Carrara: ritorna la Madonna col Cardellino del Maestro di Barga
Ritornata, dopo anni di assenza, nella parrocchia di San Pietro apostolo di Avenza –Carrara da cui era partita quasi cento anni prima, la Madonna col cardellino, un autentico gioiello di arte e fede, è una delle poche opere in nostro possesso attribuita a quel raffinato pittore quattrocentesco noto come maestro di Barga. Decisamente di piccole dimensioni, specialmente se paragonata alle altre opere dell’artista lucchese, la tavola (forse ciò che resta di un originale polittico) accuratamente restaurata ed esposta in una posizione che ne permette una buona fruizione, ha un suo particolare fascino e si fa notare, oltre che per la delicata bellezza del disegno, in particolare per la severa grazia del viso della Madonna rivolto verso i fedeli nonchè per le scelte stilistiche e coloristiche operate dall’autore. Certamente molte di tali scelte rispondono ad un impianto abbastanza diffuso nel periodo in cui l’autore ha operato ma, come efficacemente evidenziato da Federico Zeri, egli “rivela combinazioni, in senso arcaicizzante, di moduli gotici internazionali su di un impianto schiettamente trecentesco” che ne rendono l’opera particolarmente interessante e rivelano una grande maestria nell’uso di tali tecniche. Gesti consolidati da una lunga consuetudine pittorica, ricevono corpo e sostanza da un uso intenso del colore, dalla scelta di una linea pulita, senza fronzoli, volta a trasmettere l’essenzialità della comunicazione. La routine di un’opera di scuola si trasforma, così, in un messaggio a forte valenza estetica ed etica, pervasa da un profondo e sentito senso religioso che riempie di contenuti ogni elemento del dipinto e che fa riferimento ad archetipi fortemente radicati in ogni uomo. Innanzitutto risulta di notevole interesse l’inusuale forma trapezoidale del quadro che, in qualche misura, avvia il fruitore alla decodifica di alcuni probabili significati. Richiamando, a grandi linee, la forma di una testa di bue vista di fronte, emblema dell’olocausto della potenza creatrice e fecondatrice, sembra infatti voler alludere all’idea del sacrificio del Cristo ed alla sua opera di redenzione. All’interno di questa cornice una Madonna, immersa in un campo d’oro, tiene tra le braccia suo figlio che appare quasi offerto dalla madre allo sguardo dei fedeli ma, anche e soprattutto, all’opera di salvezza che è venuto a svolgere. Il bianco del velo che, con eleganti pieghe, circonda l’ovale del viso di Maria è il primo simbolo di questo messaggio: ponte tra mondo visibile ed invisibile, carico di promesse, risvegli, potenzialità, questo bianco fecondo rappresenta quasi una seconda aureola intorno al volto della Vergine e ne sottolinea il ruolo di mediatrice, di passaggio da una vecchia ad una nuova vita. Lo stesso ruolo è sottolineato dalla veste della Madonna, di un azzurro profondo ed immobile, che quasi smaterializzandone il corpo, assorbe in sé ogni contraddizione e si propone come una strada verso il luogo metaforico dove il reale si trasforma in ideale. Avvolta da tale manto, Maria diventa la via per l’Infinito, non appartiene più a questo mondo ma suggerisce l’idea di una tranquilla e conclusa eternità, evoca il tempio dell’immortalità; è elemento centripeto e catalizzatore e, nello stesso tempo, guida l’uomo verso l’Assoluto, destando in lui un desiderio di purezza e di sete sovrannaturale. Metafisicamente, l’azzurro diventa metafora femminile, il campo elisio da cui irrompe la luce, l’oro, il principio maschile che ne esprime la volontà. Azzurro e oro diventano, così, una ierogamia terra-cielo, umano-divino, potenza-atto, l’elemento visibile di questo ruolo di intermediazione in cui Maria, distaccata dai valori di questo mondo ed ascesa a Dio ormai depurata da ogni affanno terreno, muove verso l’oro per incontrare la perfezione grazie alla mediazione del bianco virginale che le aureola il capo. Ma il bianco e l’azzurro, colori mariani per eccellenza, acquisiscono qui una diversa profondità, non sono soltanto valorizzazione dell’aldilà, simboli dell’ascensione all’empireo dell’anima liberata dal peccato, ma sottolineano il ruolo di passaggio della figura mariana, ne accentuano il significato di medietas grazie al contraltare che il corpo del bambino, già quasi adolescente, ha all’interno del dipinto. Rivestito da una lunga tunica arancione, testimonianza dell’ equilibrio tra le forze del cielo e della terra, della sublimazione iniziatica espressione dell’amore divino e della certezza della fede, il figlio, rivolto verso la madre quasi a colmare con lo sguardo lo spazio tra creatore e creatura, ribadisce il suo ruolo di cerniera tra trascendente ed immanente attraverso due gesti: il primo, poeticissimo, è quello con cui regge le pieghe del velo della madre con un gesto che è, contemporaneamente, di umana delicatezza e di forte valore simbolico perchè quando la mano di Dio tocca l’essere umano, questi riceve su di sé la grazia divina. L’altro segno, metaforicamente rilevante, è quello che vede il piccolo Gesù stringere nella mano sinistra un cardellino, essere alato intermedio tra la terra ed il cielo che, da un lato testimonia l’amicizia di Dio verso gli uomini, dall’altro simboleggia l’immortalità dell’anima ed il lungo e faticoso percorso della liberazione dai legami terreni e la ricerca della via per riconquistare la patria celeste. Quella che poteva apparire come una rappresentazione dell’aspetto più umano della fede diventa, invece, un’epifania, una manifestazione del divino e, contemporaneamente, un’indicazione della strada maestra per la salvezza. Sempre il maestro di Barga ha creato emozioni, ma certamente ciò che è riuscito a comunicare anche attraverso questo piccolo gioiello, ci fa rimpiangere di non poter ammirare un maggior numero di sue opere. E se la via Francigena rappresentava il cammino che portava i fedeli al cuore della cristianità, certamente l’aver rinvenuto ad Avenza, tappa importante lungo questo percorso, questa squisita rappresentazione della Madonna, è un evento importante e, speriamo, foriero di una rinnovata vitalità artistica e culturale.