Voglia di piazza: insieme per non sentirsi soli
Giuseppe Lembo
In Italia ed in tante parti del mondo, nel fine anno, è esplosa una grande voglia di piazza. A salutare il 2011, battezzato da tanti come anno del miracolo e del nuovo, era un popolo sempre più crescente di “voglia di piazza”. La gente è sempre più sola; ha difficoltà di dialogare, di vivere insieme agli altri, facendo pezzi di strada insieme. Per esorcizzare la propria solitudine sono in tanti a cercare i luoghi e gli eventi che aggregano masse di persone in cerca di compagnia per non sentirsi sole. È un fenomeno crescente in Italia e nel mondo. Come tale è una prima importante risposta alternativa allo stare soli ed al dialogo virtuale con il mondo; lo stare insieme in modo reale, avvertire il calore umano dell’altro non è per niente la stessa cosa rispetto all’incontro virtuale con sconosciuti. Il virtuale non produce calore; non produce umanità d’insieme, ma solo false suggestioni, tra l’altro, suffragate spesso da parole ripetitive che non servono a colmare il vuoto umano e la solitudine né di chi le scrive e/o le pronuncia, né di chi le ascolta. Oggi manca il calore umano della vicinanza; manca quello stare insieme solidale che si può avere solo stando insieme e dialogando da vicino al fine di unire. La condizione umana di questo inizio di terzo Millennio porta sempre più a dividere ed a tenere lontano, tutto quello che invece, naturalmente deve rimanere vicino. C’è, purtroppo, troppa confusione tra le diversità dei due mondi contrapposti (il reale e l’irreale); spesso, nel confonderli, si sovrappongono e creano situazioni di diffusa inumanità e di profonda disperazione e di solitudine che uccide dentro e non solo dentro. L’esplosione dello stare insieme in tante piazze italiane e del mondo, è stato ancora una volta un rito che si è ripetuto più come fenomeno di massa che come volontà vera di un nuovo cammino d’insieme umano, capace di allontanare la solitudine e di costruire una nuova condizione di vita, soprattutto nel mondo giovanile, sempre più incapace di rapportarsi positivamente all’altro. La voglia di piazza è un fenomeno di massa per molti aspetti animato e voluto da una nuova moda di stare insieme e da spinte consumistiche che, per il proprio tornaconto, strumentalizzano ed utilizzano tutto di questo nostro tempo, trasformando ogni aspetto del vivere umano, in un’occasione di business. Ma così facendo, quale sarà il vero destino del mondo? Crescerà la voglia di piazza; ci saranno sempre più piazze piene ma, purtroppo, mancherà quella forza d’insieme umano che evita all’uomo il danno dello stare solo; la sofferenza della solitudine che uccide, pur stando insieme agli altri, è un fenomeno crescente ed è fortemente legato alla voglia di piazza. Le piazze del Terzo Millennio hanno un senso d’insieme se sono vissute nello spirito delle antiche agorà, dove c’era un’attiva partecipazione delle masse per le decisioni importanti che riguardavano la vita della polis, dei luoghi e dei rispettivi territori. Questo è il principio su cui costruire un ruolo nuovo alle nostre piazze ed a tutte le piazze del mondo; devono essere animate dal calore della gente e dall’intelligenza umana che deve saper produrre idee e scelte condivise. Presenze oceaniche fini a se stesse o peggio ancora ispirate da volontà violente e distruttive non giovano né servono a nessuno. Occorre nelle nostre piazze ed in tutte le piazze del mondo un protagonismo attivo utile al confronto, al dialogo, allo stare insieme solidale. Ma per raggiungere questo obiettivo non basta semplicemente volerlo; occorre costruirlo come percorso d’insieme partendo dalla formazione umana di ogni singolo uomo prima nell’ambito socializzante della famiglia, poi nella scuola che deve saper gettare le basi per un’educazione-conoscenza che sviluppi i saperi, il comunicare nelle singole coscienze giovanili, per poi diventare lievito umano e sociale d’insieme nella società che deve saper ascoltare e prendere decisioni sagge nell’interesse di tutti, facendo capire a tutti che le azioni umane richiedono rispetto reciproco e soprattutto un profondo senso dei diritti a cui, da parte di ciascuno, corrispondono altrettanti doveri. Questo è il messaggio che mi sento e tutti insieme ci dobbiamo sentire di rivolgere alla nuova voglia di piazza, una voglia di partecipazione attiva e di vero protagonismo che non degeneri in false attese ed in tradimento simbolico dei luoghi che rappresentano nella storia e nell’immaginario collettivo. Le piazze sono luoghi simboli del sapere, della conoscenza e delle libere e condivise decisioni d’insieme. Non possiamo permettere di abdicare le funzioni ad un nuovo e degenerato protagonismo che, mettendo da parte il sapere e le conoscenze, pretende di sostituirlo con il linguaggio accattivante dell’insaziabilità dello stomaco e/o con l’alienazione frutto dei fumi dell’alcool e/o di paradisi artificiali legati al disumano mondo delle droghe. Questo non è il vero ruolo delle piazze; non deve essere questa la vera voglia di piazza, una grande palestra di vita, dando fiducia al futuro e prospettive di futuro soprattutto al mondo dei giovani che oggi, immusoniti e silenziosi, si sentono disperatamente soli. La nostra idea di società ideale per l’Italia e per il mondo, deve essere il frutto del nostro comune pensiero per un mondo in cui i confini tra realtà e fantasia possono essere facilmente attraversati e funzionali a quel mondo nuovo che serve all’uomo della Terra, ovunque viva ed ovunque percepisca se stesso come possibile costruttore di futuro, aprendosi al cambiamento che non è certamente né involuzione, né solitudine umana.