Il crocifisso negli uffici e nei luoghi pubblici: simbolo dell’amore universale!

Francesco Casale

Il caso del crocifisso nelle aule scolastiche viene sollevato come ultima istanza,  avendo perso tutti i gradi di giudizio dinanzi alle autorità italiane, alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, da una cittadina italiana di origine finlandese, attivista di un movimento che si ispira all’ateismo, tale Soile Lautsi. La Corte (seconda sezione) si pronuncia il 3  novembre 2009 accogliendo il ricorso per la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche e imponendo anche al Governo italiano un risarcimento di €.5000,00   per danni morali. Il Governo Italiano propone ricorso dinanzi alla Grande Chambre, una specie di appello, che lo dichiara ricevibile nel marzo 2010 e  lo discute nel giugno successivo. Per fine anno era attesa  la decisione. Gli aspetti più vulnerabili della sentenza appaiono i seguenti: 1) La Corte di Strasburgo contraddice la sua stessa giurisprudenza consolidata  non applicando il principio di sussidiarietà solennemente proclamato in altre circostanze come ad esempio in occasione della sentenza Otto Preminger contro l’Austria. Infatti la Corte ha costantemente affermato che le autorità statali sono meglio situate rispetto al giudice internazionale per valutare le situazioni specifiche ed ha aggiunto che occorre tener conto dell’appartenenza religiosa della popolazione di un territorio e dei sentimenti religiosi popolari (“Spetta in primo luogo alle autorità nazionali, meglio situate rispetto al giudice internazionale, di valutare la necessità di simili misure, alla luce della situazione locale esistente in una determinata epoca”).Su questa base ha legittimato la tassa ecclesiastica obbligatoria presente in alcuni Paesi del nord Europa, ha accettato la proibizione del velo islamico, in quanto coerente con la laicità rigorosa propria di Paesi come la Francia.2) Lo  Statuto del Consiglio d’Europa del 1949 e la Convenzione Europea dei Diritti  dell’Uomo (CEDU 1950), sulla cui base giuridica la Corte di Strasburgo giudica, fa esplicito riferimento alle  tradizioni comuni e i valori spirituali e morali patrimonio comune dei popoli europei  e fonti dei principi di libertà personale e politiche. La sentenza  si allontana da tali fondanti e fondamentali orientamenti trascurando il ruolo essenziale del cristianesimo nella formazione dell’identità religiosa e culturale italiana ed europea. Le radici cristiane pervadono esplicitamente ed implicitamente le costituzioni e le leggi fondamentali della stragrande maggioranza dei Paesi d’Europa. In Italia l’esposizione del crocifisso nelle scuole risale ad un decreto del 1860, quindi agli albori dell’Unità Nazionale,  attuativo della .legge Casati e confermata dai regolamenti del 1924 e 1927 in materia di arredi scolastici. Quanto le radici cristiane morali e culturali siano un elemento essenziale delle popolazioni europee  al di là dei Governi, è ricavabile in maniera emblematica dalla vicenda di Kryzin Kalmas (la collina delle croci) simbolo per decenni del cristianesimo sofferente sotto la brutalità del regime ateo comunista che intendeva sradicarlo dalla coscienza civile dei popoli: 56.000 croci di diversa foggia, colore e materiale campeggiano sulla collina nei pressi di Siauliai in Lituania dove 4 volte spianata coi buldozer e distrutta dalle autorità comuniste sistematicamente le croci venivano ripiantate sulla collina dagli abitanti incuranti dei pericoli e delle minacce.  Lì non tralasciato di recarsi pellegrino di pace e di verità quel grande del nostro tempo che tanta parte ha avuto nel crollo dei regimi comunisti, il Papa  Giovanni Paolo II e nella difesa della c.d. “Chiesa del silenzio” e dei diritti umani.  3) La Corte, a giudizio di autorevoli studiosi come il prof.. Carlo Cardia, commette due errori: un  errore di lettura storica,  poiché tutti i governi succedutisi dall’Unità d’Italia, da quello liberale, al governo autoritario fascista a quello repubblicano e democratico,  hanno sempre fondato la presenza del crocifisso sulla tradizione religiosa e sui sentimenti della popolazione, non sul confessionalismo dello Stato. A riprova di ciò la questione del simbolo non  è mai stato oggetto di Concordato con la Chiesa Cattolica  né nel 1929, nella revisione del 1984. Ed in un errore di lettura teologica, quando asserisce che il crocifisso è simbolo  ed espressione del cattolicesimo lasciando intravedere un surrettizio pregiudizio anticattolico. Infatti il simbolo cristiano per eccellenza è proprio, anche negli spazi pubblici, della più ampia  e bimillenaria tradizione cristiana che non si esprime solo nel cattolicesimo, ma nell’ortodossia, nel protestantesimo e nella esperienza anglicana; ed è presente in maniera caratterizzante l’identità nazionale in diversi simboli come le bandiere, gli inni nazionali  e addirittura  caratterizza la cerimonia formale per l’insediamento del Presidente e l’apertura delle sessioni parlamentari degli U.S.A., le cui origini, come tutti sanno, sono europee. 4) Infine la Corte omette di considerare la situazione della scuola italiana ispirata al pluralismo e ad un corretto concetto di laicità e non di laicismo . In essa infatti sono ammessi insegnamenti religiosi facoltativi per tutte le confessioni religiose  firmatarie di intese con lo Stato e viene posta attenzione massima anche per talune festività delle diverse confessioni presenti. Illuminante a tal riguardo è il Decreto Amato del 23 aprile 2007 (Carta dei valori della cittadinanza e dell’immigrazione), il quale, molto opportunamente, afferma che “movendo dalla propria tradizione religiosa e culturale, l’ Italia rispetta i simboli  e i segni di tutte le religioni. Nessuno può ritenersi offeso dai segni e dai simboli di religioni diverse dalla sua”. Il crocifisso dunque è radice della tradizione culturale e religiosa dell’Italia e dell’Europa ed è proprio muovendo da ciò che si legittima, in un contesto di massima libertà per altri simboli e presenze religiose, la sua insopprimibile presenza identitaria. Del resto se si seguisse la logica della sentenza si arriverebbe all’assurdo di togliere il crocifisso e mantenere  invece i simboli di altre religioni, con la conseguenza che verrebbe ad essere sacrificata e discriminata proprio l’ espressione religiosa  della stragrande maggioranza degli italiani. Un approdo simile sarebbe un oscuramento incomprensibile, un fatto surreale al limite dell’autolesionismo e confermerebbe tragicamente l’intuizione espressa da  Papa Benedetto XVI : “l’Europa  odia sé stessa”! E’ infatti un segno di questi tempi, nel silenzio dell’Europa secolarizzata, l’insinuarsi prepotente di due ideologie anche opposte e lontane tra loro ma dagli esiti disgraziatamente coincidenti: il laicismo ed il fondamentalismo islamico. Il Consiglio di Stato (sent. 13 febbraio 2006 n. 556) si esprime a favore di un simbolo che richiama valori universali (della sofferenza e dell’amore) ed al tempo stesso propri del patrimonio culturale italiano di laicità e non di laicismo. La cultura italiana ed europea è talmente permeata dei valori e simboli cristiani che non ci sarebbe più alcuna identità per la società occidentale se si prescindesse da essi: cimiteri, sanità, arte in tutte le sue forme, toponomastica, festività, calendario, tradizioni usi e consuetudini tutto parte da e si  riferisce a “L’uomo della croce”. C’è poi  anche, cosa non irrilevante,un problema di rispetto per gli italiani e i cristiani  che vivono nel proprio paese da parte di quanti,  di diversa fede o etnia, vi vengono accolti . Siamo difronte ad una nuova forma di iconoclastia nell’epoca di un neo-paganesimo. L’Europa intera  e le confessioni religiose debbono, su questo punto, prendere posizione chiara e ferma. Una nuova Lepanto culturale o l’identità cristiana in Europa subirà la sorte delle comunità cristiane dell’Asia minore, un tempo culla del cristianesimo, oggi ridotte a minoranze marginali ed addirittura, come in questi giorni la cronaca registra, fatte oggetto di attacchi violenti e di persecuzioni. Chiedere che il crocifisso resti al suo posto non significa imporre ad altri le proprie convinzioni ma che siano rispettate da tutti, credenti e non, cristiani e non, autoctoni e non, le  espressioni  di civiltà e di identità popolare che hanno radici molto profonde anche di origine religiosa e che trovano legittimità oltre che sulla base di elementari e primarie esigenze di diritto naturale anche nella Carta Costituzionale e cioè su norme positive. Riflessione di ordine teologico-culturale– Nella liturgia dell’Epifania che chiude le festività natalizie, divenute purtroppo nel continente europeo anche espressione di consumismo, è contenuto l’ “Annuncio del giorno della Pasqua” e del “triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto” che è  il centro di tutto l’anno liturgico e il cuore del kerigma cristiano. La riflessione teologica dell’evangelista Giovanni, nel prologo, mette in evidenza già al manifestarsi, nella storia umana, del mistero della incarnazione del Verbo l’opposizione del mondo: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta…Venne tra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto” (Gv, 1, 4-5,11). E Matteo narrerà la strage degli innocenti di Betlemme che sarà il primo tributo di sangue che troverà l’apice nel sacrificio del Golgota e a cui seguirà fino ai giorni nostri la lunga schiera dei martiri per la fede e per la giustizia. Quel “cadavere in miniatura che turba l’animo sensibile dei bambini  che andrebbe tolto dalle aule scolastiche secondo la richiesta di Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani d’Italia al Tribunale de L’Aquila, rappresenta il segno più alto della partecipazione di Dio alla vicenda umana (icasticamente l’ostensione della Sindone a Torino, lo scorso anno, recava: Passio Christi, passio hominis) . Nei secoli, non solo per i cristiani  è il segno dell’infinita misericordia di Dio ( “Per le sue piaghe noi tutti siamo stati guariti” ,Is 52,13-53); ma per tutti gli uomini senza pregiudizi, ovvero c.d. di buona volontà (Gandhi aveva sulla parete di fango della sua capanna appesa una stampa in bianco e nero col volto di Cristo e la scritta: “Egli è la nostra pace”!), è l’emblema di una nuova civiltà nella quale pur con imperfezioni e travagli e lotte matura gradualmente un nuovo profilo di umanità . E’ dentro questa civiltà della croce che faticosamente ma chiaramente si fa strada la sensibilità dei diritti umani universali perché su quella croce è stata redenta l’umanità tutta, ciascuno e l’universo intero. Tuttavia il mysterium iniquitatis e la libertà dell’uomo rende ancora attuale l’esortazione dell’indimenticato e compianto Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cos’è dentro l’uomo, solo lui lo sa”!Allora a quelli che sulla base di una ubriacante quanto fallace ideologia materialista ed atea si proponevano di sradicare la croce dal cuore dalle menti e dalle istituzioni delle società  come oggi a quelli che sulla base di un’altrettanta aberrante ideologia religiosa uccidendo i cristiani credono di onorare Dio, il crocifisso sta a ricordare che su di lui ricade tutto l’odio del mondo e quel sacrificio volontario  dell’effusione del sangue innocente è la risposta ad ogni umana desolazione anticipato nel segno prodigioso dell’Eucaristia, corpo che è dato e sangue che è sparso per molti. Su quel legno della croce, “vi è l’onnipotenza di uno sguardo che abbraccia l’umanità ed ogni singolo uomo” (J. Galot, Il cuore di Cristo, Mi 1992). O Croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso un altro non v’è nella selva di rami e di fronde a te uguale, per noi dolce legno che porti appeso il Signore del mondo.