L’ultima occasione
Di guai giudiziari Berlusconi ne ha avuti tanti da quando è sceso nell’agone della politica. Tra assoluzioni piene e prescrizioni, il premier ne è sempre uscito bene.Talvolta addirittura rafforzando la sua immagine di statista pressato ed ostacolato da una magistratura che non esita a mostrare il suo lato più invadente e politicizzato. Il refrain sulle toghe rosse è da sempre un cavallo di battaglia; il premier lo brandisce per arginare la deriva giustizialista dei suoi avversari e per ricompattare l’elettorato di centro destra quando appare turbato e sospettoso di fronte ai processi nei quali è imputato il leader. Stavolta, però, il presidente del consiglio rischia di più. Le inchieste penali legate al Ruby-gate potrebbero forse arenarsi nell’archiviazione, ma l’immagine dell'”utilizzatore finale”, unitamente all’ingombro di una vicenda che sta assumendo contorni grotteschi oltre che ridicoli ( “…..sono fidanzato…..volevo evitare un caso diplomatico con Mubarak….”) ne esce malconcia. Berlusconi fa bene a schivare gli attacchi della procura milanese, sul piano della competenza, e le strumentalizzazioni dei partiti di opposizione – annichiliti dalla pochezza della propria offerta politica e ringalluzziti dalle sciagure mediatico-processuali del premier – rilanciando l’agenda di governo e riproponendo alcuni capisaldi del suo manifesto programmatico. Deve farlo, però, nella consapevolezza che il tempo che gli rimane è poco e che non gli saranno concessi altri rinvii. L’ipotesi della riformulazione dell’art. 41 della costituzione, mai considerata nelle precedenti esperienze al governo, è senza dubbio suggestiva ed esemplificativa di un nuovo modus operandi, ma non può rappresentare la condicio sine qua non per l’attuazione della rivoluzione liberale che il centro destra ha annunciato fin dal 1994. Anche perchè per mettere mano alla Carta ci vorranno molti mesi. Allo stesso modo, il cosiddetto “piano casa”, che dovrebbe servire ad agevolare le giovani coppie nell’acquisto dell’abitazione familiare, rischia di trasformarsi in un oggetto misterioso se non sarà spiegato e soprattutto realizzato in tempi brevi. Ma ciò che desta maggiore perplessità in ordine alla consistenza della nuova agenda di governo è l’annunciata riproposizione del ddl sul processo breve, finito provvidamente in un cassetto di Montecitorio, per poi essere riesumato a seguito della bocciatura della legge sul legittimo impedimento ad opera della consulta. Quel disegno di legge, nella migliore della sue definizioni, è un’autentica porcheria. Lo è per ragioni tecniche ( i tempi dei processi si riducono con meccanismi interni al processo stesso, senza traumi ed interruzioni difficili da spiegare specialmente alle parti lese) e per ragioni di opportunità ( tra i fascicoli che finirebbero al macero per la scadenza dei tempi ci sarebbe quello del caso Mills). Se Berlusconi intende davvero riformare la giustizia e respingere l’invadenza della magistratura politicizzata, lasci perdere allora i casi singoli della sua sfera personale, intercettazioni comprese, e dia il via ad una revisione organica dell’intero comparto. Cominci abolendo decine di tribunali inutili ed accorpando funzioni e competenze. Separi le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti, depenalizzi molti reati che non hanno altra funzione che quella di ingolfare le aule giudiziarie e di affollare le carceri, e reintroduca l’art. 68 della costituzione : vedrà che anche Ilda Boccassini gliene sarà grata.