L’ultima lezione del professore di filosofia

                                        Antonio Pirpan

Storie vive, appena sbiadite dal tempo, mentre gli anni corrono e aumentano i rimpianti. Zoppicava per una malformazione al piede, era calvo e aveva una faccia tanto brutta e feroce da sembrare quasi bella nella sua rude asimmetria. Dalla bocca sgorgava una voce baritonale, inasprita di continuo da una nota di sarcasmo. Era il mio professore di filosofia all’Istituto Magistrale di Campagna. Ricordo che quando chiamava alla cattedra sentivo il mio nome suonare come fossi un figlio illegittimo: << Pirpan, cosa ha capito della “Ragion Pura?” >>. Usava il metodo di insegnamento socratico, ponendo domande senza mai dare le risposte; dovevi trovare la strada da te e, comunque io rispondessi, lui incalzava con un fiume di parole e di concetti, facendomi restare sempre dubbioso delle mie conclusioni. Imparammo che la filosofia non è una scienza esatta, ma un’attività dell’intelletto alla ricerca di precetti morali, e che la logica usata nella ricerca non è mai irrefutabile. A fine estate di quell’anno, venimmo a sapere che il professore avrebbe chiesto il pensionamento con qualche anno di anticipo, costretto da seri motivi di salute, e a noi toccò la fortuna di assistere ad un avvenimento eccezionale che ci avrebbe rivelato una sua dimensione nuova e sconosciuta. La festa d’addio si svolse nell’aula magna della scuola. Seduta sulla piattaforma, tra i professori, c’era una signora vestita di nero. I lineamenti perfetti erano messi in risalto dai capelli morbidamente raccolti, candidi, che non invecchiavano il viso, anzi aggiungevano nobiltà ai tratti. Una bella donna giovane è un fenomeno della natura, ma una bella donna anziana è un’opera d’arte. Sedeva immobile e attenta, senza alterigia, e gli occhi di tutti erano fissi su di lei. Prima di parlare, il professore rimase immobile a lungo; il suo viso roseo e benevolo aveva perso ogni severità. << L’intelletto si forma soltanto se viene sottoposto a continui stimoli – esordì, perché solo allora, per reazione, fa appello a tutte le sue riserve di immaginazione e di intraprendenza. Lo studente deve trovare da sé la propria strada, come dovrà trovarla nel mondo. Per questo sono stato così duro con voi, cari ragazzi: il mondo che vi aspetta lo sarebbe stato ancora di più >>. Fece una lunga pausa e si volse verso la bella signora vestita di nero. << Non posso congedarmi da voi  senza parlarvi della cosa più importante della mia vita >>, disse con voce sommessa. << A trent’anni conobbi la ragazza più bella che avessi mai visto. Fu un colpo di fulmine e me ne innamorai al primo istante Anche lei mi confidò che mi amava  più di quanto io potessi amarla. Insieme, costruimmo nella felicità la nostra famiglia, e da allora vivo in un sogno, portandomi dentro la musica della sua presenza silenziosa, Congedandomi da voi, cari colleghi e studenti, non posso non dire che devo a lei tutta la mia felicità e che lei è stata…>>. La voce del professore ebbe un cedimento sotto l’effetto dell’emozione, poi si volse verso la signora, e furono gli occhi di lei, limpidi nel pianto, a finire la frase lasciata a metà, come se le parole non bastassero a esprimere la profondità del suo amore.