Runa
Ci sono luoghi che esistono solo nella mente degli scrittori. Alcuni di questi luoghi possiamo decidere di visitarli, immergendoci nel piacere di leggere un libro. Leggere è da sempre, secondo il mio parere, un atto d’amore grandissimo che ci regaliamo. Leggere rende liberi, attraverso la conoscenza, la fantasia, il confronto, l’immedesimazione. Leggere ci aiuta a vivere meglio, favorendo l’autodeterminazione del proprio pensiero e limitando i danni cui tutti i giorni siamo esposti attraverso le forme di condizionamento più o meno manifeste. Nessuno può dirci cosa dobbiamo pensare e come dobbiamo vivere la nostra esistenza, fatto salvo l’indiscutibile rispetto della legalità e della libertà altrui. Leggere, perché no, anche criticamente è una vera e propria palestra di pensiero. Ogni libro, in questo contesto, si rivela prezioso. In questo scritto proviamo ad applicare queste riflessioni al romanzo thriller intitolato “Scritto nelle ossa”, di Simon Beckett. La trama è molto simile a quella di tanti gialli: un misterioso omicidio, un medico antropologo forense che, suo malgrado, deve affrontare le indagini, un finale assolutamente imprevedibile. Un libro bello, avvincente, interessante. Come tanti? Certo. E, nel contempo, no. Perché in questo romanzo spiccano prepotentemente interessanti spunti sociologici. Runa è una piccola isola, i cui abitanti si conoscono tutti, tutti conoscono, o meglio credono di conoscere, tutto di tutti. Il maniaco che uccide deve necessariamente provenire dall’esterno, mai e poi mai accetterebbero di pensare che il male vive tra loro, con loro, forse alberga addirittura in loro… Runa è nata attraverso la lucida intelligenza di Simon Beckett, ma quante “Runa” ci sono anche da noi? Quanti di noi sono portati ad incolpare i “foresti” di quanto accade di brutto nelle nostre vite? Il marcio è sempre fuori di noi. Che sia vero o meno, resta l’evidenza che in tanti subiscono il subdolo fascino della certezza, panacea contro il vero male della vita: l’indifferenza. Runa è la metafora di tutte le piccole o grandi comunità, ciascuno di noi può diventare una vittima della vita o un carnefice di se stesso o dei propri simili. La scelta è tutta nostra, anche se a nessuno fa comodo che qualcuno lo ricordi.
Runa: anagramma di URNA, piccolo orciuolo di terracotta col coperchio, che nell’antichità serviva per vari usi, di solito per conservare o nascondere qualcosa, di buono come di malvagio. Perciò Runa potrebbe essere l’urna del nostro inconscio, quello che crediamo di conoscere e di dominare ,ma non (sempre) è così, perchè spesso è lui che domina noi.In quest’Urna possiamo aver conservato il bene come il male o entrambi: dobbiamo imparare ad aver coraggio di scoperchiare l’urna e guardare dentro per saper riconoscere e discernere le cose buone di noi da quelle meno buone.Chissà forse impareremmo a non fare più tanto male.
Chiedo scusa Sig.ra Rezzoagli, se forse ho sconfinato troppo nel dare una mia personale, libera interpretazione. Mi propongo comunque di leggere questo libro, che credo sia interessante. Distinti saluti.
Mi piace questo articolo. Parte da un punto e arriva a concludere lasciando aperte molte domande. Ho letto almeno tre volte, poi ho capito. L’autrice ha abilmente attirato il lettore e poi lo ha costretto ad interrogarsi. Il tutto con intelligenza. Cosa rara.
Complimenti alla dottoressa Rezzoagli ma soprattutto complimenti a Dentrosalerno, che ha una redattrice così in gamba. Auguri a tutti.
Milena
Cara Civetta, ha proprio ragione. L’anagramma è molto significativo, mai ci avrei pensato. Sarebbe utile guardare ognuno nella propria urna…
Gentile Milena, grazie per le belle parole. Cari auguri a tutti
Giovanna Rezzoagli