il permesso di ricorrere alla potestà chiesastica a fine di ottenere la solenne, e legittima dichiarazione, essere il medesimo Glorioso S.Rocco vero speciale Protettore, e Principale Padrone di tutta la suddetta Terra, con quelle prerogative, che sono proprie di tali Padroni, e Protettori. A tali suppliche si compiacque sua Maestà di sovranamente comandare, che la Reale Camera di Santa Chiara facesse sentire ai supplicanti, che ricorressero dal proprio loro Ordinario per ottenere dalla dilui legittima autorità la domandata dichiarazione, lo che fu di già eseguito dalla stessa Reale Camera, con lettera spedita sotto il dì 17 marzo di questo corrente anno 1792, che presentano, ed esibirono originalmente.
Ricorrono pertanto i supplicanti da Vostra Eccellenza Reverendissima, ed a nome di tutta questa divota Università umilmente la pregano, che si compiaccia di esaudire benignamente i loro pii desiderii dichiarando col suo autentico Oracolo speciale Prottettore, e principale Padrone di tutta la suddetta Terra di San Giorgio il Glorioso S.Rocco Confessore, con quelle prerogative che stimarà più convenienti, ed opportune, e lo riceveranno a grazia specialissima stima quam Deus.
Il Dott. Fisico Gaetano Sarno Sindaco supplicante come sopra
Domenico Mariniello eletto supplicante come sopra
Le suddette firme sono di proprio carattere delli suddetti supplicanti Dott. Fisico Gaetano Sarno, e Domenico Mariniello e sono tali come si sono asseriti, ed in fede richiesto ho segnato.
Notar Nicolangelo Saggese della Terra di San Giorgio ed ordinario della Università della medesima.
(1) Dei Gratia Ferdinando I di Borbone (1751-1825)
Arcivescovo
Il 6 luglio 1792 l’Arcivescovo di Salerno don Giulio Pignatelli confermava e approvava la scelta di S.Rocco Confessore quale Protettore e patrono principale del Comune (Castel San Giorgio) con il seguente atto,redatto in latino e diretto al procuratore della Terra di Sangiorgio e della sua diocesi.
__________________
Porrectis ad nos a Procuratore Terrae S.Georgii nostrae Salern.ae Dio.cs praecibus Cleri,et Populi d.e Terrae Supplicantium pro confirmatione Electionis S.Rochi Confessoris in Patronum Principale ejusdem Terrae.
Nos,attentis facultatibus nobis concessis,comperientes hujusmodi electionem ser.ser. (servum servorum),et iuxta praescriptam in Decreto felici recordature Urbani PP. VIII .
Legitimam factam esse,eandem confirmamus,et ad probamus ,atque eidem Festivitati S.Rochi sic in Patronum Principalem electi,praerogativas omnes Sanctorum Protectorum Principalium Festis competentes attribuimus,et concedimus.
Datum Salerni ex nostro Arc.le Palatio die 6 m.sis julii 1792.
D.Julius Pignatelli Archiepi.us Salernitanus Dio.cs
Sindaco
Lettera del Procuratore della Terra di San.Giorgio all’Arcivescovo di Salerno perché ordini l’intervento di Parroci della medesima Terra in occasione della festività di San Rocco.
Eccellenza Reverendissima
Il Procuratore della Università della Terra di San Giorgio di questa Archidiocesi di Salerno con umili suppliche rappresenta a Vostra Eccellenza Reverendissima, come a petizione della stessa Università, e precedenti le facoltà necessarie, si compiacque Sua Eccellenza Vostra Reverendissima di dichiarare il glorioso S. Rocco Confessore Padrone principale, e singolare protettore di tutta la suddetta Terra, come dal suo venerato, decreto, segnato sotto il dì 6 luglio di questo corrente anno 1792.
E comecchè alla elezione del medesimo Santo in Padrone e Protettore speciale di detta Terra concorse.
Tutto il Reverendo Clero Secolare della medesima; come dagli atti, sistenti in questa Reverendissima Curia; quindi, è, che i Reverendi parrochi, ed il loro rispettivo Clero sono obbligati a riconoscere, e venerare lo stesso Santo con tutti quegli atti di ossequio, e di religiose ceremonie, che convengono ai Santi Prottettori, e Padroni speciali di qualche determinato luogo.
Ricorre perciò da Vostra Eccellenza Reverendissima, ed umilmente la supplica a compiacersi di ordinare a tutti li suddetti Parrochi della medesima Terra che ciascuno di loro col rispettivo clero attesa la notoria vicinanza ed il facilissimo accesso, si portino in ogni anno nella Parrocchiale chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove si dovrà celebrare la Festività del detto Glorioso S.Rocco; e che ivi assistono con i loro abiti, ed ornamenti chiesastici ai primi, e secondi Vesperi, e che tutti intervengano alla pubblica Processione; e lo riceverà a grazia, quam Deus.
Arcivescovo
Riscontro dell’Arcivescovo di Salerno alla richiesta del Procuratore della Terra di San Giorgio circa l’intervento di Parroci della medesima Terra in occasione della festività di S. Rocco .
Visto l’esposto fattomi dal Procuratore dell’ Università della terra di San Giorgio esortiamo tutti li nostri Parrochi, ed Eccelsiastici nel distretto della medesima ad intervenire nella chiesa nominata dall’oratore per li primi, e secondi Vesperi, e stessa della solennità.
E riguardo alla Processione nella mattina della Festa, non manchino d’intervenirci per essere Processione di santo Protettore e Padrone Principale, e perciò prescritta dal Concilio di Trento, ed in caso di controvenzione il nostro Vicario Foraneo, e Parroco locale ci faccino Relazione di chi controvenga.
Dato in Salerno dal nostro Palazzo Arcivescovile 7 luglio 1792
D.Giulio Pignatelli Arcivescovo di Salerno.
Notifica delle disposizioni dell’Arcivescovo di Salerno ai vari Parroci della Terra di San.Giorgio in occasione della festività di S.Rocco.
Questa Carta della Terra di Sangiorgio, avere oggi, undici del retroscritto mese di luglio corrente anno 1792 presentata la dietrascritta supplica e decreto della Curia Arcivescovile di Salerno alli Reverendi Parrochi della Chiesa Parrocchiale di detta Carta, e Terra di San Giorgio: cioè al Reverendo Parroco della Chiesa parrocchiale del Casale di Santa Croce, sotto lo stesso titolo D. Donato Sarno;
a quello della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria delle Grazie della Terra medesima D. Pietro Antonio Jacusio;
a quello del Casale di S.Maria a Favore sotto il titolo medesimo D. Felice Grimaldi;
a quello di S. Pietro Apostolo delli Casali della Piazza, e Piro D.Pascale Sarno;
a quello del SS. Salvatore D. Carmine Antonio Ruocco;
ed quello della Parrocchiale di Santa Barbara, del Casale di Torello D. Antonio Zambrano, tutti di persona ritrovati, e lasciatoli copia di essi in presenza delli sacerdoti D. Geremia Galluzzo,
D. Agostino Falco;
D. Nicola Rescigno,
D. Domenico Coppola,
D.Carmine Maddaluna, ed altri, ed in fede della verità e oggi D. Salvatore Parroco Zambrano Vicario Foraneo certifico come sopra.
Is this Gaetano Izzo my friend from the university of Naples, Architecture, 1971-1972?