All’uomo del mondo globale
Giuseppe Lembo
Il Terzo Millennio ed il XXI secolo si aprono con un fatto assolutamente rivoluzionario per la storia dell’uomo; c’è una nuova dimensione, che rappresenta, di fatto, una nuova condizione umana. L’uomo da locale e/o territoriale, ha assunto, in questo inizio di millennio e di secolo, la dimensione globale. Cambia, così, anche la sua condizione; non più stanziale, ma in cammino; in movimento continuo verso l’ignoto, verso mondi sconosciuti. Ha, in poco tempo, assunto un atteggiamento di uomo non più stanziale ma in movimento, per scoprire quello che non sa del mondo e per cercarsi una nuova e diversa condizione di vita. Il termine per indicare la rivoluzione culturale dell’uomo del Terzo Millennio, è globalizzazione; indica il fenomeno in atto di una crescita progressiva della relazione e degli scambi a livello mondiale nei diversi ambiti. Interessa e coinvolge tutto e tutti. L’effetto che ne consegue è una convergenza di tutto di tutti, in tutto il mondo. Si tratta di una convergenza che, prima di tutto, riguarda l’economia, ma non solo quella. Anche la cultura, la comunicazione, le mode dello stare insieme, il cibo e la veloce diffusione in tutto il mondo dei virus che hanno determinato nuovi scenari nella salute dell’uomo, facilmente attaccabile tanto da creare situazioni allarmanti da vera e propria pandemia. Oltre a tutto questo, si respira anche un clima di terrore globale, che non permette all’uomo della Terra di vivere tranquillo ed in pace, ma gli fa respirare una condizione di paura che si attacca addosso e non lascia respirare nessuno uomo della Terra. I più esposti, in quanto più informati sono quelli del mondo occidentale che oggi vivono condizioni di maggiore benessere e di maggiori privilegi, ma a caro prezzo, per la condizione di paura diffusa che prende tutti. Un effetto, altrettanto conseguente della globalizzazione è quello del mondo virtuale che sovrasta quello reale, spesso sostituendosi prepotentemente ad esso. Nel mondo globale della comunicazione mediatica, attraverso le tante autostrade virtuali che, in tempo reale, uniscono i più lontani posti della Terra, c’è un nuovo modo di comunicare e di socializzare. La piazza mediatica, attraverso internet ha annullato la vecchia piazza del confronto diretto tra due o più persone, l’antica agorà in cui l’uomo si incontrava e decideva insieme agli altri del proprio destino e dei destini comuni, appartiene ormai alla storia; fa parte dei ricordi ed è forse un bene di tutti non cancellarla, in quanto la buona tradizione del dialogo, del confronto oggi non più diretto ma solo virtuale, può un giorno e presto, servirci e servire, soprattutto, a quanti si sono votati al solo dialogo a distanza, pensando che non serve l’incontro, il confronto ed il colloquio diretto tra due o più persone. Oggi il giovane termine “globalizzazione” ( è del 1981 la sua prima apparizione), non viene usato solo in riferimento all’economia; ha un uso che si riferisce, soprattutto, ai cambiamenti sociali, tecnologici e politici su scala mondiale e riguarda la politica, il potere, il disagio, la comunicazione, la conoscenza, la cultura, i comportamenti antropici dell’uomo che, sempre più spesso, pur vivendo in solitudine è, di fatto, un uomo globale, un uomo che vive nel Terzo Millennio, secolo dove sono ormai annullate le distanze spazio-temporali e dove i cambiamenti sociali, sempre più profondi, hanno subito una grande accelerazione, per cui vengono meno le certezze di lungo termine, che da sempre hanno caratterizzato l’uomo della Terra. Anch’io ho sentito il richiamo della globalizzazione, costruendo un lungo percorso che ha riguardato la condizione umana ed il disagio dal locale al globale. Si è trattato di un percorso sotto forma di libro “Giuseppe Lembo -I globali del Terzo Millennio- Viaggio nel disagio della condizione umana dal locale al globale- Edizione Istituto Torre Antica – Cilento – Elea – anno 2008”. Un libro a lungo pensato, come scritto nella presentazione, per mettere sotto osservazione il progetto di mondializzazione, rappresentato da un percorso mediatico, fatto di tutto e di più ma, purtroppo, in difficoltà nel trasmettere i valori necessari ad un vivere insieme basato sulla centralità dell’uomo, come soggetto pensante e come espressione di valori e di etica condivisa, la forza identitaria per un cammino ispirato al rispetto reciproco, al dialogo ed alla pace nell’umanità, nell’incontro-confronto con le differenze. La civiltà umana ed il suo futuro, per non correre rischi, ha bisogno di questo; è la via maestra della civiltà globale. In mancanza o deviandone il corso, le conseguenze potrebbero essere estremamente rischiose, determinando forme di un crescente imbarbarimento tra le diversità umane che, a viva voce, spostandosi da un punto all’altro del pianeta, chiedono a buon diritto, il diritto ad esistere, nella libertà di una condizione umana basata sul rispetto dell’altro e sulla liberazione dal bisogno, che non permette all’uomo di vivere dignitosamente la sua vita, in quanto rappresenta una vera e propria negazione della stessa o peggio ancora una soggezione da schiavitù globale. Ancora, in questo libro, nuovo nei contenuti trattati e nello stesso titolo, manifestavo il senso di attiva e profonda necessità nel comunicare idee, nel promuovere il confronto, nel seminare, anche sapendone il rifiuto, sapere e conoscenza. Tutto questo lo consideravo e lo considero ancora un saggio dovere di tutti verso l’umanità futura, che ha bisogno sia di pensiero razionale che di etica e di valori condivisi, per costruire scenari di pace e di mano tesa verso le tante ed abbandonate “diversità” della Terra che, per non morire, sono in cammino sulle difficili vie del mondo. Il tentativo di considerare la globalizzazione come fenomeno della storia umana presente anche nei secoli passati, è un tentativo di scarsa rilevanza ed interesse. Si trattava semplicemente di un fenomeno presente e limitato alla sola internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi commerciali. La globalizzazione come la si intende oggi e come l’ho intesa nel mio libro del 2004 è un fenomeno dei nostri giorni; solo a partire dalla fine del XX secolo, l’umanità ha scoperto la sua nuova condizione (di umanità globale) e l’uomo è diventato globale e quindi protagonista di una nuova civiltà; la civiltà del Terzo Millennio. Oggi il mondo è più piccolo; ridotte le distanze spazio-temporali, appaiono sempre più, ridotte anche le distanze sociali. In tempo reale il mondo globale si esprime e manifesta il suo essere mondo, fatto di un insieme che parte dal locale per diventare insieme globale. La globalizzazione, attraverso l’insieme solidale, può trovare una soluzione possibile alla povertà del mondo. Questo può essere, anzi deve essere, sempre che il pianeta non subisca in modo passivo l’omologazione del modello occidentale, un modello prevalentemente capitalistico e consumistico che non porta da nessuna parte, in quanto farebbe correre il grave rischio di impoverire ulteriormente chi è già povero, rendendo così i poveri del mondo sempre più poveri. Il mio pensiero e le mie attese sulla globalizzazione, pur partendo da presupposti che hanno in sé utopie unite a certezze, è un pensiero assolutamente positivo; vedo oltre la siepe, un’umanità nuova, pronta a sfidare il futuro ed a costruire, attraverso un sempre più corretto utilizzo delle risorse umane, uno sviluppo sostenibile per l’uomo globale del Terzo Millennio. C’è confusione unita spesso ad atteggiamenti pretestuosi in chi prende le distanze dal mondo globale. A mio avviso, la globalizzazione può essere di aiuto allo sviluppo; può, altresì, venire incontro alla difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Chi manifesta la sua contrarietà e/o le sue preoccupazioni per il mondo globale, deve, comunque, capire che, la globalizzazione non è un optional, o un oggetto-soprammobile usa e getta. È, ormai, una condizione umana; appartiene concretamente all’universalità dell’uomo che, credo, possa incontrarsi e possa diventare “protagonista”, vivendo insieme agli altri; vivendo la propria diversità insieme alle tantissime diversità del mondo globale. Condivido le preoccupazioni del premio Nobel per la Pace Muhumad Yumus , teorico della finanza etica, quando invoca la solidarietà di chi ha e delle forme di aiuto sostenibile affinché la globalizzazione possa davvero servire come spinta propulsiva per lo sviluppo e quindi rappresentare quella forza nuova visibile e meno visibile, silenziosa e meno silenziosa, capace di difendere i diritti umani in tutto il mondo, garantendo, così, anche agli ultimi della Terra, il diritto alla vita e con questo, il diritto alla libertà e prima di tutto, alla libertà dal bisogno che l’uomo non può certamente raggiungere attraverso il capitalismo e peggio ancora, attraverso la formula diffusa del capitalismo globale. Anche il Papa Benedetto XVI esprime delle legittime preoccupazioni sui rischi della globalizzazione intesa come accaparramento di risorse e non come il solidale sforzo di costruire un mondo nuovo; un mondo più giusto e più umanamente vivibile. Ma tutte queste preoccupazioni non devono né possono fermare il processo di globalizzazione in atto; bisogna, comunque, vigilare, per evitare che se ne abusi, per perseguire fini che vanno contro e non a favore dell’uomo globale, soprattutto per quella parte degli uomini da sempre esclusi da tutto, compreso il diritto alla vita e quindi al cibo, all’acqua ed all’aria che si respira. Un fenomeno direttamente collegato alla globalizzazione è quello in atto della delocalizzazione che spinge fortemente la produzione capitalistica ad offrire il lavoro nei paesi più poveri, per fare maggior profitto. Questo è assolutamente da evitare; sarebbe un danno gravissimo per tutti, compreso i paesi poveri che, dalle economie assistite e dagli interventi decentrati, non avrebbero la spinta necessaria allo sviluppo. Abbiamo tantissimi esempi di interventi di economie esterne che non hanno funzionato e quindi non hanno prodotto sviluppo, per il quale è necessaria la presenza indigena alle iniziative locali e l’attiva partecipazione ai processi, diversamente, dopo un poco ci sarà di nuovo crisi e quindi povertà diffusa. Oggi la globalizzazione è una macchina in corsa difficile da fermare; il modo di vestire, di ascoltare musica, del comportarsi nella vita d’insieme, è ormai globale. Anche i cibi che mangiamo sono ormai diffusi in tutto il mondo. Nella coscienza dei popoli, il fenomeno riguardante il futuro globale del mondo, si sta fortemente consolidando, va spingendo l’uomo come singolo e come insieme sociale, all’impegno umano comune, per un mondo migliore al di là ed al di fuori dei propri diretti interessi personali o dei confini territoriali di appartenenza. Oggi nel pensiero umano si fa strada sempre più, in termini concreti, la “globalizzazione dei diritti”, la “globalizzazione” di una comune conoscenza delle problematiche umane e la “globalizzazione” sempre più spinta della comunicazione che, in tempo reale, raggiunge l’uomo in ogni dove, anche negli angoli più lontani e nascosti del pianeta Terra. Connesse alla globalizzazione, cresceranno ovunque ed in senso globale, le future trasformazioni sociali. È quanto pensa la sociologa americana Saskia Sassen. Anch’io ne sono fortemente convinto, per cui, sarebbe un bene per tutti, farsi trovare preparati ed aiutarne il corso. La globalizzazione, pur avendo come importante riferimento il locale, nel suo ruolo sia identitario che antropologico-umanitario, di fatto, ha l’importante funzione di denazionalizzare al massimo quel che è stato costruito come nazionale; da qui l’ipotesi, tutta futura, di una società in trasformazione che si identificherà nella società-mondo e della Terra che si identificherà nell’unico Stato della Terra-Stato. È utopia? Sono sogni? Se tali sono, ossia utopia e sogni, allora io dico che fa bene a tutti, abbandonarsi ai sogni e credere nell’utopia, come futuro possibile, come percorso umano d’insieme che ti prende per mano per accompagnarti nella società-mondo ed in quella Terra-Stato, dove l’uomo può esprimere il meglio della sua vita insieme agli altri, vivendo, prima di tutto bene ed in pace con se stesso. I mutamenti del prossimo futuro saranno per molti aspetti rivoluzionari. Non si tratta solo delle conquiste tecniche a cui, giorno dopo giorno, sarà interessato l’uomo della Terra. Si tratta, soprattutto, di profonde trasformazioni sul piano antropico-culturale. Con la crescita del meticciato culturale, ci sarà una diversa idea di identità e quindi conseguentemente, un diverso comportamento dell’uomo che sarà sempre meno locale e sempre più globale, con una crescente interconnessione tra i micro ambienti e la dimensione globale; cresceranno sui territori locali le aperture locali; il concetto di “locale” subirà una profonda e crescente trasformazione. Tutto ciò che è locale verrà situato in un circuito globale, diventando microambiente nel contesto di un circuito globale. Si ha la dimensione globale, pur essendo locali. Ci saranno situazioni di conflitto tra locale e globale. Io personalmente mi rifiuto di crederci. Sono convinto che il locale ed il globale, al di fuori di ogni previsione conflittuale, tenderanno ad intersecarsi. Già esistono situazioni estremamente positive di assoluta ed armonica convivenza tra i due diversi mondi. Figure locali riescono ad impegnarsi nella politica globale passando per quelle macrotematiche che non interessano solo questo o quell’uomo, questa o quella parte di territorio. Si tratta dei temi del futuro che riguardano l’uomo universalmente inteso; in primo piano, ci sono i diritti umani che sono visti come patrimonio di tutti gli uomini della Terra. Ma, oltre a questi, ci sono anche i diritti fondamentali dell’uomo che riguardano la salute, la comunicazione, l’educazione, l’ambiente, l’acqua, l’aria che si respira e tutte quelle cose materiali ed immateriali che interessano l’uomo in quanto uomo, senza alcuna differenza di genere, di cultura, di reddito e di tutto quanto da sempre ha rappresentato la diversità umana, divisa in inclusi ed esclusi,apocalittici ed integrati, in privilegiati ed ultimi. Il mondo deve e vuole crescere; in civiltà ed in democrazia. C’è bisogno di democrazia, mentre ancora c’è tanta violenza ed autoritarismo che offendono le coscienze della gente, dei giusti della Terra. È, purtroppo, lontano quel mondo di pace, difficile da raggiungere, ma sognato come obiettivo di una grande umanità globale e di una Terra unico stato, come dovrà essere quella in cui vivono tutti i popoli della Terra, accomunati da un fare umano e da comuni comportamenti antropici, il frutto di una comunicazione sempre più globale e di un meticciato culturale per contatto che fa incontrare le diversità, le mette insieme e le rende importanti risorse per un cammino di reciproco arricchimento e di sviluppo sia umano che economico e sociale. Caro uomo del mondo globale, tu, sul palcoscenico del mondo, ti proponi come uomo nuovo, come uomo diverso sia per comportamenti che per attese di vita. Pur radicato nel proprio contesto di appartenenza, hai una visione di insieme che ti rende nuovo rispetto al passato. In te, sia sul piano etico-comportamentale che dei saperi e della conoscenza, c’è l’agire del mondo globale, con al primo posto la “globalizzazione” dei diritti, considerati un obiettivo da cui partire per fare dell’uomo del pianeta Terra, un uomo globale. Mai prima d’ora era emersa una domanda di “uomo” in questi termini; è assolutamente nuova e per molti aspetti anche rivoluzionaria. In questo c’è il senso della vicinanza verso l’altro della Terra, verso i diversi che, essendo ultimi, sono sempre stati abbandonati al loro triste destino, fatto di sofferenze, di fame e quindi di morte, come premio per essere nati ed aver calpestato da qualche parte, per breve tempo, il suolo della loro madre Terra, una madre per tanti, poco amorevole e dal volto di madre fortemente matrigna. La Terra, caro amico uomo, è fortemente caratterizzata da condizione chiaroscure. Agli eccessi di luce, si sovrappongono altrettanto eccessi di ombre. Dal benessere alla miseria, dalla ricchezza alla povertà, è una condizione diffusa che, trasversalmente, attraversa tutto il mondo, tutti i continenti e, variamente distribuita, attraversa tutti gli uomini della Terra che ancora non sono solidali per capire l’importanza di chi è restato indietro, di chi è ancora ultimo, di chi non ha il necessario per vivere e….. muore, nell’indifferenza di tutti. Le preoccupazioni per il buon fine del percorso che, riguarda in senso compiuto, la globalizzazione e lo sviluppo sostenibile dell’uomo globale, viene dalle realtà in grave deficit di sviluppo sia del mondo afro-asiatico che di tanti paesi della povertà dell’America Latina. Per tutta questa parte di popolazione del pianeta (una gran bella parte), dove, per altro, abita un miliardo di persone che non ha niente e che, ogni giorno, sistematicamente muore di fame, c’è da essere allarmati. È un’impresa più che difficile realizzare anche qui il progetto dell’uomo globale; ma, così deve essere, così deve essere fatto, perché la globalizzazione non può lasciarsi indietro una parte antropologicamente importante del pianeta Terra; una parte dimenticata da tutti che, così facendo, dovrebbe continuare a morire di fame ed a vivere nell’indifferenza di quella parte del mondo destinataria di una diversa vita e di veri privilegi sempre più ridotti a benefici di pochi. Indietro non si torna ed indietro non devono rimanere, ancora una volta, gli ultimi della Terra. È questa la grande sfida che la globalizzazione con al centro l’uomo globale, dovrà affrontare e vincere. In questa grande sfida del presente e soprattutto del futuro, c’è da far rimarginare le tante piaghe dell’Africa, dove la disumanità, ha sempre prevalso sull’umanità, per effetto, tra l’altro, di un colonialismo egoisticamente chiuso in se stesso, che ha lasciato ovunque sul continente africano, forme consolidate di sottosviluppo diffuso non solo di tipo territoriale, ma anche umano, con una tribalità tarda a morire; le conseguenze sono rappresentate da una situazione di profondo malessere umano e sociale e da una condizione di ultimi della Terra, destinati ad autoperpetuarsi nelle povertà, nella disperazione, senza neppure saper pensare ad un progetto di vita nuova con al centro l’uomo e la globalizzazione dei diritti che li riguardano in quanto uomini del pianeta Terra. L’Africa, gran parte dell’Asia ed i paesi dell’America Latina, sono realtà del mondo politicamente deboli; manca una convinta identità nazionale che sa unire gli uomini anche nelle loro diversità. Per risollevarne le sorti, con l’impegno del resto del mondo, bisogna che tutti si adoperino per un cammino di coesistenza, di pace e di unità nazionale; è, questo, un punto centrale per traghettare anche il continente nero verso lo sviluppo desiderato e necessario per un diverso e più umano corso della vita per tutti i popoli della Terra, nessuno escluso, nel corso del terzo Millennio, dando così piena attuazione alla globalizzazione nella sua espressione di civiltà globale e di uomo globale. Per l’Africa, le radici della negritudine rappresentano una grande risorsa per il futuro di un popolo dalla grande dignità umana, tenuta alta anche nella sofferenza, nel dolore, nelle violenze subite per mano di altri uomini del pianeta Terra. Il particolare locale del globale deve, come nel caso dell’Africa, raggiungere la piena indipendenza economica e sociale; è un punto di partenza obbligato per chi non ha niente, per chi non sa immaginarsi un futuro nuovo e diverso, essendo fortemente radicata nella coscienza della gente, rimasta da sempre nella condizione di “plebe”, senza essere mai riuscita a diventare “popolo”, sia la povertà che la sottomissione e l’attesa di solidarietà umana per non morire. È mancata la dipendenza, la crescita e lo sviluppo centrato sulle proprie e dirette capacità di agire insieme per il bene comune. Nonostante le tante risorse naturali di cui è ricca l’Africa, è ancora un continente povero, sottomesso e dipendente dal resto del mondo; è qui che alle vecchie forme di schiavitù, si assommano nuove schiavitù; è qui che c’è, tra l’altro, un mercato della carne umana con forme crescenti di sfruttamento, di schiavitù moderna e di barbarie dell’uomo contro l’uomo. L’Africa, come il resto del mondo dove lo sviluppo è, tra l’altro, l’obiettivo per non morire, devono, con l’aiuto del mondo globale, trovare necessariamente il modo di uscire dallo loro consolidata condizione di povertà, di diffuso malessere economico, sociale e culturale; tanto, rappresenta il presupposto per una diversa crescita umana e per diverse e più vivibili condizioni di vita territorialmente condivise e non imposte così come è successo da sempre. Caro uomo globale, con la tua nascita antropologica siamo di fronte ad un evento di rilevanza grandissima. Si sono accorciate e per molti versi annullate le distanze tra le diverse razze e popoli della terra; è in atto un processo di meticciato culturale e di incontro delle “diversità”; sarà certamente un arricchimento per l’uomo del mondo che non dovrà contentarsi di vivere nei confini della sua identità, della sua genesi antropologico-culturale. La contaminazione, a mio avviso, darà frutti positivi e determinerà scenari da mondo nuovo, fatto di pace e di tolleranza anche se disturbati da fanatismi e terrore che sono il vecchio e l’eredità da cancellare, di un mondo ormai passato che non ha niente a che vedere con il futuro, dove ci sarà il protagonismo nuovo dell’uomo globale. Questa lettera a te uomo globale, è un atto di fede del mio futuro per l’uomo della Terra. Forse anch’io devo saper far tesoro degli insegnamenti di Seneca, secondo i quali una vita è troppo poco per imparare a vivere. Senza avere la presunzione di sconfessare Seneca, dico che è comunque importante viverla bene e saperla spendere bene pensando bene al bene comune. Il resto appartiene a quel divenire delle cose che oggi è in affanno per una profonda crisi dell’essere, in quanto si pensa molto all’apparire, al consumismo, al possesso delle cose terrene. Io dentro sono un ostinato seguace di Parmenide; penso molto all’essere, al mio essere, centrale per conoscere anche il nuovo mondo dell’essere rappresentato dall’uomo globale. Questo mio pensare agli altri è un raccontare per raccontarsi e per fare della mia storia di uomo, l’inizio delle tante storie dell’uomo globale; tanto, al fine di pensare e di iniziare a costruire il futuro, orientandolo verso quegli obiettivi e quei valori che trovano la loro forza nelle radici del passato, a cui apparteniamo tutti noi. Non lo dovrà mai dimenticare l’uomo globale se non vuole ridursi a sola ed inutile comparsa, spogliandosi del suo essere, del suo essere pensante e ridursi e ridurre tutto e solo al semplice apparire, il grande rischio, il buio, le tenebre profonde per l’uomo del Terzo Millennio, che maldestramente può scegliere di abbandonare la luce, la speranza, i sogni, per cercarsi condizioni umane di crescente sofferenza, sia nel rapporto con l’uomo globale che con la natura e la Terra, oggi profondamente ammalate di uomo.