Fra Diavolo nella Valle dell’Irno
Anna Maria Noia
“In viaggio per incontrare Fra Diavolo”: questo l’intento e l’itinerario voluti fortemente dal sodalizio socioculturale irnino “Dei due principati”, retto dal propositivo e umile fiorista Alfonso Galluzzi, che domenica 3 ottobre 2010 ha organizzato da e per Baronissi (toccando anche Itri) un vero e proprio “revival” sulle orme e per rivivere le gesta dense di epopea attuate dal noto “bandito” Fra Diavolo, alias Michele Pezza. Il viaggio del 3 ottobre è stato approntato in collaborazione con le altre associazioni “L’arca della Speranza” e “Terra di briganti.”Il tutto percorrendo le strade calcate dal “brigante” (anche se il termine è improprio) che comunque è stato per la fantasia popolare anche un eroe, che si opponeva al potere e per questo era considerato “pericoloso” per la pubblica sicurezza e incolumità. Per l’occasione Galluzzi ha divulgato notizie importanti su questo ambivalente (ma non ambiguo) personaggio, notizie che poi abbiamo – noi che scriviamo – voluto integrare (avvalendoci di fonti orali di nostra conoscenza) non per fare un torto a Galluzzi, bensì per dare modo agli eventuali lettori di poter immergersi meglio, in profondità, nella storia e nella temperie culturale dell’epoca, trovando spunti di riflessione per capire il passato e proiettarsi nel futuro. Altre parti della dignitosa ricerca di Galluzzi sono state invece da noi riassunte. Cominciamo dunque da ciò che ha reperito il presidente dell’associazione “Dei due principati”, che si è anche occupato, fino al primo ottobre 2010, della mostra di rose in atto a Villa Desiderio in Pellezzano: secondo Alfonso Galluzzi poco più di duecento anni fa Baronissi divenne il quartier generale del colonnello-insorgente Michele Pezza, detto appunto Fra Diavolo. Il percorso da questo personaggio seguito da Sora (Frosinone) a Baronissi è stato ricostruito da storici e romanzieri. Nel suo guerreggiare alla fine del ‘700, Fra Diavolo era riuscito a mantenere unito un solido nucleo di trecento uomini circa, numero poi progressivamente ridotto a causa dei continui attacchi dei soldati francesi. Non restò a Pezza che aprirsi dopo alcune battaglie una via di salvezza verso il mare, dove l’attendevano le navi del contrammiraglio Sydney Smith che lo avrebbero portato a Palermo laddove si era rifugiata la corte borbonica. Giunto a Torre Annunziata salì poi al castello di Lettere, nel cui luogo venne attaccato dai Francesi con il resto della sua banda. Con i superstiti da Agerola si diresse verso Furore e qui trovò rifugio. Riguadagnata la montagna, nei boschi della Chiancolella di Tramonti venne aiutato e rifocillato dai pastori. Nei boschi di Cava dei Tirreni passò l’ultima sua rivista e diede l’ordine ai suoi di divedersi. Poi venne a Baronissi: per consiglio dell’Adelizzi, Fra Diavolo, con il fratello maggiore Giuseppe Antonio, il nipote Domenico e altri, si diresse verso il litorale di Eboli. Giunti presso Montecorvino, i nostri protagonisti furono attaccati da alcuni cacciatori e durante lo scontro il Nostro rimase ferito al petto da un pallino da caccia. Si diresse allora verso Olevano sul Tusciano. Da qui, rimasto solo, Michele Pezza si diresse verso S. Severino, con l’intenzione di raggiungere Napoli per la strada di Nocera. Stanco e affamato, tormentato dal freddo e dalla ferita, Michele Pezza- Fra Diavolo in compagnia di una donna entrò in Baronissi, dove Matteo Barone, caporale della guardia civica e titolare della spezieria – insospettito – consegnò Fra Diavolo a due guardie civiche che lo condussero a Salerno. Nel 1806 Sydney Smith – prosegue Galluzzi nel suo rivisitare la storia di questo eroe anche se “negativo” (tutto è relativo, però, come abbiamo accennato all’inizio, in quanto il “bandito” Pezza veniva visto positivamente e accolto con esultanza dalla gente) – venne incaricato dal re Ferdinando IV di sollevare la popolazione contro i francesi. Subito l’ammiraglio chiamò alcuni capi dei Corpi Volanti, sotto il comando di Diavolo. Dopo aver scorrazzato combattendo e sollevando, aizzando la popolazione della Calabria, Fra Diavolo giunse a Capri; liberati gli ergastolani dal penitenziario dell’isola di S. Stefano poi il condottiero approdò a Sperlonga. Indi fu in vista di Itri; attraverso Campodimele giunse a Sora e ivi stabilì il suo quartier generale. Sono alla conclusione le notizie del buon Alfonso Galluzzi, che puntualizza sul fatto di meglio promuovere – tramite le associazioni succitate e non solo – iniziative mirate sul nostro territorio così ricco di storia e tradizioni per conservare la memoria in un itinerario ideale con risvolti sul piano turistico. Diamo di seguito altre brevi notizie – inedite – su Fra Diavolo dalla viva voce di un prezioso interlocutore che ha inteso solamente integrare la storia di questo popolare brigante tracciata meritevolmente dal presidente dei “Due principati”. Fra Diavolo era il soprannome di Michele Pezza, nato ad Itri (Latina) nel 1771. Il soprannome gli era forse derivato dal travestimento che spesso assumeva nelle sue “azioni avventurose” dopo essere stato accolto nel convento di S. Giovanni in Fiore, sulla Sila, quando contrastava i Francesi, “invasori” del Regno di Napoli, al comando di bande irregolari. Fu sempre fedele ai Borboni, perciò nel 1799, durante la Repubblica Partenopea, appoggiò il cardinale Ruffo muovendosi dalle Calabrie alla volta della Capitale del Regno, Napoli, nella riconquista del territorio al comando di un manipolo di uomini che –quali incursori – si distinsero nell’applicazione della “guerriglia” (uno dei primi metodi appunto di “guerriglia”); egli si segnalò nella repressione antirepubblicana rapida e non cruenta con attacchi a sorpresa e per questo ricevette da Ferdinando IV di Borbone la nomina a colonnello e a governatore della Provincia di Gaeta. Malgrado avesse raggiunto una posizione invidiabile, per quei tempi, non volle godersi questi privilegi: il suo spirito avventuroso lo portò ad agire e a “spaziare”nel Regno di Napoli, sempre combattendo gli invasori francesi divenendo l’imprendibile “primula rossa” del Mezzogiorno, applicando la solita tattica della “guerriglia”, rapida, imprevedibile, privilegiando i luoghi montuosi. Era talmente imprendibile che si pensava avesse il dono della bilocazione pur non essendo un santo. Nel nostro territorio esiste un antico soprannome, quello di Fra Diavolo, per cui non esiste comune o frazione della Valle dell’Irno e della Valle del Sarno dove non vi sia almeno una famiglia un cui componente non abbia tale soprannome, segno della presenza di questo “eroe” (controverso) nelle nostre zone o segno (anche) di una partecipazione diretta di nostri antenati nella banda di Michele Pezza. Dopo tante battaglie, nel 1805 esausto si fermò a Baronissi, dove – tradito – fu trattenuto per riscaldarsi e rifocillarsi dal farmacista-speziale descritto da Galluzzi fino all’arrivo del colonnello Leopold Hugo, padre dello scrittore Victor che – provenendo da Avellino da Principato Ultra, dove era il distaccamento della cavalleria francese – prese in consegna la “primula” sola e stanca trascinandola in catene prima ad Avellino e poi traducendola a Napoli, dove Fra Diavolo concluse i suoi giorni nel 1806, salendo sulla forca a Piazza Mercato. Ancora oggi si ricorda il triste nome di un suo sanguinario luogotenente: “Mammone”, che incute paura ai bambini del nostro territorio. La rievocazione è tenacemente rapportata al fatto che suo “fedele” brigante era specialista nell’assalire i “malcapitati nemici” di notte, infierendo sadicamente sui bambini, costringendo gli altri a “parlare”.
articolo eccezzionale sapienti e pricisi i riferimenti storici, esaustiva la descrizione .
articolo bello , dettagliata e pricisa la ricosruzione storica ,
esaustiva la descrizioni dell’evento e del personaggio
complimenti una lucida ricostruzione. Sarebbe utile propsettarne i contenuti nelle scuole affinché , finalmente, la storiografia ufficiale revisionasse la mitologia unitaria.
Si racconta anche che lo tennero in una stanza con sbarre al pianterreno a sinistra dello scalone principale del vecchio Municipio di Baronissi fino all’arrivo del colonnello Leopold Hugo