Tra i ciclisti e calciatori: Chi ha più fantasia? Contador: Positivo all’antidoping

Oggi è la volta di Alberto Contador, vincitore dell’ultimo Tour de France trovato positivo durante la “grande boucle”, ad un controllo del 21 luglio, giorno di riposo prima della tappa tra le più difficili, la storica scalata del Tourmalet dove lo spagnolo avrebbe poi confermato la sua leadership controllando facilmente gli attacchi del rivale lussemburghese Andy Schleck. La sostanza incriminata è il clenbuterolo, un beta agonista, usato come stimolante con spiccate proprietà dimagranti. Assunto in grandi quantità ha un forte effetto anabolizzante e funziona soprattutto nelle lunghe gare a tappe in cui favorisce il recupero e il rallentamento del catabolismo muscolare. Il clenbuterolo sarebbe comunque vietato dalle norme Wada, in qualsiasi quantità assunto. E in Contador pare ci sia ben più di una semplice traccia. Insomma, ancora una volta con Contador crolla la speranza di questo ciclismo di poter trovare un vincente pulito. E che il fenomeno sia ben più tragico di quel che appare, lo racconta la cronaca nera di questi ultimi giorni anche in Italia. La settimana scorsa infatti i Nas di Perugia hanno smascherato una vera e propria rete di traffici doping che dalla Romagna arrivava fino a Roma, passando per Rimini, Modena, Pistoia, Reggio Emilia, Milano, Parma, Latina, Perugia e Bari. Sei arresti, il 20 settembre e 35 altre persone indagate. Personaggio centrale della vicenda, Enrico Rossi, ventottenne corridore della Flaminia Bossini, formazione di categoria Professional Continental, la serie B del ciclismo. Ovvero qui non parliamo di milioni di pubblicità e di sponsor come per Contador, ma parliamo di un onesto gregario che al massimo poteva sbarcare il lunario correndo, ma che probabilmente poteva arricchirsi spacciando. Ma non c’è fine all’invenzione dell’intelletto umano, alcune storie sono così paradossali che sembrerebbero, lasciatecelo dire, inventate. Storica, ad esempio, la giustificazione del romeno Adrian Mutu, positivo alla cocaina ai tempi del Chelsea, disse di averla presa ”per migliorare le prestazioni sessuali”. Aveva infatti conosciuto una connazionale pornostar e voleva essere all’altezza. La madre di tutte le positività nel calcio italiano fu la storia del Lipopill di Angelo Peruzzi ed Andrea Carnevale della Roma, attribuendo la colpa alla madre che glielo aveva somministrato dopo una cena “abbondante”. Vennero squalificati per un anno. Numerosi i casi di positività anche al nandrolone, Christian Bucchi e Salvatore Monaco del Perugia dissero di aver ”fatto una abbondante grigliata di carne di cinghiale, che ci ha fatto venire fuori valori sballati”.
Per Fernando Couto, portoghese del Parma, fu invece ”tutta colpa di quello shampoo che conteneva nandrolone. E con la chioma che ho, io devo usarne molto”. Famoso infine il caso di Marco Borriello, sospeso tre mesi per positività a prednisone e prednisolone (metaboliti del cortisone) dopo un Milan-Roma (allora il centravanti giocava nel Milan). La corte fu clemente perché tenne conto della spiegazione fornita dalla fidanzata del calciatore, Belen Rodriguez. ”Dopo un rapporto sessuale non protetto – spiegò la pin-up argentina – Marco s’è preso la mia stessa infezione vaginale e senza pensarci gli ho consigliato di usare la crema al cortisone che il mio medico mi aveva prescritto”. Si dice: colpa dei calendari troppo fitti di gare, con tappe durissime, soprattutto quelle alpine e quelle francesi ancora sul pavè. Ma d’altro canto sono propri in quelle tappe che può  nascere il Campionissimo. Ed è questo il tallone d’Achille del Ciclismo. Ed è questo tallone che di fatto ne decreta la sua fine. Ecco che quindi al ciclismo rimangono 2 vie: la liberalizzazione del Doping, come male necessario . E quindi togliendo il ciclismo dai laboratori medici, dalle cliniche attrezzate che seguono gli eventi a qualche centinaio di chilometri di prudente distanza, dai blitz dei Nas, dei carabinieri e della gendarmerie. Magari cercando di tutelare quanto più è possibile della salute di queste povere cavie del successo mandati nella fossa dei leoni in attesa del pollice verso. Insomma, Doping per tutti. E via!  Ma se ancora, romanticamente, crediamo che lo sport sia educazione, cultura e salute e che il ciclismo sia davvero uno sport che racconta la bellissima poesia della fatica dell’uomo. Un uomo solo al comando della corsa, che scala le montagne con le sue gambe, il suo cuore e i suoi polmoni. Un mito che però è scomparso tra fiale siringhe e furbate, già morto da un decennio. Allora tutti a casa per almeno un biennio, a riflettere e porre rimedio sulla tragedia di uno sport che sembra esser svanito.

Valentina Manzo