Lettere al mio Paese-Paese mio, ti scrivo per dirti che non ti riconosco più

Giuseppe Lembo

Paese mio, proprio non ti riconosco più. Ho nostalgia di un paese vero fatto, prima di tutto, di uomini veri, di umanità e valori che servono a vivere bene insieme. Ma, oggi, dove sei Paese mio? Non sei più quel semplice Paese, borgo natio, tale da  farti riconoscere come luogo ideale, dove rifugiarsi, per ritrovare insieme agli altri, il meglio di se stesso. Hai dimenticato il meglio di te: le tue origini, la tua appartenenza, la tua identità paesana. Un tempo anche nella povertà e nella semplicità delle cose, sapevi apparire ricco e bello. Oggi continui a scivolare nello “sgarrupo”, nel degrado morale e materiale; continui a produrre indifferenza umana; continui a vivere di presente ed a rifiutarti di pensare ed agire insieme, per cambiare e per costruire a più mani il tuo futuro, con un cammino nuovo nell’antico, per un mondo nuovo. Continui a vivere in un presente invadente e ad essere indifferente a promuoverti per “cambiare”, per umanizzarti, per saperti confrontare con gli altri del mondo, che diventa sempre più piccolo e sempre meno distante nel suo rapporto locale – globale. Paese mio: non parli più; ti sei ammusonito, balbetti o se non balbetti gridi, per non farti capire. Sei più e solo per lo stomaco e sempre meno per il pensiero, per la ragione, per l’etica e/o per il buon sentire ed il buon parlare. Sei un Paese indifferente a tutto. Non sai stare più insieme; non sai ricercare un cammino d’insieme, dialogando, ragionando e tendendo la mano, per fare una forte catena umana con le radici basate, prima di tutto, sulla tua umanità paesana. Pensi poco a te stesso; vivi distrattamente il tuo presente; assorbi in modo compiaciuto, tutte le idiozie mediatiche, tutti i prodotti di un apparire invadente che ti portano a volere sempre più, un grande bene allo stomaco insaziabile, con tanta indifferenza per la mente, per il pensiero, per la morale, per l’etica comune e condivisa, per il sapere fortemente legato al mondo naturale e dei campi da cui, con grande spirito di sacrificio, hai sempre saputo trarre il necessario per il tuo vivere e per quello dell’insieme sociale della tua gente. Oggi non pensi positivo; oggi, da rassegnato, da indifferente e senza protagonismo, hai delegato ad altri, tutto di te stesso e pretendi di vivere con quello che gli altri ti danno. Povero Paese mio, come sei finito male, elargendoti benevolmente, l’illusione della sopravvivenza! Così facendo sei a rischio; rischi la tua estinzione. Tu che un tempo eri l’ombelico del mondo, hai rotto la magia che ti legava al resto della Terra e senza identità e forza  per il  mondo che verrà, navighi a vista, non sapendo, proprio non sapendo più, dove andare. Povero Paese mio! Con te che non esisti più, non solo il tuo mondo paesano, ma il mondo in generale, è tanto diverso da come ero abituato a conoscerlo. Vedo soffrirti in silenzio, nell’indifferenza dei più; il tuo mondo è in solitudine insieme all’Italia, un pollaio dove ci si rimbecca per far crescere senza limiti, il privilegio dei pochi a tutto danno dei più, silenziosi ed incapaci di essere attivi protagonisti di se stessi. Sei sempre meno forte nello spirito della tua italianità e del tuo stare insieme. Paese mio, Italia, non ti riconosco più come parte di un’Europa, la grande vecchia signora, che è fragilmente unita, nei soli suoi interessi di un’economia in agonia, con una grande crisi per ciascun suo membro, incapace di trovare risposte certe per affrontare il futuro di un mondo nuovo, sempre più globalizzato, sempre più attento a fare della Terra un unico stato e della sua gente un’unica società-mondo. Non ti riconosco Paese mio, non ti riconosco cara Italia, non ti riconosco cara Europa e caro Occidente; tutti insieme, ottusamente siete alla vana ricerca  di un protagonismo antico che non esiste più, basato essenzialmente sulla violenza delle armi e sul sogno di imperi di un passato cieco e convinto di dover esportare anche con la forza il sogno-smania di democrazia per il mondo. Il mondo, tutto il mondo, è cambiato; ogni angolo della Terra, senza distinzioni e/o differenza, vuole essere se stesso per vivere in pace ed il più possibile in armonia con gli altri. Mai, come oggi, c’è nell’aria il sogno di una universalità d’insieme. È un sogno possibile e necessario, se ciascuno saprà rimanere se stesso; se ciascuno saprà, prima di tutto, rimanere un buon uomo locale ed essere forte dentro, per l’appartenenza al suo mondo, alle radici nella sua Terra e poi diventare così, insieme agli altri, un buon cittadino del mondo globale. Se non succede tutto questo, allora sarà il caos totale; ci sarà confusione ed incomprensione che allargherà il dissenso e l’incapacità dello “stare insieme”.Crescerà l’apparire; cresceranno le attese di non essere più se stessi insieme agli altri, ma follemente impegnati in una suicida corsa verso il dio successo, il dio avere che, giorno verrà, distruggerà tutto e tutti. Il mondo è in cammino; nessuno fermerà più l’altro, bianco, nero o giallo che sia. Nessuno del mondo dei forti, potrà impedire all’altro di muoversi, di cercare il pane e l’acqua per non morire di fame e di sete e nessuno, proprio nessuno, potrà più rifiutare il diritto alla vita, all’uomo della Terra che, purtroppo, è ancora nomade per colpa degli egoismi umani. Gli apparati non fermeranno l’uomo; nessuno degli apparati del mondo siano essi espressione del potere politico, economico e di forte rappresentanze morali, culturali o religiose, fermerà l’uomo in cammino per non morire. Che c’è di veramente umano e di morale in chi è indifferente alla gente che nasce, viene al mondo per poi morire nell’indifferenza di tanti, di fame? Anch’io mi sento legato al mondo dei giusti; al mondo dei diritti negati e delle violenze dell’uomo sull’uomo. In quanto uomo alla ricerca, prima di tutto, del valore della vita, mi appartiene ed appartiene a questo mondo; giorno dopo giorno lo faccio sempre più mio, impegnandomi a costruire non con l’aiuto dei potenti che un giorno saranno cancellati, in quanto indesiderati dalla loro Terra resa disumana, ma con gli ultimi, con i rifiuti viventi, camminerò insieme, per costruire un mondo nuovo, un mondo migliore con al centro l’uomo, portatore di amore e di pace e non il potere, i privilegi e/o l’inumanità del prevalere violento sugli altri. Nel mondo in cammino, alla ricerca di una nuova visione della vita umana sulla Terra, ci sarò anch’io; sarò al fianco di tanti che si sentono impegnati a costruire ponti di pace ed un mondo nuovo.

 

Un pensiero su “Lettere al mio Paese-Paese mio, ti scrivo per dirti che non ti riconosco più

  1. Bravo, Dr Giuseppe Lembo, il Suo è un “testamente ” fatto da uomo giusto e coerente. Uomo saggio che ha capito fino in fondo dove ci stiamo dirigendo: verso la fine dei nostri sacrosanti ideali.
    Articoli come questi mi commuovono e mi rendono estremamente pensieroso, pensando ai rependini cambiamenti di abitudini che noi tutti abbiamo subito e su cui ci siamo, malgrado la nostra volontà, appoggiati ad essi per l’unico scopo della sopravvivenza.L’Italia, infatti, non è più quella che ho conosciuto durante la mia infazia, e parlo degli anni ‘trenta’ quando la miseria ci logorava gl’intestini. Ma quella Italia ci diede tanta fratellanza, amore di famiglia i cui figli crebbero con educazione e rispetto verso il prossimo. Ora, giustamente come dice Lei, si fa solo la corsa al benessere , anche a spesa della povera gente. Allora, caro e gentile dr Lembo, occorrerebbe che gli italiani si dessero una frenata e dessero uno sguardo verso il loro futuro che, a mio avviso è poco promettente perchè, pare, che si allontani sempre di più dai nostri ideali di buonismo e di fratellanza. Grazie per le sue belle parole, Dr Lembo. E auguri per i Suoi squisiti sentimenti di amor di Patria. Alfredo.

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