MIDA: a paragone i terremoti di Campania, Basilicata e Abruzzo

Terremoti: spese e gestioni non sempre coincidenti. Se per l´Irpinia nel 1980 furono spesi per ogni cittadino senzatetto 7.889 euro, con 400 mila senzatetto, per l´Abruzzo con 67.500 senzatetto sono stati spesi finora 23 mila 718 euro. Sono solo alcuni dati dello studio sui quattro terremoti e la gestione delle emergenze succedutisi dal 1980 al 2009. I dati arrivano dello studio “TRENT’ANNI DI TERREMOTI ITALIANI Analisi comparata sulla gestione delle emergenze” a cura di  Stefano Ventura, e voluto dall´Osservatorio sul Doposisma della Fondazione Mida. In Campania e Basilicata (1980) si registrano 2194, 8800 feriti e 400 mila senzatetto, in Umbria e Marche (1997) 11 morti, 136 feriti e 43.450 senza tetto,  in Molise (2002) 29 morti, 50 feriti e 3700 senzatetto, e in Abbruzzo (2009), 308 morti, 1600 feriti e 67459 senzatetto. Per quanto riguarda le spese per la gestione dell´emergenza durante il primo anno, per il terremotro del 1980 in Campania e Basilicata si arriva a 2,29 miliardi di euro (7.889 euro spesa procapite), in Umbria e Marche a 226 milioni di euro (4.810 spesa procapite), in Molise a 119 milioni di euro (27.027 spesa procapite), e in Abruzzo, stante alla relazione di qualche giorno fa di Bertolaso, si arriva a 2 miliardi di euro (23.718 spesa procapite) Infine l´arrivo sui luoghi della Protezione civile passa dalle 10/12 ore dopo, nel 1980 a 3 ore dopo in Umbria a 30 minuti in Molise, a tre minuti in Abruzzo. La ricerca parte dal tentativo di raffrontare gli ultimi 4 casi di terremoto italiani dal 1980 e come spiega Ventura ” l’analisi dei singoli casi presi in esame è stata affrontata cercando una uniformità di temi. Naturalmente i singoli terremoti hanno avuto caratteristiche profondamente diverse tra loro. i disastri verificatisi in Irpinia non sono paragonabili a quelli del Molise. L’Umbria e le Marche scelsero la tutela del patrimonio storico, artistico e urbanistico come stella polare, il terremoto in Abruzzo ha colpito una città capoluogo come non avveniva dal terremoto di Messina”. “Si può vedere – aggiunge Stefano Ventura – come la ricostruzione in Campania e Basilicata abbia costituito il banco di prova maggiore di quello che negli anni Ottanta fu definito “il partito unico della spesa pubblica”, fautore della cosiddetta “economia delle catastrofi”.  Arrivando ai terremoti più vicini, ci accorgiamo di come nelle gestioni delle ricostruzioni in Umbria e Marche e in Abruzzo ci sia stato un capovolgimento quasi totale di paradigma, passando da una delega pressoché totale alle regioni e ai comuni nel 1997 a una gestione affidata al commissariato guidato dal capo dipartimento Bertolaso per tutta l’emergenza, quando i sindaci venivano solo “sentiti” e un passaggio di competenze tutto sommato ancora incompiuto, se non altro dal punto di vista di autonomia finanziaria, al presidente di Regione e al sindaco dell’Aquila”. Ancora Ventura spiega che “La scelta compiuta in Abruzzo di saltare completamente la fase degli insediamenti provvisori, passando dalle tende alle case (ovvero alle C.A.S.E.), testimonia un progetto ben preciso che la Protezione Civile, la presidenza del Consiglio e la fondazione Eucentre avevano già predisposto, visto che fu presentato all’opinione pubblica già il 23 aprile 2009. Il giudizio su questa operazione non può essere compiuto con i criteri della lettura scientifica, ma ricade nel dibattito dell’attualità politica. Quello che si può però affermare è che la concentrazione di ingenti risorse finanziarie (circa 790 milioni di euro) per ospitare tra i 15mila e i 20 mila senzatetto (1/3 del totale) sia stata una scelta troppo onerosa per le risorse pubbliche, se paragonata alle gestioni degli insediamenti provvisori, che pure sono stati necessari anche in Abruzzo.”