Napolitano: “Per dare speranza di futuro occorre dare meno illusioni”

Giuseppe Lembo

Nel messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha usato parole utili a richiamare l’attenzione del Paese e soprattutto di chi lo governa, per evitarne il crescere dei problemi senza possibilità alcuna di soluzioni possibili. Il futuro dipende da tutti noi; il lievito del nostro futuro e quindi delle generazioni che verranno è in noi; noi siamo, tutti insieme, i protagonisti del nostro presente; possiamo pensare di poter costruire insieme le possibili certezze del futuro. Ma se manca in noi, nel nostro fare, sia l’eticità che il pensare e quindi il fare virtuoso, c’è poco da attendersi i miracoli. Ma tornando al discorso di Giorgio Napolitano, possiamo trarre dalle sue parole importanti riflessioni per affrontare insieme i tanti problemi del presente e soprattutto del futuro del nostro Paese ed oltre. Per dare all’uomo speranza di futuro, occorre un comune senso di responsabilità umana, sociale, economica e soprattutto politica. Meno illusioni; è una necessità del nostro tempo parlare il linguaggio della certezza. Il linguaggio del tutto va bene, mentre costruisce solo false attese, poco contribuisce alla soluzione dei problemi urgenti che invece vanno affrontati e risolti subito. Illusioni e speranze producono inevitabilmente delusioni, rabbia e disperazione; producono un clima di scontro sociale e generazionale che non giova a nessuno; non ci giova, proprio non ci gioverà come Paese Italia che oggi, al suo interno, è messo abbastanza male e per uscire dal malessere di cui soffre, deve appellarsi al comune senso di responsabilità, al comune impegno per un protagonismo serio che, prima di tutto, deve saper pensare al bene comune, mettendo da parte l’egoismo del solo fare per sé. Le parole di Napolitano, “non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo”, devono far riflettere a tutti e determinare quei comportamenti virtuosi di cui ha tanto bisogno il nostro Paese. Sono un danno per il Paese, sia l’illusionismo berlusconiano che quello delle sinistre che cavalcano la contestazione del tanto peggio tanto meglio. Non giova al nostro Paese il cinismo delle corporazioni che, poco solidali, fanno incancrenire i problemi, arrivando poi inevitabilmente ad un punto di rottura senza ritorno. Il nostro Paese non è, purtroppo, un’isola felice, fuori dagli altri contesti umani e sociali dei popoli della Terra. Soprattutto i popoli dell’Occidente e quindi quelli, tra cui l’Italia, interni all’U.E., devono concretamente saper fare i conti con il nuovo contesto economico-globale. Ormai per nessuno, niente è come prima; è assolutamente irrealistico, il sogno di un progresso lineare verso un sempre crescente benessere, generazione dopo generazione. Se ancora si pensa questo, si sogna ad occhi aperti, con un risveglio che sarà poi tragico e carico di rischi per il vivere civile e per lo stare insieme che potrebbe scatenare forme di egoismo violento contro l’altro, visto come un nemico da abbattere. Caro Presidente Napolitano in questi scenari globali, c’è poco da pensare alle reali possibilità di avanzamento soprattutto interno al nostro Paese. La saggezza antica, il pensiero dell’essere parmenideo, mi porta a considerare utile prima, di tutto, rivedere all’interno del nostro Paese, l’attuale modello di vita fatto soprattutto di apparire, per possedere e consumare beni e ricchezza, per usare senza fine risorse come se fossero inesauribili e per consumare cibo tanto da dilatare il proprio stomaco, senza preoccuparsi dei tanti uomini in tutto simili a noi che oggi, proprio oggi e non solo in tempi lontani, muoiono per fame nell’indifferenza di chi il cibo ce l’ha e con il cibo, ha anche tantissime altre cose (veri e propri privilegi) che vengono usate ed abusate nell’indifferenza per chi nel mondo soffre. Caro Presidente sono con Lei nel pensare ad una ricetta tutta italiana. Finalizzata ad una diversa redistribuzione  della ricchezza che pure esiste ed in gran misura. Rivedere la distribuzione è utile anzi necessario per dare certezza alla questione giovanile del nostro paese, una questione assolutamente prioritaria che va presa in mano seriamente e pensando positivo, pensare ad un nuovo progetto paese che deve sapersi organizzare diversamente, educando meglio, organizzando meglio, ideando meglio le cose del futuro, per il quale prioritariamente occorre, prima di tutto, l’amore per il sapere ed il protagonismo della cittadinanza attiva e dell’impegno per la democrazia reale, alla quale dobbiamo saper contribuire tutti con un rapporto di reciproco rispetto umano e sociale e di una forte etica comportamentale, basata senza equivoci sull’insieme dei diritti e dei doveri, alla base di ogni buon cittadino del nostro Paese. L’ansia di futuro, caro Presidente Napolitano, oggi che bisogna pensare globale per costruire la Terra-Stato e la società-mondo, non è solo “un’ansia italiana”; è un’ansia del mondo che deve insieme impegnarsi per fare un mondo nuovo, con ponti di pace, per un cammino solidale di tutti gli uomini della Terra, che annoverano, tra l’altro, anche i tanti bambini del mondo sacrificati sull’altare dell’olocausto della fame; purtroppo sono dei dimenticati da tutti; nessuno si sogna di pensare a farli diventare giovani capaci di sognare anche per sé, il futuro. Le sfide da superare sono veramente tante; non riguardano noi e solo noi. Non possiamo chiuderci a riccio, fingendo che siamo l’ombelico del mondo e che risolvendo bene (ma non sarà così) i nostri problemi, abbiamo risolto e possiamo anche fregarcene dei problemi del mondo. Pensiamo a noi, ma tutti insieme, come italiani, come europei, come mondo del benessere, pensiamo anche alle tante aree di povertà umana, una piaga che ancora ammorba la Terra. Pensiamo, prima di tutto, a come creare le condizioni per sfamare gli affamati che muoiono di fame; a come dare un sostegno per liberare l’uomo che nel mondo ancora vive la condizione di analfabeta; a come dare aiuto per combattere le malattie ed a come migliorarne le condizioni, ambientali fatte di degrado e solitudine. Pensiamo insieme per restituire a tutti gli uomini della Terra, la libertà umana (prima di tutto quella dal bisogno) un grande sogno dell’uomo che non può essere tradito più oltre, facendo finta di niente. Caro Presidente, il suo discorso di fine anno, suffragato da un impegno che viene da lontano, deve essere la grande occasione per chiudere nel nostro Paese con il teatrino della politica e con i palcoscenici mediatici dove è politicamente più bravo, solo chi grida di più. Questo apparire ingannevole non ci serve; non serve al nostro Paese ed ancor meno al futuro dei nostri giovani. Nel mondo sempre più segnato dalla globalizzazione e dal travolgente sviluppo delle economie emergenti e del nuovo che ovunque avanza ed in fretta, c’è bisogno di dialogo, di confronto, di saperi e di umanità solidale per un fare d’insieme capace di produrre il nuovo, così come nelle attese della Terra-Stato e della società-mondo. Non possiamo pensare al futuro nella convinzione che dovranno venire solo e sempre “tempi migliori” per i privilegiati della Terra. Purtroppo, proprio non è così; non deve essere così; non può essere così. Il futuro sarà quello che saprà costruire l’uomo della Terra. Forse ci saranno meno paradisi terrestri e privilegi dei pochi a danno dei più; ben venga questa nuova condizione. Il futuro appartiene a tutti gli uomini della Terra, per cui il mondo si potrà inventare e quindi cambiare, camminando insieme e pensando a tutti e soprattutto agli esclusi di sempre che non rivendicano privilegi, ma almeno il sacrosanto diritto alla vita.