All’italianità perduta: cibi di tutto il mondo contrabbandati
Si predica alla territorialità del cibo italiano; ma, nella sostanza di che cibo si tratta? Nel nostro Paese, un vero e proprio colabrodo nelle verifiche e nei controlli doganali, entra di tutto e di più. Prodotti non della Terra italiana, una volta entrati nel nostro Paese, vengono tracciati e venduti come prodotti italiani; come prodotti agroalimentare “made in Italy”.C’è, nella buona sostanza, solo la suggestione (anche questa importante) della buona gastronomia italiana. Le materie prime dei cibi italiani DOP, DOC e IGP, senza alcun controllo all’origine, vengono importate da tutto il mondo, per affari italiani sempre più diffusi e sempre più illeciti. In Italia si produce poco; tutto quello che ci bisogna viene importato dal resto del mondo. Le nostre frontiere sono sempre più “porte aperte” per un made in Italy, fatto con materie prime prodotte altrove. Si tratta di materie prime di prodotti primari, assolutamente necessari per garantire l’alimentazione della nostra gente che mette a tavola e mangia cibi importati e che italiani non sono. La cosa più grave è che non ci sono indicazioni della loro provenienza, né che, alla fonte ci sono state le opportune garanzie sul piano della qualità vera del prodotto e della sicurezza alimentare per la salute dei cittadini. Trattasi di indistinte materie prime globali, importate da noi, nella stessa logica con cui si importano alimenti nei paesi del Terzo Mondo, da sfamare e basta, senza andare per il sottile sulla qualità del cibo. Nel caso dei paesi sottosviluppati, per quel miliardo di persone a rischio di morte per il cibo che non c’è, alla base della catena degli alimenti distribuiti c’è una falsa solidarietà del mondo che ha; si portano cibi assolutamente scadenti sul piano della qualità del prodotto (spesso scaduti e ridatati, spesso conservati male, spesso prodotti adulterati e privi delle dovute garanzie di una sana alimentazione). Da noi, oltre ad essere scadenti, c’è l’inganno di una inesistente italianità e di un caro prezzi che danneggia non solo il portafoglio ma anche la salute della gente. Ma in che Paese viviamo? È possibile che siamo ridotti all’osso in tutto e per tutto? Ci manca proprio tutto. Abbiamo perduto per strada tanta parte della nostra vera italianità; abbiamo perduto e forse per sempre, anche gran parte della nostra identità alimentare. Dov’è il nostro pane quotidiano fatto con il grano della nostra Terra? Dov’è il nostro buon vino paesano che rappresentava il simbolo dell’ospitalità e dell’amicizia sulle tavole del nostro mondo contadino? Dove sono i nostri formaggi, le nostre buone mozzarelle, se alla base, manca il buon latte dei pascoli delle nostre colline e della montagna italiana, fortemente vocata all’allevamento di animali di ottima qualità sia per il latte prodotto che per la carne? Ma dov’è la nostra buona frutta? Dov’è il salame ed i prosciutti dal nobile marchio italiano, il frutto di allevamenti territoriali del nostro Paese? Dov’è l’olio d’oliva dalle caratteristiche salutistiche e dal profumo inconfondibile di uliveti italiani dalle radici antiche? Dov’è andata a finire la dolcezza dei nostri fichi, di cui è scomparsa gran parte della sua produzione? Insieme a tutti questi prodotti, come non ricordare il nostro pomodoro, le nostre passate che oggi sono prodotti cinesi etichettati come italiani? L’Italia ha smesso di produrre i suoi buoni prodotti della Terra; l’Italia non più contadina, trova conveniente trasformare, i prodotti della Terra di altri paesi, etichettandoli e commercializzandoli come prodotti italiani, come prodotti di nicchia dal marchio garantito e protetto. Siamo di fronte ad un falso commerciale incredibile. Siamo di fronte ad illeciti che producono affari da capogiro. Sulla tavola degli italiani, per altro oggi poco socializzante, silenziosa e distratta c’è sempre più cibo straniero acquistato, in modo ingannevole, come cibo italiano; ma tale, purtroppo, non è. Di italiano c’è solo il nome e quella suggestione antica che ci crea l’illusione di gustare i sapori di una volta, prodotti dalla nostra buona e generosa Terra. Il nostro Paese dal Nord al Sud ha rinunziato a lavorare la Terra ed a produrre, come una volta, i buoni e genuini cibi che garantivano alla gente una alimentazione sana e dal sapore antico. Oggi non è più così; niente, ma proprio niente è più così. In Italia, non si vuole più lavorare la Terra; furbescamente, in tanti pensano che è più un affare commercializzare prodotti taroccati, di provenienza non italiana. Siamo globali in tutto; non si può escludere il cibo che è sempre più globale e che ci toglie il piacere di un gusto ormai scomparso. Se così è, se così deve essere, almeno diamo il giusto prezzo a quel che si mangia, riducendone la qualità che ormai non ha ed eliminandone l’impropria appartenenza italiana, in quanto le materie prime provengono dal resto del mondo e non hanno niente a che vedere con il prodotto italiano. Tanto va fatto per onestà sociale, umana e commerciale. La catena di trasformazione, di distribuzione e di commercializzazione deve etichettare correttamente gli alimenti che mangiamo; sono poco italiani per provenienza e ancor meno per qualità protetta dalle norme comunitarie, sempre più inadeguate a garantire l’Europa verde ed i prodotti di qualità territoriale di ciascuno dei Paese dell’UE. Il made in Italy, vanta ben 129 prodotti DOP (denominazione origine protetta) e 77 IGP (indicazione geografica protetta). Ma dove sono nell’enorme quantità dei mercati alimentari dell’italian food? L’autoctono, il territoriale, il locale, il paesano sono termini di altri tempi; per quello che offrono, per i sapori e gli aspetti salutistici che un tempo li ha contraddistinti, sono parole ormai lontane anni luce dalla realtà alimentare del nostro Paese, dove si tarocca sempre più per far crescere il business legato ad un finto made in Italy. L’agroeconomia delle produzioni agricole italiane si va sempre più riducendo, se non scomparendo del tutto. Tra l’altro, ogni anno, il paesaggio agrario del nostro Paese, perde pezzi importanti di aree agricole produttive che vengono fagocitate dalle illimitate estensioni di costruzioni con vere e proprie caratteristiche di mostri, di ecomostri, di ghetti e/o di quartieri dormitori, dove è sempre più difficile vivere, essendovi condizioni diffuse di inumanità, per un vuoto totale di rete di servizi socialmente utili, al servizio della gente e dell’insieme sociale dei quartieri di periferia, un carnaio informe, spesso fatto di tanta miseria e di tanta disperazione umana, con un mondo abbandonato a se stesso e degradato nell’ultimo delle coscienze di uomini disumanamente uniti dalla disumanità e dall’indifferenza degli uni per gli altri. Lo scenario enogastronomico italiano, un tempo di pregio, perché legato ai prodotti della buona terra italiana, è fatto sempre più di prodotti “ingannevoli”, poco italiani, soprattutto nella produzione, in quella produzione in cui un tempo prevaleva l’anima e la saggezza del mondo contadino, dalla civiltà indiscussa sulle sponde mediterranee e nel mondo. A chi giova taroccare? A trarne un vantaggio immediato sono solo gli speculatori senza scrupoli che commercializzano in modo ingannevole falsi prodotti del made in Italy. Gli ignari consumatori subiscono non sapendo e facendosi allettare da pubblicità altrettanto ingannevoli che ne esaltano le virtù per sapore, per genuinità, per gusto e per gli effetti salutistici propri del buon mangiare e del buon bere italiano. Ma così non va! Bisogna liberare il mercato dalle tante frodi alimentari e nel pieno rispetto del consumatore evitare di vendere prodotti taroccati; se sono alimenti estranei al made in Italy che si vendono come prodotti importati, indicandone la provenienza e la regolarità della commercializzazione con la data di produzione, le caratteristiche e le sostanze contenute. Questo serve per un corretto rapporto commerciale tra il consumatore e la distribuzione alimentare; questo serve per tutelare la salute sempre più indifesa del cittadino che, con il mangiare globale, viene esposto a rischi di cui non ne conosce la portata e la gravità. Oggi anche il cibo è, tra l’altro, veicolo di infezioni; virus sconosciuti sono trasferiti da un capo all’altro del mondo attraverso un’incontrollata catena alimentare sempre più globale. Non si intende con questo, fare dell’allarmismo gratuito e/o ingerare, situazioni di allarme ingiustificato. Il mondo, sempre più piccolo e sempre meno distante nei suoi rapporti spazio-temporali, deve saper assumere atteggiamenti virtuosi e garantire la salute globale, un diritto dell’uomo della Terra. Ma oltre a questo è necessario tutelare e difendere l’appartenenza dei prodotti soprattutto alimentari. I falsi, le situazioni taroccate non appartengono al mondo della normalità e della legalità. Sono il frutto speculativo di abusi dell’uomo sull’uomo che, per sete di enormi guadagni, ne subisce, senza saperlo, le conseguenze, consumando falsi prodotti, messi in circuito per fini speculativi, da veri e propri pirati del cibo. Così non va! Così non va soprattutto nel nostro Paese la cui catena alimentare un tempo virtuosa, pregiata e di qualità, viene irrimediabilmente compromessa, compromettendo anche l’economia turistica fortemente legata all’enogastronomia made in Italy e l’economia delle esportazioni che, scoperto il trucco del prodotto taroccato, si tiene lontana dal made in Italy alimentare, oggi ancora fortemente ricercato sia dal mondo che conta, sia dai paesi in espansione che si affacciano con forza verso i nuovi consumi di qualità certificata e sulla carta garantita. La sofferenza del made in Italy alimentare deve cessare; bisogna assolutamente eliminare i prodotti taroccati e, riprendendo le produzioni, dare impulso ad un italian food con materie prime italiane, controllando rigorosamente la provenienza e quindi l’origine geografica dei prodotti della nostra buona terra con riconoscimento (DOP -129 e IGP – 77). Il giro di affari illeciti, fatto di inganni e sotterfugi, vale ben 60 miliardi di euro; si tratta di risorse enormi che fanno gola a tanti italiani senza scrupoli, indifferenti non solo di fronte alla genuinità ed al gusto dei prodotti alimentari, ma anche di fronte alla stessa salute, un bene sempre minore nella coscienza collettiva dei più. Governare il disordine, mettendo ordine e moralità, è un dovere istituzionale di chi governa questo nostro Paese, purtroppo, trasformato in un vero e proprio colabrodo ed in una Repubblica delle banane, dove si può tutto, indifferenti ai diritti dei cittadini; per tutti i diritti, compreso quello della libertà, del reciproco rispetto umano e del rispetto delle istituzioni che governano la società, purtroppo, trasformata dal Nord al Sud del Paese, sempre più in malasocietà, facendo così un grave danno al futuro, al futuro dei nostri figli ed a quella società-mondo in una Terra-Stato che ha bisogno di popoli protagonisti e virtuosi, rispettosi degli altri e non di imbroglioni che taroccano tutto solo per fare business, indifferenti dell’uomo e dei suoi diritti.